Il dolore racchiuso in una stanza, cristallizzato all’interno di un quaderno rosso, espresso attraverso un monologo con Gesù. La trama di Concetto al buio, in scena ieri al Centro Zo di Catania e in replica stasera sabato 16 marzo alle 21 e domenica 17 marzo alle 18, per la stagione del Teatro Mobile, si dipana su doppio filo, su una doppia narrazione che porta lo spettatore lungo il percorso di più tragedie all’interno di una stessa famiglia, esasperate dall’ottusità, dal non dialogo, dall’incapacità di comprendere e di comprendersi.
Lo spettacolo, ridotto per il teatro da Micaela Miano, è tratto dall’omonimo romanzo di Rosario Palazzolo e affidato alla regia di Guglielmo Ferro.
La storia dunque è quella di un ragazzino di 13 anni, Concetto Acquaviva, che scrive a Gesù per raccontare le tragedie della sua vita. Il giovane è chiuso in una stanza, da sempre e forse per sempre.
“L’unico ponte tra la stanza dove è rinchiuso il ragazzo e il mondo esterno è un piccolo quaderno rosso, un diario segreto che lui trova e che col tempo impara a memoria in ogni sua parte. Come mostri, i protagonisti del racconto si animano e riempiono di voci e pensieri le giornate altrimenti sempre identiche, dell’adolescente recluso” spiega il regista.
Bravi sulla scena Agostino Zumbo nel ruolo del prete pedofilo, Giovanni Arezzo e Francesco Maria Attardi. Giovanni Arezzo nello specifico dona al suo personaggio, Concetto/a, l’ingenuità tipica dell’adolescenza, gli conferisce leggerezza pur nella drammaticità del racconto.
Gli elementi scenici sono essenziali ed efficaci, un tavolo, un letto, un armadio, un comodino. E una porta. Sempre chiusa. Un crocifisso che pende dall’alto come una presenza costante e ingombrante. Ineluttabile.
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