Giovedì scorso, alla presenza di numeroso pubblico il recital “Al tempo dei Vicerè”, organizzato dalla FITA (Federazione Italiana Teatro Amatori) di Catania. La location che ha radunato gli appassionati di un tempo ormai antico e impossibile da rivivere è stata quella del Castello Ursino. Il recital proposto ieri sera fa parte di una trilogia di spettacoli che ha visto protagoniste le compagnie teatrali catanesi in un operazione di recupero culturale e letterario dei maggiori autori siciliani, che, proprio in questi giorni si è saputo, essere stati, alcuni, aboliti dal programma scolastico nazionale.
A esibirsi: Voce narrante, Suor Maria Crocifissa – Nunziata Blancato (Gruppo La Proposta) “I VICERE’” (F. De Roberto): Consalvo Uzeda (giovane): Claudio La Rosa (La Compagnia della Fenice), Consalvo Uzeda (adulto) Andrea Schillirò (Teatro Stabile Gravina), Principe Uzeda: Franco Torrisi (Teatro Stabile Gravina), Abate: Saro Russo (Amici di S. G. Evangelista), Salvatore: Adam Savoca (Teatro Stabile Gravina) “STORIA DI UNA CAPINERA” (G. Verga) Verga: Giacomo Pappalardo (Comp. Teatro di Catania), Capinera: Mariachiara Signorello (Amici del Teatro di Nicolosi) “IL GATTOPARDO” (G. Tomasi di Lampedusa) Principe di Salina: Mimmo Zappalà (Liotru), Chevalley: Franco Musumeci (Gli amici di S. G. Evangelista), Tancredi: Andrea Zappalà (Nuovo Teatro Stabile Mascalucia), Angelica: Rita Re (Nuovo Teatro Stabile Mascalucia), “IL MARCHESE DI ROCCAVERDINA” (L. Capuana) Marchese: Corrado La Ferlita (Ass.ne Cult. Capuana), Avvocato: Gaetano Ravì (La Compagnia della Fenice), Contadino: Dino Impellizzeri (Compagnia del Teatro di Catania), Prete: Franco Blundo (Liotru), Baronessa: Irene Di Mauro (La Compagnia della Fenice), Agrippina: Romina Sabba (Ass.ne Cult. Capuana)“CENTONA” (da La triplici allianza)(N. Martoglio) Cettina Poma (Nuovo Teatro Stabile di Mascalucia) “IL BERRETTO A SONAGLI” (L. Pirandello) Ciampa: Nuccio Pappalardo (Amici del Teatro di Nicolosi), Beatrice: Antonella Saeli (Ass.ne Cult. Capuana), Fifì: Giuseppe Di Mauro (Ass.ne Cult. Capuana)
Attraverso i brani di De Roberto, Verga, Capuana, Tomasi di Lampedusa, Pirandello, il pubblico ha vissuto l’atmosfera di metà ‘800, periodo in cui la Sicilia è stata protagonista di grandi cambiamenti e instabilità politica e sociale. Tra il Risorgimento e l’unificazione le tradizioni tentano di resistere alle innovazioni, e anche la nuova classe politica diviene opportunista e composta dai cosiddetti “nuovi ricchi” al servizio dei notabili piemontesi, alleati a quella parte di aristocrazia sonnolenta che viveva sperperando le rendite del latifondo.
Tutti gli attori hanno evidenziato le forti caratteristiche che a quel tempo l’Isola e i suoi abitanti vivevano, come la forte influenza di oltre quattrocento anni di dominazione spagnola. Ne “I Vicerè”, che Sciascia definì dopo I Promessi sposi, il più grande romanzo che conti la letteratura italiana, la “storia di famiglia” degli Uzeda, è stata sapientemente interpretata con accenti forti e disillusi che rappresentavano quella della storia italiana, in cui De Roberto fa dell’arretratezza della società siciliana una sorta di lungimiranza visuale – anticipandone la linea di tanti letterati siciliani (da Pirandello a Sciascia) – e da cui è possibile distinguere fra realtà storica e mitologie ideologiche.
Ieri sera chi era presente allo spettacolo, si è reso conto di vivere oggi, solo per la differenza di vestiario, infatti è sembrato di vivere quegli anni, che tanto sembrano lontani, ma che con la crisi odierna, rende ancor più forte la sintesi dello spirito siciliano gattopardesco: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Questa cinica realtà di apparente rassegnazione, e l’incoerente adattamento al nuovo, con l’incapacità vera di modificare se stessi, rappresenta oggi come ieri, l’orgoglio innato di essere siciliano.
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