«Non lo conoscevate, vero, quest’uso di succhiare un fiore di gelsomino e poi baciare? Non è altro che un gioco vano l’amore senza un giardino dove spartirsi, labbra su labbra, la rugiada». Così il giornalista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco, magistrale vate della sua Sicilia, ha aperto il sipario del teatro Vittoria incantando Roma con “Il dolore pazzo dell’amore”, spettacolo ispirato al suo omonimo libro e presto ospite dei teatri isolani.
Quale incipit più dolce se non l’ispirarsi a Ibn Hamdis, poeta siciliano di lingua araba, per descrivere il più alto dei sentimenti, l’amore, come corda tesa fra la vita e la morte, la passione e la nostalgia, l’ironia e il dolore.
Ed è un afflato interiore, la messinscena, un’armonia che travalica il testo e prende vita, un sentire modulato dal pathos, un esperimento di pura poesia, rapinoso e segreto come il bacio e che, come il bacio, dà fragranza al respiro di chi assiste, in un nostalgico ravvivarsi di cunti e di canti. Ed è un’emozione di cuore e sentimento, passione di nenie e magia dirompente. Ed è un ritratto della Sicilia di ieri e di oggi, coi carrettieri, le romanze e i musicanti che «sanno gocciare nella malinconia la dolcezza della vita». Ed è un «gioco, un regalo fatto tutto di gioia ed emozioni, un viaggio con Mario Incudine maestro menestrello e Antonio Vasta, un viaggio in cui sarei voluto essere cuntista – ha commentato Buttafuoco- però mi manca il fiato, mi manca la voce – ha aggiunto commosso- e allora mi limito soltanto a portare le didascalie».
Un’idea nata quasi per risolvere una «formula alchemica», un mix di parole, note e poesia, un modo per ricordare quel sentimento che è «pazzo e addolorato, ma che nel crescere può diventare una sorgente eterna e universale nella lingua unica che è quella dell’amore, quella del cuore, quella del dolore ed è l’assenza che dà la pienezza di sinfonia».
Così, tra passato e presente, in un alone di leggende che si fa storia, volti e voci della quotidianità popolare divengono mappatura di sentimenti umani. Ed è la poesia che esce dal libro e si fa teatro in un viaggio, dall’amore alla morte, cuntatu come solo Buttafuoco sa fare riportando in scena la magia della sua scrittura, l’armonia di quel dolce sentimento che lo lega alla sua terra e la malinconica nostalgia di tradizioni tutte siciliane. E ancora così, in una dolce ipnosi di parole e note, i cunti di Buttafuoco e le ballate di Incudine divengono volano per un sogno tutto pazzo e passionale, tutto amoroso e tutto veritiero, va da sé, perché «all’amore, si sa, bisogna credere sempre».
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Con Pietrangelo Buttafuoco e Mario Incudine e con Antonio Vasta
Musiche originali di Mario Incudine e Antonio Vasta
Scene e costumi Luca Manuli
Regia Mario Incudine
Produzione Terra di Mario Incudine e Compagnia dell’Arpa
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