Per qualcuno potrebbe essere definita maschilista quella visione che contempla la donna come elemento destabilizzante del sesso opposto. In realtà gli stessi greci consideravano l’elemento femminile portatore della forza inarrestabile dell’istinto e degli affetti nei contesti della società. Come dimenticare personaggi quali Medea e Antigone, fragilità e forza, come volti di una stessa sconvolgente medaglia, caparbia amore, ira, speranza e follia, quali sentimenti estremizzati di un paradigma umano.
Così Maurizio Zivillica, fotografo e appassionato d’arte e cultura, autore di una recentissima mostra, realizzata a scopo benefico presso l’Arkimedeion di Siracusa, ha saputo cogliere nei suoi scatti la finzione dentro la finzione, esplicitando quanto sia «difficile ricondurre a un’unica cifra ermeneutica il ruolo della donna nella tragedia greca sia per una differenziazione che attraversa i grandi drammaturgi dell’epoca classica (Eschilo, Sofocle, Euripide) sia per l’assoluta ricchezza e pluralità delle figure femminili all’interno della rappresentazione tragica».
Un soggetto «artisticamente elevato» quello che l’artista ha scelto come protagonista dei suoi scatti, la donna, «essere meraviglioso – ha sottolineato- fonte di bellezza e di amore, che ho desiderato cogliere in quella parte di pensiero che la riguarda anche come madre creatrice, protagonista indiscussa, nel bene e nel male, della vita.»
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