Hedda Gabler apre la stagione del Teatro Stabile di Catania


Il Teatro Stabile di Catania inaugura la sua cinquantaseiesima stagione di prosa. Debutta sul palco del Verga di via Fava un capolavoro e un’indimenticabile eroina della letteratura drammatica, Hedda Gabler, in scena  dal 10 al 15 dicembre.

Hedda Gabler è una delle più problematiche, febbrili e seduttive figure femminili ibseniane. È alle suggestioni dell’opera di Henrik Ibsen che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, assieme alla compagnia Enfi Teatro, si volge con questa nuova produzione. Antonio Calenda affronta Hedda Gabler dirigendo nel ruolo del titolo Manuela Mandracchia. L’allestimento si avvale delle scene di Pier Paolo Bisleri, i costumi di Carla Teti, le luci di Nino Napoletano, le musiche di Germano Mazzocchetti.
Scritto nel 1890 e andato in scena – con accoglienza gelida per la sua vis provocatoria – l’anno successivo al Residenztheater di Monaco, Hedda Gabler pone al proprio centro una figura che si discosta profondamente dall’ideale femminile coevo ad Ibsen. Un plot ad alta tensione drammatica che precipita inevitabilmente nella tragedia. Dopo la morte del padre, il generale Gabler, con cui aveva condotto vita altolocata, la giovane Hedda si trova costretta a sposare per interesse un mediocre intellettuale piccoloborghese Joergn Tesman. Egli ambisce a una cattedra universitaria che gli spetterebbe di diritto e nella prospettiva di quest’incarico, per amore di Hedda, ha contratto debiti, intrapreso un lungo viaggio di nozze e acquistato una villa. Rientrata dalla luna di miele, Hedda appare del tutto insoddisfatta della sua nuova vita, annoiata, confusa dalla sua stessa femminilità enigmatica e ancor più dal fatto di essersi scoperta incinta, stato che invece il marito non sa intuire.
La confusione nella casa aumenta quando riappare Løvborg un antico amore di Hedda, scrittore tutto “genio e sregolatezza” che ora è amato e ispirato dalla giovane Thea, e che potrebbe concorrere alla cattedra di Tesman. Hedda è subito infastidita da Thea, le si finge amica per rivaleggiare con lei. Una sera, ubriaco, Løvborg smarrisce il manoscritto che avrebbe dovuto portare a compiutezza il suo successo e ciò manda nella disperazione lui e Thea. Tesman lo ritrova, ma Hedda lo convince a tacere e brucia il capolavoro. Durante un incontro con Løvborg lo indurrà a uccidersi, fornendogli addirittura una delle pistole del padre generale, in un cieco slancio di volontà di potenza e di controllo del destino altrui. Ma la forza e l’individualità di Hedda varcano presto il confine della solitudine: ricattata e minacciata di scandalo dall’assessore Brack, non confortata dal marito, tutto intento a ricostruire assieme a Thea il capolavoro perduto, tormentata dalla frustrazione, la donna sceglie di suicidarsi davanti al ritratto del padre.

 

 

 

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