“Se muore il Sud”: Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo intervistati da Nino Milazzo


 

«Fa venire il sangue al cervello, a chi come noi ama il Mezzogiorno, ripercorrere le occasioni perdute di ieri e di oggi. Ma che razza di classe dirigente è quella che lascia affondare un pezzo dell’Italia?»

Coraggiosi, lucidi, autorevoli. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, giornalisti e scrittori, firme del “Corriere della Sera”, continuano a denunciare e documentare il fallimento di un’intera classe politica in un altro bestseller, il quinto, scritto a quattro mani. Dopo “La Casta”, “La Deriva”, “Vandali” e “Licenziare i padreterni” (tutti per i tipi di Rizzoli), è ora la volta di “Se muore il Sud” (Feltrinelli, 2013), titolo più drammatico che ipotetico. Entrambi gli autori saranno ospiti del Teatro Stabile di Catania per la rassegna Librinscena. Ad intervistarli in aperto dialogo sarà un giornalista prestigioso come Nino Milazzo, già vicedirettore del “Corsera” e da luglio presidente dello Stabile etneo. Interverranno il Sindaco di Catania Enzo Bianco e il vicepresidente per l’Educational di Confindustria Ivan Lo Bello. L’appuntamento è per mercoledì 18 dicembre alle 21 al Teatro Verga. L’ingresso è libero.

“Se muore il Sud” avanza e affonda nella piaga del degrado e della corruzione, ponendo al centro della riflessione l’annosa e mai risolta “questione meridionale”. Stella e Rizzo proseguono così, senza fare sconti, nella loro spietata analisi sociopolitica ed economica. La denuncia parte sempre e coerentemente dai fatti e dalle contraddizioni del Bel Paese, ben evidenziate nella nota ufficiale di presentazione del libro. Due giovani su tre affogano senza lavoro e la Regione Sicilia butta 15 milioni per 18 apprendisti fantasma. Ci sono treni che marciano a 14 km l’ora e i fondi Ue vanno a sagre, sale bingo e trattorie “da Ciccio”.

Quattrocento miliardi di fondi pubblici speciali spesi in mezzo secolo e il divario col Nord è maggiore che nel dopoguerra. I vittimisti neoborbonici ce l’hanno con tutti a partire da Ulisse e intanto il Meridione si fa sorpassare anche dalla regione bulgara di Sofia. Figurano più braccianti disoccupati a Locri che in tutta la Lombardia ma i soldi vanno ai mafiosi che incassano contributi anche sui terreni confiscati. La Calabria ricava in un anno da tutti i suoi beni culturali 27.046 euro ma i Bronzi di Riace restano per anni sdraiati nell’androne del Consiglio regionale.

La Sicilia è la regina del Mediterraneo con 5 siti Unesco ma le Baleari hanno 11 volte più turisti e 14 volte più voli charter. Undici miliardi buttati per l’emergenza rifiuti ma la Campania muore di cancro e a Bagnoli sono avvelenati anche i parchi giochi. Municipalizzate che non girano al fisco le tasse trattenute ai dipendenti ma si prendono il lusso di non sfruttare patrimoni immobiliari enormi. Assolutamente deficitari gli investimenti esteri mentre a Messina una procedura fallimentare si chiude in media dopo 25 anni. Sovrintendenze cieche davanti alla devastazione delle coste e vincoli paesaggistici sul pitosforo di un giardino privato.

Un’inchiesta serrata, appassionata, contundente. Con fatti, numeri, storie e aneddoti irresistibili, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella denunciano una situazione insopportabile: senza fare sconti ai corsari politici e imprenditoriali del Nord, ma inchiodando alle sue responsabilità una classe politica ingorda e inconcludente che pare quasi non accorgersi che il Mezzogiorno rischia la catastrofe. Intanto “Se muore il Sud” è destinato a  riaprire con forza lo storico problema del Mezzogiorno.

 

 

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