Arte e tradizione per Santa Rosalia a Palermo


In poche ore il Festino di Santa Rosalia Vergine sarà pienamente concluso. È già calato il sipario sull’evento-dedica, alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, sulla gente che vive la città in maniera profonda e nuova. Importanti contributi artistici sono stati messi in campo: Alessandro Bazan, “Fiumara d’arte”, ATELAB e i gli studenti e i docenti tutti dell’Accademia di Belle Arti. Ha appena chiuso i battenti anche la mostra Nuovi Santi, inaugurata il 13 luglio, a cura di Sandro Scalia: la direzione artistica del Festino ha individuato rappresentanti della società civile che a Palermo compiono piccoli “miracoli” quotidiani,  sia operando nel campo della solidarietà e del volontariato, sia superando i disagi della propria vita privata creati da disabilità fisiche e motorie. Un gruppo di sette fotografi ha realizzato una serie di ritratti fotografici per farne nuovi e curiosi santini.

 

Poi c’è stata la vera festa tra tanti festeggiamenti. E “Viva Palermo e Santa Rosalia”:

 C’è sempre un attimo, una sospensione, prima che un fatto si compia. Il respiro prima del grido. ‘Nchia. La gente inghiottita da una risacca d’attesa, scomparsa per un momento, estraneo al rituale caos cittadino, lontana dalle viuzze strette che labirintiche risalgono dalla Marina alla Cattedrale. Poi all’improvviso ecco l’inevitabile rigurgito di folla, di facce e cibo, di odori, vuci, stricatine subdole, sguardi di diffidenza e occhiate complici, di fimmini impupate e madri guardinghe. E finalmente la Santuzza, realizzata quest’anno da Salvatore Rizzuti, con la collaborazione dei suoi allievi del corso di Scultura, inizia la discesa sul carro trionfale lungo “U Cassaru”, verso il Foro Italico e gli strepiti della “masculata” finale. Per spiegare la felicità, Winnicott c’invita a dare una palla ai bambini, a farli giocare. Osservarli è osservare la felicità. Assoluta. Finché non vediamo ‘sti picciotti scordarsi la palla, lasciare che sia sbatacchiata dai i piedi delle persone festanti e adoranti: quando li vediamo andare incontro al carro, che è una nave o una barca non saprei, l’unica che può volare, preziosa come ciò che dona tranquillità, quando protendono le braccia verso la Santa come per implorare un miracolo, scopriamo che la felicità sa avere molti apici per cui s’ha naturale vocazione, sono le felicità massime. Quella ”nave” che passa  è un sorriso che solca via Vittorio Emanuele II, è la guancia fresca che sfiora ogni volto, perché la Santuzza aiuta Palermo, non è una leggenda, ma la sacrosanta verità. E grazie a lei, per intenderci, che mamma e papà possono comperare al loro bambino le tanto sospirate ”scarpe di pallone”. Lei tutto può. Lei sola. Poi però ci s’accorge che le persone se ne vanno “accussì”, come la figlia di appena due anni del giocatore rosanero Budan, scomparsa il giorno prima del Festino, per una meningite fulminante, come il bassista messinese Pippo Mafali, scomparso il medesimo giorno per un male incurabile. Da rimanere impietriti.  Sentirsi nuovamente indifesi, quasi traditi. Cose tipo un vento di maestrale che soffia improvviso e tagliente. Cose da dire alla Santa  in persona “Grazie e vatìnne”. Cose da dispiacere.

Improvvisamente pallida, la statua raffigurante Santa Rosalia Vergine, ci osserva dalla cima della terra, dalla cima del suo carro-nave-barca-montagna, con una lunga tunica e i sandali ai piedi. Qualche riflesso di vetroresina gioca ad acchiapparella coi nostri occhi, quasi irridente dei nostri pensieri: che ogni morto non sia un morto, ma la morte.

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