In un Giappone senza tempo e in una società gelida dove gli esseri umani, ormai incapaci di dispensare amore autentico e in modo sano, affidano i bambini alle cure minuziosamente e strategicamente programmate delle Unità Sintetiche Materne, vivono i Bambini di ferro, titolo dell’ultima creazione letteraria di Viola Di Grado. Elogiata dal New York Times, vincitrice del Premio Campiello Opera Prima con Settanta acrilico trenta lana, romanzo d’esordio a soli 23 anni, e candidata al Man Booker International Prize con il secondo libro Cuore Cavo, Viola Di Grado si spinge stavolta in una parte dell’universo che ha formato i suoi studi e plasmato la sua vita: l’Asia Orientale. La scrittrice, che ha ammesso di fare della stesura di ogni romanzo una questione di vita o di morte, si propone come scopo, ogni volta, senza mezza misure, la creazione di un linguaggio esclusivo e univoco, inscindibile e impensabile fuori dal mondo del romanzo costruito. Un lavoro immenso, quindi, che stavolta verte verso la ricerca o la perdita dell’identità, mito illusorio occidentale; la scoperta della formula dell’amore (im)perfetto e di frequenze comunicative alternative che porteranno inevitabilmente ad un trasferimento costante di umanità tra oggetti e creature umane.
Viola Di Grado lo fa attraverso la storia di Sumiko, bambina orfana, e di Yuki, tutrice, anche lei cresciuta in istituto dove è stata sottoposta al programma di accudimento artificiale, che di fronte a quella bambina che rifiuta di parlare e mangiare, torna ad indagare negli scandagli della sua presunta umanità. Solo lei, anche se controlla meccanicamente persino un sorriso di circostanza e si chiede se sia capace di amare veramente, riuscirà a capire che Sumiko non interagisce con il mondo circostante semplicemente perché, come spiega l’autrice, “ha altri modi di comunicare, combina
i dati in maniera differente, si spinge oltre verso altre frequenze della comunicazione”. Eppure questa condizione, che ricorda molto l’autismo, costituisce per la società la malattia di Sumiko, l’esperienza psicotica che la rende bambina di ferro, soggetto fallito. “I Un cosmo dove la presenza degli androidi e di oggetti inanimati nella vita quotidiana è ormai ordinariobambini di ferro sono bambini difettosi, guasti, perché hanno problemi psicologici, la loro mente è frammentata – spiega l’autrice, rispondendo alle domande di Giuseppe Lorenti, organizzatore dell’incontro Leggo, presente indicativo con Viola Di Grado- tuttavia i personaggi che sono considerati schizofrenici e trattati come tali, all’interno di una società schizofrenica, sono coloro che con la loro frammentarietà riescono a tenere dentro elementi umani e non umani e ad arrivare ad una condizione più reale, al contrario degli altri che hanno perso ormai ogni connessione in un cosmo totalmente raffreddato”. Un cosmo dove la presenza degli androidi e di oggetti inanimati nella vita quotidiana è ormai ordinario, scenario non troppo distante dal Giappone contemporaneo, scelto proprio perché in questa cultura, il confine netto tra l’animato e l’inanimato non è mai stato così severo: “in Giappone anche una fotocopiatrice ha un’anima – racconta la scrittrice – e quando non funziona più, si celebra un funerale.” Quale luogo migliore allora per immaginare delle unità sintetiche materne che, anche se mettendo in evidenza le questioni della maternità, permettono di interrogarsi sulla natura dell’amore perfetto, non solo quello materno. “Ogni amore nasconde dentro il suo virus – afferma l’autrice – non può esistere un amore votato solo alla cura dell’oggetto del sentimento, in ogni tipo di amore che emettiamo, includiamo noi stessi, le nostre cose irrisolte, il nostro carattere”. Ecco perché un androide programmato all’esclusiva cura dell’altro, potrebbe avvicinarsi, forse, di più a quest’ideale. La madre surrogata androide riesce a prevedere e studiare ogni piccola espressione del bambino di ferro in affidamento, a tradurre e comprendere addirittura gli incubi del figlio che nascondono tutti i suoi problemi. Tuttavia, si chiede Viola e si chiedono i lettori, potrebbe bastare un algoritmo al raggiungimento dell’amore perfetto, o i sentimenti devono essere reali? Il dilemma resta aperto, quello che rimane certo è che anche continuare ad amare, nonostante quello che l’altro o il mondo dà in cambio, rimane una scelta. E questa sarà la scelta di Yuki.
Per meglio districarsi nelle miriadi di linguaggi utilizzati in Bambini diFerro, edito da La nave di Teseo,nella versione e-book per la prima volta, sarà disponibile una colonna sonora del libro, che accompagnerà la lettura.
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