La croce cattolica sovrasta il palco. Fa da contraltare la Mano di Fatima, simbolo caro ai musulmani. Al centro campeggia il Menorah, il candelabro ebraico a sette bracci. I tre simboli delle religioni monoteiste sono l’emblema del nuovo spettacolo di Compagnia Zappalà Danza che per i suoi 25 anni di attività porta sul palco del Teatro Massimo Bellini di Catania La nona (dal caos al corpo).
Sacro e profano, classico e contemporaneo camminano su un unico percorso tradotto nel linguaggio del corpo. Ad aprire la scena su questa “cerimonia laica”, che inneggia alla spiritualità come necessaria (forse) a dispetto della religiosità che potrebbe non essere fondamentale, è una sacerdotessa che celebra il Confesso a Dio e a voi fratelli che ho molto peccato…
Perché dal peccato si parte per interpretare il caos della vita.
Dopo Invenzioni a tre voci e Oratorio per Eva ispirate e dedicate alla donna, è adesso l’ultima sinfonia di Beethoven, la numero nove, la fonte d’ispirazione per il nuovo spettacolo del coreografo Roberto Zappalà.
Incastonati in una scenografia che evoca un caos apparante dove tutto convive ci sono i due pianoforti, interpreti, grazie alle mani sapienti dei due pianisti Luca Ballerini e Stefania Cafaro, della trascrizione del Franz Liszt. In scena dodici danzatori della Compagnia Zappalà Danza – Maud de la Purification, Filippo Domini, Alain El Sakhawi, Sonia Mingo, Gaetano Montecasino, Gioia Maria Morisco Castelli, Marco Mantovani, Adriano Popolo Rubbio, Fernando Roldan Ferrer, Claudia Rossi Valli, Ariane Roustan, Valeria Zampardi e lo straordinario controtenore Riccardo Angelo Strano.
A partire dalle musiche di Ludwig van Beethoven, nel terzo step del lungo progetto Transiti Humanitatis, Roberto Zappalà ancora una volta parte dal corpo e dalle sue storie per proporre una riflessione sull’uomo e sull’umanità; sulla sua condizione di perenne conflitto e sulle speranze di solidarietà e fratellanza universale. L’umanità che danza nello spettacolo è un’umanità che si sviluppa da un processo di accumulazione, da un caos primordiale (come dice il compositore Sciarrino a proposito del primo movimento della sinfonia), da una pluralità di intrecci e microstorie conflittuali e “negative”, che sfociano, nella seconda parte, nella pacificazione dell’adagio e nella gioia finale del quarto movimento.
“Non esiste floresta pluviale cattolica, oceano musulmano o luna ebraica. Non ci sono confini, esiste il creato e noi siamo qui per gioirne”. Tutto quello che Zappalà mette in scena sul palco del Bellini è funzionale a questo concetto. Puoi credere o non credere, puoi avere o meno una religione, poco importa, l’importante è la spiritualità. Ecco che in un gioco di danza e movimento i ballerini esprimono l’ideale abbraccio tra Papa Francesco e il Dalai Lama, tra uomo e uomo, tra donna e donna, tra uomo e donna. Perché tutto si può in nome dell’amore.
Scrivi un Commento