«L’Etna appartiene al mondo, è di proprietà di chi la ama, non si può vietare. È nostra perché i nostri antenati l’hanno lavorata e sudata pezzo dopo pezzo dissodando terreni e costruendo terrazzamenti e selciati alle mulattiere … L’Etna è sempre stata il Mongibello, il mons jebel, la montagna, ma mai la montagna proibita; nel Medioevo la consideravano la porta dell’inferno, ma già nel 1493 mentre Colombo scopriva l’America Pietro Bembo abbandonava i suoi studi di greco antico a Messina per scalare l’Etna e soddisfare la sua sete di conoscenza. Oggi non si può più osservare il vulcano, occorre starne lontani, abitanti e turisti, ma se un anno fa era stata dichiarata Patrimonio mondiale dell’Unesco e tutti a far festa e pronti ad invitare il mondo a venirla a visitare, c’è qualcosa che non capisco …».
Questo l’incipit della lettera aperta alle autorità che Giuseppe Riggio, giornalista pubblicista, amante ed esperto conoscitore del nostro vulcano, ha letto ieri presso il Palazzo del Turismo ad Acireale, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “La memoria del vulcano”.
Un testo che nasce proprio dalla voglia di ricordare gli antichi fasti de “a Muntagna” come a tutti noi è nota per antonomasia, una presenza imponente che ci ha resi famosi nel mondo e che deve essere ricordata e raccontata dalla gente che l’ha conosciuta, che l’ha amata, che l’ha vissuta, che l’ha studiata, che ne ha gioito e sofferto; così l’autore ha raccolto le memorie, i ricordi, le tradizioni, le semplici curiosità della gente del Novecento, ma ricordando oltre, dai tariffari per i tour guidati in quota che gli abitanti di Nicolosi avevano predisposto già ai primi dell’800, agli “svizzeri catanesi” che come Zuber esportavano i nostri agrumi altrove, al tedesco Sartorius di Waltershausen che nel 1836 venne sull’Etna per tracciarne la mappa, alle attenzioni che negli anni ’30, anni in cui nacquero i rifugi Citelli e Menza, le riservò il potere fascista, allo spot “Italiani venite sull’Etna” di Cosmo Mollica Alagona pioniere del turismo d’impresa etneo.
Un fenomeno naturale di spettacolare e inaudita meraviglia, un tripudio di colori contrastanti dal rosso inferno della lava al bianco angelico della neve, un coacervo di emozioni che il vulcano scatena dentro chi la osserva che non basta a proibire l’Etna, «ci siamo dimenticati di Verga che in alcune novelle ricordava le passeggiate della gente per andare a godere delle eruzioni con un fremito delizioso fra gazzose e birre sotto baracche improvvisate –sottolinea l’autore- abbiamo voluto e permesso che dell’Etna si desse un’idea di eccessiva pericolosità come quando nel 1964 la rivista Epoca pubblicò un reportage allarmante, dal 1983 abbiamo deciso di deviare le colate e farci noi regolatori di qualsiasi minuziosa attività nel rapporto con la montagna, è vero che ci sono stati dei morti, ma con un turismo di massa e senza controllo può capitare. Ricordiamoci che l’Etna non è cattiva, questa è solo la sua naturale attività e poi, come dice un antico motto siciliano, l’Etna chiddu ca si picchia da’ »
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