Dal 6 marzo all’8 maggio 2016, ZAC ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, ospita la grande retrospettiva della fotografa palermitana Letizia Battaglia, Anthologia a cura di Paolo Falcone con oltre 140 lavori esposti insieme per la prima volta.
La mostra voluta dal Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo, in collaborazione con la Fondazione Sambuca, e rientra nell’ambito delle celebrazioni per gli ottant’anni di Letizia Battaglia, quale omaggio alla sua straordinaria carriera riconosciuta a livello internazionale.
“Le foto di Letizia non sono solo opere d’arte, ma anche espressioni d’amore; sono anche espressioni di sofferenza, di rabbia, di disgusto, di orrore. Ma quella sofferenza, quella rabbia, quel disgusto e quell’orrore che muovono dall’amore per la vita, per le persone”.
Vi proponiamo a riguardo un articolo scritto da Paola Giannelli sul blog La veranda proprio su Letizia Battaglia rispondendo così a una sollecitazione dell’autrice che descrive la fotografia palermitana.
Articolo di Paola Giannelli su Letizia Battaglia
Palermitana, un nome che è quasi un ossimoro, Letizia Battaglia inizia a fotografare ad un’età in cui le donne della sua generazione ritenevano, spesso, di essere nell’anticamera dell’ultima parte della vita.
Nel 1970 – non ha ancora quarant’anni – si trasferisce da Palermo a Milano e inizia la sua carriera di fotoreporter. Quattro anni
dopo viene chiamata dall’Ora, quotidiano palermitano – culla del giornalismo antimafia – le cui vicende si mescolano strettamente con quelle della città.
Fonda, in seguito, l’agenzia di fotogiornalismo Informazione Fotografica insieme a Franco Zecchin e a un gruppo di giovani fotografi tra cui Shobha Battaglia.
Accumula gli scatti di una stagione particolarmente sanguinaria della mafia in Sicilia. Ancora oggi – racconta – non riesce a cancellare la sensazione che lo squillo del telefono sia un presagio di morte. Fotografa corpi riversi, madri disperate, uomini in manette, sangue – con il suo odore difficile da dimenticare – Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma anche ritratti dei figli meno fortunati della sua città, profondamente amata, ma da cui sente anche il bisogno di allontanarsi ogni tanto. Le capita, in quegli anni, di farsi fisicamente largo in un mondo declinato al maschile: poliziotti, carabinieri, ispettori; per poter scattare le sue foto, non esita ad alzare la voce per attirare l’attenzione quando impediscono a lei – una donna – di avvicinarsi.
Molte le fotografie importanti di quegli anni. Fotografa Pier Paolo Pasolini nel 1972 – scatti poi donati al centro Studi Pasolini di Casarsa – nel corso di un incontro presso il circolo Turati di Milano, dove si discuteva dei Racconti di Canterbury, film bloccato dalla censura; colpisce la compostezza di Pasolini. Una foto di Letizia Battaglia, poi acquisita agli atti, si intreccia con la storia processuale d’Italia: testimonia l’incontro – negato da Giulio Andreotti – con i fratelli Salvo, esattori della mafia, presso l’hotel Zagarella. Un ricordo particolarmente doloroso è legato all’omicidio di Piersanti Mattarella, una casualità l’aveva portata ad essere nei paraggi insieme ad alcuni colleghi: è tra i primi ad accorrere.
C’è da chiedersi quale lavorio compiano tanta violenza e dolore su un essere umano, quali cambiamenti portino nella visione
delle cose. In una nuova fase della sua vita di fotografa, passata la stagione da fotoreporter, Letizia Battaglia sente il bisogno di rielaborare. In modo paragonabile ai meccanismi della psiche per un lutto o un dolore intenso, riprende alcuni suoi scatti, sovrapponendoli a nuove foto. Così, a Giovanni Falcone viene affiancata una donna disperata; la foto di una famiglia – madre e due figli piccoli – che giace in un letto tutto il giorno in mancanza di luce e gas, viene affiancata a un nudo di donna. Le Rielaborazioni sono un modo di raccontare una storia leggermente diversa, sulla base di immagini difficili da metabolizzare.
Il 5 marzo Letizia Battaglia ha festeggiato il suo ottantunesimo compleanno e Palermo l’ha celebrata con lo spettacolo teatrale il Caravaggio rubato presso il Teatro Massimo (testi di Attilio Bolzoni, fotografie di Letizia Battaglia e musiche di Giovanni Sollima) e l’inaugurazione di una mostra antologica, curata da Paolo
Falcone, presso i cantieri culturali della Zisa. Restano il sogno e la promessa più grande: l’inaugurazione del centro internazionale di fotografia che sia un punto d’accesso, formazione, archivio e scambio per la fotografia italiana e per Palermo.
Alle sue foto è stato conferito, nel 1985, il prestigioso Eugene Smith Foto Award, come riconoscimento della sua capacità di narrare attraverso le immagini. In un’intervista, Letizia Battaglia racconta di una foto che avrebbe voluto fare e non ha fatto – pur avendolo incontrato – ad Ezra Pound; del poeta ha impressa bene in mente la parte finale del canto 81 dei canti pisani:
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.
E anche davanti agli scatti più difficili, Letizia Battaglia non ha esitato.
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