Un artista, un cantante, un attore sono un po’ paragonabili agli atleti: devono scaldarsi, prima di dare il meglio nelle loro esibizioni. Capita così anche a Edoardo Sylos Labini, che mercoledì sera, 13 febbraio, ha portato in scena al Teatro “Angelo Musco” di Catania un interessante spettacolo già dal titolo significativo: “Gabriele d’Annunzio tra amori e battaglie”. Un incontro virtuale certamente dovuto con il grande Vate nazionale, visto il 150° anniversario della nascita (12 marzo 1863). Dicevamo degli atleti e dell’importanza di scaldarsi. Succederà, così, forse anche ai giornalisti e quindi cercheremo di non dondolare troppo tra alti e bassi nei nostri giudizi per una rappresentazione che, comunque, ha molti più meriti che demeriti. Partiamo da questi: i due atti dello spettacolo, scritti dallo stesso Labini (Gabriele d’Annunzio), per la regia di Francesco Sala e liberamente ispirati a “L’amante guerriero” di Giordano Bruni Guerri, attuale presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, ci sono sembrati nettamente distinti: nel primo c’è un d’Annunzio meno credibile, con un atteggiamento più da altezzoso ufficialetto nazista che da poeta languido.
Ma l’Autore de “Il Piacere”, de “L’innocente”, de “Il Fuoco”, tanto agognato nei salotti romani di fine ‘800 e primi ‘900, le donne le faceva sciogliere con parole dolci e riferimenti aulici, senza trattare ragazze come la fedele domestica Aélis come un datore di lavoro sgarbato tratterebbe una dipendente fannullona. Non lo immaginiamo così nemmeno con il fido Tom Antongini, il cameriere personale che non esitò, anni dopo, a dare alle stampe il libro “Un d’Annunzio ignorato”. Tuttavia, anche il primo atto, con un poeta un po’ clownesco ma ahinoi già interprete di molti vizi degli italiani, è servito a comprendere la bravura delle altre interpreti: Aélis, appunto, ben rappresentata dalla sensuale Giorgia Sinicorni; la principessina Maria Hardouin, che diede al Vate tre figli e che sulla scena ha trovato l’elegantissimo profilo della bella Alice Viglioglia; Eleonora Duse, la Divina, l’attrice più ammirata al mondo in quel periodo, interpretata a Catania da Viola Pornaro; bisognerà attendere invece il secondo atto per vedere all’opera Silvia Siravo, nei panni di Luisa Baccara, la pianista che dagli anni della Prima guerra mondiale e dell’occupazione di Fiume al ritiro dorato al Vittoriale resterà sempre con il Maestro pescarese, che sin dagli esordi aveva visto bene cambiandosi il nome, da Gabriele Rapagnetta in Gabriele d’Annunzio, fingendo una morte da accidentale caduta da cavallo, che gli fece salire alle stelle le vendite di “Primo Vere”, prima raccolta poetica, e che da lì cominciò la sua ascesa come erede del Carducci e degno fratello di Pascoli.
Ma a sipario riaperto anche Edoardo Sylos Labini dà tutto il meglio di sé, convince tantissimo nel d’Annunzio guerriero, che tanto piace a Bruno Guerri, e poi nei panni dell’Orbo Veggente che ha perduto un occhio volando e che scriverà il “Notturno”, del Comandante di Fiume che darà alla luce discorsi infuocati, anche se resta un po’ accademico e scolastico l’elenco dei motti ideati dal Vate citati così, come un imbonitore. Sarebbe stato meglio tatuarseli sulla pelle, come fecero molti legionari di Fiume nei loro cuori.
Ma sono degli eroi anche gli attori di questa compagnia, a cui va aggiunto Antonello Aprea, che interpreta il Poeta Dj sulla scena: già, perché il Vate era innamorato della musica e perché le sue stesse parole erano musica. Eroi, scrivevamo, poiché fino a qualche decennio fa sarebbe stato impossibile dedicare qualche lavoro a d’Annunzio senza essere accusati di revisionismo (chiaro il Suo essere stato maestro involontario quanto volontario di un giovane Benito Mussolini e del suo fascismo, con braccia tese ed eja eja eja alalà gridati al Duce ritto sul balcone, ma quale dei due vero Duce, ora a proclamare il ritorno di Fiume all’Italia, ora ad annunciare il ritorno dell’Impero sui Colli fatali di Roma!). Eroi, dunque, perché grazie a questi attori un moto lo abbiamo sentito nel cuore quando la bandiera italiana è sventolata sul palco, sorretta dalla sensualissima Aélis. È quello che piace agli italiani, belle gambe e patriottismo: siamo capaci, infatti, di bellezza ai più alti livelli e su più fronti. Lo rivelano i nostri artisti ed eroi nei secoli e questo nessuna Europa unita ce lo potrà mai togliere!
Ultima critica, ma da dannunziani convinti: “La Passeggiata”, dal “Poema Paradisiaco”, andava assolutamente recitata, magari come faceva Franco Carlini nei dischi letterari anni ’60; andava recitata ancor prima e più de “La pioggia nel pineto”, poiché è quello il d’Annunzio ignorato: la poesia precedeva gli appuntamenti sessuali del poeta ed è uno dei motivi per cui le nobildonne, romane e non, crollavano ai piedi di un ometto bruttino, basso, dalla dentatura infelice e rimasto calvo dopo una ferita alla testa rimediata in duello da un marito geloso. Eppure, c’è da immaginarselo bello come un Arcangelo, che annunciava al mondo: “Bisogna fare della propria vita un’opera d’arte”!
Alla fine a decretare il successo dello spettacolo ci hanno pensato gli applausi del pubblico catanese, certamente più validi di queste nostre parole appassionate!
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