La “lingua fusa” nelle opere di Verga. Il nuovo libro di Daria Motta


C’è un “imprimatur” di tutto rispetto nella nuova pubblicazione della giovane studiosa catanese Daria Motta, dal titolo: “La lingua fusa” ed è quello della Fondazione Verga, che ha voluto inserire il volume nella serie “Studi”, quelli, per intenderci, che negli anni passati hanno visto altrettante pubblicazioni di prestigio su De Roberto, Capuana, lo stesso Verga, firmati da Alfieri, Sardo, Di Silvestro.

Un doppio traguardo importante per la saggista Daria Motta che ha presentato il nuovo libro lunedì pomeriggio nella facoltà di Lettere e filosofia di Catania, nell’ex Monastero dei Benedettini, con le introduzioni del preside, Enrico Iachello, della presidente della Fondazione Verga, Gabriella Alfieri, e della docente di Letteratura italiana all’Università di Pavia, Carla Riccardi.
“Il contesto è stato certamente importante, – svela Daria Motta a “Sicilia&Donna” – anche perché il libro è nato proprio ai Benedettini, come mia tesi di dottorato in Filologia moderna. Importante anche il benestare della Fondazione, di cui sono adesso redattrice degli Annali”.
La Fondazione stessa rappresenta uno sguardo critico e molto attento su quella che è stata la letteratura siciliana, e catanese in particolare, nella seconda metà dell’800 e nei primi anni del ‘900, di cui si continua a registrare e sottolineare la valenza nel contesto del patrimonio culturale nazionale. Scritti ed opere del Verga, ma anche di De Roberto, di Capuana e di altri scrittori loro contemporanei, si inseriscono infatti nel panorama post-risorgimentale, contribuendo non poco alla formazione della nuova lingua nazionale.
Nel dettaglio, come specificato durante la presentazione, il libro di Daria Motta focalizza l’attenzione su, appunto, la “lingua fusa”, con un sottotitolo significativo: “La prosa di Vita dei campi dal parlato popolare allo scritto-narrato”.
“Ho cercato di dare vita a un’opera il più possibile completa, – ha confessato Motta – che partisse da un contesto prettamente storico-linguistico della seconda metà dell’800, dalla fonetica alla morfologia, alla sintassi, studiandone i fenomeni linguistici, cercando di capirne poi le motivazioni più profonde. Questo metodo così scientifico non è mai stato fatto sulle novelle dei campi”.
Il traguardo c’è, ed è stato tagliato, insomma, se è vero che già centinaia di studenti della facoltà hanno studiato e continuano a studiare con questo nuovo metodo, che la scrittrice e docente catanese sta adesso applicando alle altre sue opere.
“Questo libro – conclude Daria – è stato una vera scuola, uno studio che voglio applicare anche ad altri volumi. Ho già studiato De Roberto, ho iniziato a studiare la lingua della città di Catania e oggi mi occupo degli autori che da Verga arrivano a Brancati e Patti. Per poi continuare i miei studi sul doppiaggio televisivo: le fiction, i telefilm doppiati dall’inglese, i passaggi, i cambiamenti, le interferenze dall’inglese all’italiano, dai vecchi gialli a Csi, per intenderci”.
Un nuovo studio originale, che ci fa dire che la lezione di Verga e compagni è forse arrivata fino a noi.

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