Anche per strada lo chiamano “Litterio”. E si sorprendono di vederlo senza la coppola calcata maldestramente sulla fronte, la giacca a quadrettoni, i pantaloni larghi e sformati, la parlata improbabile. “Litterio” è Enrico Guarneri, irrimediabilmente, ma Enrico Guarneri non è “solo” Litterio. A lui, alla maschera da palcoscenico, l’attore catanese deve gran parte della sua popolarità, lanciato e sostenuto da Salvo La Rosa nella sua fortunatissima trasmissione che si avvia verso il quarto di secolo. Guarneri-Litterio sono “Insieme”. Litterio è una sorta di Pappagone etneo. Protagonista della televisione in bianco e nero, che univa le famiglie, invece, di dividerle, come accade adesso, Pappagone diede nazionale popolarità a Peppino De Filippo, un grandissimo attore, che fu “vittima” della mostruosa bravura del fratello, il grande Eduardo, ma anche del personaggio. Eppure, Peppino era attore anch’egli di qualità e completo. Preferiva i ruoli comici, che non sono più facili di quelli drammatici, tutt’altro. Fare ridere non è più semplice di fare commuover. Chi l’ha detto? Peppino De Filippo fu, tra l’altro, grandissima spalla di Totò, ma soffriva quel ruolo che ne sminuiva le capacità interpretative. Spesso entrava in competizione con il “principe”: allora si girava sulla base di un canovaccio, non di un testo da ripetere rigorosamente. Totò improvvisava, sbandava da una battuta all’altra, Peppino lo inseguiva, lo superava, cercava di rubargli la scena. Era un gioco al continuo rialzo, ma due primi attori in un pollaio non ci possono stare. De Filippo lasciò l’onore e l’onere della “spalla” al lunghissimo Castellano, che fu perfetto nell’accompagnare Totò in tanti film.
Ma stiamo divagando, torniamo a Enrico Guarneri, per certi versi vittima anche lui del suo personaggio. Litterio, nella sua rozza
intelligenza di paesano, ha capito che deve cominciare a stare un passo indietro. Enrico Guarneri, infatti, ormai da anni, dimostra la sua qualità di artista, di attore vero, non solo buono per far ridere qualche minuto, ma per interpretare personaggi sanguigni e duri, drammatici nella loro sicilianità, come mastro don Gesualdo. Non crediate che sia facile. Incoraggiato dalla sua arte, e dai riscontri di pubblico e di critica, Guarneri lavora al suo teatro e si preparara all’atteso esordio, confortato dal botteghino. (Daniele Lo Porto)
Si accendono, infatti, i riflettori sulla stagione di Prosa 2013-2014 “Turi Ferro”, che prenderà il via con uno spettacolo d’eccezione. Dal 15 al 17 novembre, infatti, al Teatro ABC di Catania, debutterà l’“Anfitrione” da Plauto, primo dei sei spettacoli previsti nel ricco cartellone, organizzato dall’Associazione Culturale ABC.
Protagonisti indiscussi saranno il sicilianissimo Enrico Guarneri (che così aprirà la sua personale ‘trilogia’) e Debora Caprioglio. Tradotta e riadattata da Antonello Capodici, per la sapiente regia di Walter Manfrè, l’opera plautina venne scritta e presumibilmente rappresentata, per la prima volta, nel 206 a.C., distanziandosi sensibilmente dalle altre commedie, in stile ‘borghese’, per il suo carattere mitologico. Questa sua distanza, questo intreccio e questo sfondo ‘antinaturalistico’, sono gli attributi che la rendono più fresca, attuale e divertente.
I protagonisti sono Alcmena (Debora Caprioglio), moglie del generale Anfitrione, e Sosia (Enrico Guarneri), uno schiavo che incarna un’autoironia tipica della commedia di quel periodo. Proprio Enrico Guarneri, in questo spettacolo, avrà un ruolo intriso di pura comicità. Considerato dalla critica e dagli addetti ai lavori uno fra i migliori attori siciliani della sua generazione, Guarneri ha iniziato la sua carriera alla fine degli anni Settanta, facendo una lunga trafila nelle sale minori dell’universo teatrale catanese. Ha interpretato in quel periodo quasi tutti i classici della drammaturgia siciliana, fra Otto e Novecento: Martoglio e Capuana in particolare. Ma è dal 2005 che la sua popolarità cresce a dismisura, grazie ad una serie di clamorosi successi di pubblico: da “L’Avaro” a “L’Altalena”, fino ad arrivare a “Il Paraninfo”, tutti diretti da Antonello Capodici.
Assieme ai due protagonisti, un cast di rilievo condurrà lo spettatore in un universo fatto di esilaranti partiture, a tratti persino sensuali. Ivano Falco, Antonella Piccolo, Vincenzo Volo e Rosario M. Amato saranno parte integrante dello spettacolo, con le scenografie curate da Salvo Manciagli ed i costumi di Riccardo Cappello.
Dopo l’“Anfitrione”, la stagione di Prosa catanese dedicata a Turi Ferro proseguirà a dicembre (dal 13 al 15) con “Nel nome del padre” di Luigi Lunari; in scena, Margherita Buy e Patrick Gastaldi con la regia di P.R. Gastaldi. A gennaio, (dal 17 al 19), si accenderanno i riflettori su una nuova commedia, “E’ andata così. La vita 2.0”; un testo firmato da Giacomo Ciarrapico ed affidato a Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi, con la regia di Claudio Boccaccini. A febbraio (dal 21 al 23), appuntamento con la ‘prima nazionale’ di un classico di Luigi Pirandello, riadattato da Antonello Capodici; Enrico Guarneri terrà a battesimo proprio nella sua Catania questa nuova lettura scenica di “L’Uomo, la Bestia e la Virtù”. Poi quattro serate a marzo (dal 13 al 16) con un mostro sacro del teatro italiano, Giorgio Albertazzi. Sarà lui ad interpretare le “Lezioni americane” di Italo Calvino, per la regia di Orlando Furioso. La quarta edizione della stagione di Prosa “Turi Ferro” si chiuderà ad aprile (dall’11 al 13) con un’altra ‘prima nazionale’ in calendario al Teatro ABC; sul palcoscenico tornerà Enrico Guarneri che questa volta sarà “Il malato immaginario” di Molière, con la regia di Guglielmo Ferro.
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