Nipote di un costruttore di carretti siciliani e figlio di un intagliatore, Franco Politano respira nelle botteghe di famiglia il desiderio e la libertà del fare, che rimangono il segno forte di tutta la sua ricerca artistica successiva. Il fertile humus artigiano dell’ambiente familiare feconda l’innata predisposizione del giovane Francesco all’espressione artistica, che trova una prima Franco Politano è infatti uomo che si rivolge ad altri uomini per mezzo “di un’opera carica di “cordialità” mediterranea che vuol parlare al cuore e non solo all’intelligenza” “Arte antropologica” è, difatti, la definizione che l’artista stesso ama dare del suo operato. sistematizzazione presso l’Istituto d’Arte di Catania. L’insegnamento di orientamento neoclassico dello scultore Domenico Tudisco indirizza Politano verso un’impostazione figurativa, che negli anni settanta viene però corretta in direzione di interessi più concettuali. Sono gli anni vivaci della frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Roma sotto la guida di Pericle Fazzini e Umberto Mastroianni, e in seguito dell’Accademia braidense a Milano, dove Politano matura con Alik Cavaliere un linguaggio via via più rigoroso e autonomo. Frattanto, nel 1973, l’incontro con Enrico Crispolti gli consente di entrare nel circuito delle esposizioni d’arte con la partecipazione all’importante Internazionale d’Arte di Volterra. Il connubio con il critico romano continua negli anni successivi, e nel 1986 Crispolti firma il corposo saggio di presentazione della mostra “Percorso di Vita”, che raccoglie intorno a Franco Politano numerosi consensi.
Negli anni novanta, Franco Politano intensifica la sua partecipazione alla vita culturale di Catania e del suo territorio, con l’apertura, nel 1990, della Galleria “La Porta Rossa”, sostenuto da Francesco Gallo, e nel 1995 con l’istituzione del Museo di Trecastagni, che attraverso una serie di mostre temporanee si rivela presto luogo di convergenza e confronto per le tendenze culturali dell’isola. Le frequenti esposizioni sul resto del territorio nazionale indicano che sono ormai ben definiti e solidi i fattori identificativi dell’arte dell’artista catanese, il quale dimostra autonomia di pensiero e d’azione rispetto alle quadrature storico-critiche che vengono di volta in volta chiamate in causa per la sua opera: arte povera, arte concettuale e arte ecologica sono categorie che il percorso di Politano interseca continuamente, senza tuttavia mai abdicare all’irriducibile nucleo d’interesse intorno a cui ruota il suo agire artistico: l’uomo.
Franco Politano è infatti uomo che si rivolge ad altri uomini per mezzo “di un’opera carica di “cordialità” mediterranea che vuol parlare al cuore e non solo all’intelligenza” “Arte antropologica” è, difatti, la definizione che l’artista stesso ama dare del suo operato. Nella triade elaborata negli anni ottanta rimaneva infatti celato o, meglio, sottinteso, il soggetto agente: il solo motore in grado di dare avvio al meccanismo di interazione tra i fattori in causa è l’uomo, in una doppia accezione che può essere meglio definita nel rapporto tra mittente e destinatario. Infatti, l’uomo-artista crea un “oggetto materico”, trasportandolo dallo “spazio ambientale” macroscopico della sua interiorità a quello microscopico dello spazio espositivo, per veicolare il suo “pensiero visivo” fino all’uomo-osservatore. Ciò che più affascina nella personalità di Franco Politano è che la rigorosa consapevolezza critica del proprio operare artistico non conduce l’artista ad alzare un muro nel binomio tra artigianato e arte che stava alla base del suo imprinting artistico in famiglia, ma anzi dà forza vitale allo scambio e alle contaminazioni. In tal modo, il linguaggio di Politano si orienta sempre più verso una “poetica del recupero di frammenti” (F. Musotto in Gallo 2000, p. 1), che consente al catanese di “andare oltre il visibile, percependo e intuendo nel relitto e nella carcassa dell’oggetto che è stato, un’altra vita, un’altra dimensione, un nuovo respiro” (A. D’Amico in Basili, Arionte 2008, p.
9), che spesso si rivela l’estremo e apprezzabilissimo tentativo di conservare un’identità e una memoria genuinamente contadine, in cui il “richiamo remoto, arcaico, mediterraneo” evidenziato da Crispolti è ancora vivissimo.
“Gli oggetti parlano, comunicano, hanno una loro storia, sono storia; corpi pieni di vita che rimangono lì. Fermi ad aspettare qualcuno con cui dialogare, qualcuno che li capisca, che li riscopra, che gli dia una nuova vita. Ferraglia inutile che parla al vicino di destino, spalla a spalla si raccontano storie e momenti della loro funzione originaria, ognuno di loro si sente meno o più importante dell’altro e parlano, parlano: bla bla, bla bla, e quando qualcuno si sofferma a guardarli, gli oggetti si mettono in mostra, ma purtroppo non tutti sono interessati, presi da altre voci, da altri rumori. Qualche oggetto, più sfacciato mi chiama … Signore, Signore… io mi fermo, lo guardo e lo prendo. Gli parlo rivolgendogli qualche domanda alla quale magari non risponderà come vorrei e allora suo malgrado si vedrà nuovamente riposto nel mucchio, magari perché la mia attenzione è stata carpita da un altro oggetto che invece se ne stava lì, fermo e triste in un angolo, aspettando uno dei pochi anzi no, proprio me, che gli desse la possibilità di rivivere attraverso una nuova identità, un’altra vita” (F. Politano in D’Amico 2008, p. 10).
Aratri, falci, ganci di bascuglia e ancora fiocchi di lana di pecora, corde, legni e infine la forma senza peso delle piume per un paio d’ali che, come Icaro – e come migliaia di disperati che si affidano al mare con mezzi di fortuna – siano da sprone a librarsi in volo, verso la libertà, ad occhi chiusi e senza alcuna certezza.
Franco Politano porta al Fam “Verso sud”
Attingono all’antologia degli arnesi quotidiani del lavoro agricolo di un tempo, che l’artista rimaneggia e ricompone sapientemente per sue riflessioni sulle contraddizioni della società contemporanea, le opere di Franco Politano protagoniste di “Verso Sud”, mostra che le Fabbriche
Chiaramontane di Agrigento inaugurano il prossimo 26 settembre (ore 19). A cura di Enrico Crispolti, sarà visitabile fino al 22 novembre ed è stata organizzata dalla collaborazione fra l’associazione Amici della Pittura Siciliana dell’Ottocento e la galleria Arionte Arte Contemporanea. Trentuno le opere esposte.
Nel 2011 è invitato alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, Padiglione Italia, con l’opera l’esercito delle anime. Nel 2013 al Premio Termoli con l’opera Verso il Futuro.
Le sue opere sono in numerose collezioni pubbliche e private.
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