Nel maggio del 2009 ho intervistato per il mensile I Love Sicilia il disegnatore Giuseppe Coco, siciliano di Biancavilla, scomparso pochi giorni fa. Ripropongo il servizio come omaggio all’estro e alla creatività di un artista straordinario.
I ladri che anni fa “ripulirono” i saloni del Circolo Castriota di Biancavilla non sapevano niente dei nasi lunghi alla Coco, del suo variegato mondo di personaggi dietro la cui inquietudine, se ci si riesce, si può scorgere un sorriso. Dal bottino di dipinti i ‘visitatori’ scartarono un disegno di Coco. “E’ una cosa che fa ridere, avranno pensato, quindi non vale niente”. Il ricordo del furto ‘selettivo’ diverte ancora Giuseppe Coco, 73 anni, uno dei maggiori disegnatori italiani, pluripremiato in tutta Europa, creatore di personaggi come Arturo, Esculapia, e collaboratore di quotidiani e riviste italiani e internazionali: Corriere della Sera, Famiglia Cristiana, Grazia, Epoca, L’Europeo, L’Espresso, La Repubblica, El Pais, Paris Match, Playman, Stern, The Saturday Evening Post. Nel suo genere si definisce un dinosauro, uno che viene prima di tutti gli altri disegnatori. Da 8 anni, dopo averne trascorsi 40 a Milano, è tornato al suo borgo natio, Biancavilla. Dice che lo ha fatto perché gli piacciono i funerali – “Da queste parti portano ancora il morto a spalla” – e le bare – “Ne fanno di bellissime” -. E’ andato ad abitare nell’antica casa di famiglia nel quartiere della Mercede. Il suo studio dà su un giardino interno bellissimo. Un’oasi di serenità che ricrea l’ambiente di lavoro milanese. Della Madunina, però, non ha alcun rimpianto. “Milano era ben servita, questo sì. Per telefono potevi ordinare un’orgia o un massacro. Bastava avere il portafoglio a mantice”. Coco ( “Giuseppe, Pippo non mi piace, è un nome ormai da avanspettacolo che va bene solo per il Pippo Nazionale” ) vive da solo, chè ormai di donne sembra averne abbastanza. “L’ultima convivenza – e non sai se dice sul serio o ironizza – si è conclusa con me che mettevo le mani al collo di lei”. Dopo che Veronica Lario ha fatto esplodere il caso del ‘ciarpame senza pudore’, si sono contate poche vignette satiriche sulla vicenda. Scarsa creatività o riguardo nei confronti dell’imperatore ? Non è un tema molto interessante. Si sconfina nel privato. Anziché la moglie, poi, sarebbe stato più interessante se fosse stata l’amante. Negli anni ’60 e ‘70 Fanfani era talmente preso di mira che ad un certo punto, pur continuando gli attacchi contro di lui, la satira politica è crollata. Dal suo punto di vista privilegiato – il ‘buen retiro’ di Biancavilla – come ritiene sia in generale lo stato di salute della satira in Italia ? Abbastanza buono. I vari Forattini e Altan continuano ad essere i migliori. Lavorano da 30 anni, però, e rischiano di ripetere delle cose. In alcuni casi siamo al posto fisso, se non muori non vieni sostituito. In Italia non esiste più un giornale di satira. L’ultimo duraturo esperimento risale a Cuore di Michele Serra. L’inserto satirico dell’Unità curato da Sergio Staino ha chiuso i battenti dopo pochi mesi. La crisi della satira c’entra con la crisi della sinistra ? Uno dei miei agenti, una vecchia ‘sola’ direbbero a Roma, mi insegnò l’arte dello svilimento: Se una cosa è attaccata da tutti smette di essere interessante. Per questo la satira perde mordente. Colpa della sinistra ? Non lo so, il mondo è cambiato. Nei settimanali tutta la pubblicità è fatta di foto. Una volta non era così. Lo spettacolo televisivo e internet hanno fatto il resto. Quando a certe persone dico che sono degno di un museo voglio dire che quello che faccio io ormai non lo fa più nessuno e quindi tra 10/20 anni non esisterà più. Altan, l’ultima volta che siamo stati a cena, mi ha confidato: ‘Senti, tu mi puoi minacciare con la fiamma ossidrica, ma i tuoi colori non li uso e non li userò’. ( Coco usa colori a tempera prodotti da una fabbrica olandese. Gli hanno anche proposto di acquisire una piccola quota della fabbrica ma ha rifiutato con la certezza che tra 10 anni al massimo la vendita di questi colori crollerà. ndr ). Milo Manara, nella lettera di auguri per i suoi 70 anni, dice che lei riesce egregiamente nello spericolato gioco di equilibrismo tra erotismo e umorismo. Concorda ? L’unico che fa erotismo è lui, questa è la verità. Se uno vede i disegni di Manara può anche eccitarsi. I miei non sono disegni erotici. Me lo ha confermato anche il mio fabbro che dopo aver visto alcuni lavori mi ha consigliato di ‘disegnare normale’. Perché dopo 40 anni vissuti meravigliosamente a Milano ha deciso di tornare al suo paesello ? Cosa le mancava che ora, dopo il ritorno, ha ritrovato ? Qui in Sicilia è la glorificazione del ficodindia. A Milano è cambiato tutto, c’è una caduta libera del volume di affari. Tutte le agenzie con le quali lavoravo – Disegnatori riuniti, Quipos – hanno chiuso. E poi ho 73 anni, se permette devo crepare. In realtà posso anche considerare che la mia carriera artistica si è chiusa a Milano. Continuo a lavorare perché la mano va avanti da sé. Per tutta la vita ho fatto quello. Una definizione superlativa del suo lavoro l’ha data lo scrittore Giovanni Arpino: “Tutti gli umoristi si affannano a cercare una buona battuta per le proprie vignette, ma è Coco a fare centro più degli altri perché la esclude del tutto”. Per tanti anni, con i suoi disegni ha indicato la luna a quanti, fino a quel momento, si erano accorti solo del dito ? E’ vero, la battuta facilita tutto. Nei miei disegni, invece, c’è una visione tragica. Non è segno di chiarezza ma di caos, visione apocalittica della comunità. Non c’è molta fiducia nella società, semmai una condanna. Esprimo più una visione del mondo. Fin da piccolo ho avuto come musa un demone che non mi ha mai abbandonato: il demone dell’inquietudine. Ho cercato di addomesticarlo con i miei colori. E non ci sono riuscito. Dei nuovi talenti chi gode della sua stima ? Nuovi talenti non ce ne sono. Mi piacciono Altan e Staino e considero Tullio Pericoli il più grande disegnatore. Di me e di lui a Milano dicevano che ‘avevamo la manina’. Quello della satira è un canale perverso che sconfina nell’arte. E’ nei musei che viene nobilitato il nostro lavoro. Alcuni vignettisti li trovi solo nei cessi pubblici. Della Sicilia, vissuta dal di dentro, cosa pensa ? Le rispondo con un termine marinaro: Avanti adagio, quasi indietro. Questa è la Sicilia. Nei suoi disegni non c’è traccia della Sicilia e della sicilianità. E’ una scelta di campo ? In tutta la mia attività la Sicilia non c’è mai stata. Ma perché, Altan che è friulano parla del Friuli ? Il mio è un altrove geografico. E’ il mondo di Coco. Per regalarle un attimo di felicità i ladri dovrebbero tornare al Circolo Castriota e rubare il suo quadro ? Dopo quel furto, la battuta più simpatica – seguita alla mia secondo la quale i ladri non capiscono niente – l’ha pronunciata un amico: Forse – ha detto – ne capiscono troppo.
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