L’amore è salvo conquista il teatro


Rossana Bonafede in teatro con L'amore è salvo
Rossana Bonafede in teatro con L'amore è salvo (Foto di Enrico Gras)

In una scena che scena non è, in cui un leggio si staglia nell’unico simbolo che conta, come effetto prova, come spazio dell’anima e delle emozioni, in cui scherzi, dubbi e complicità si accavallano, ascoltando una lettura recitata, guardando una recitazione letta.
Uno spettacolo teatrale che è sperimentazione, che è partecipazione del pubblico, che è condivisione d’intenti e d’amicizia, affinità di pensiero fra Rossana Bonafede, l’unica attrice e Lorena Salerno, l’autrice. In un cambiarsi d’accessori, l’uno dopo l’altro, con cui cambia anche il monologo, in una carrellata di stereotipi di donne e di amori, ove resta l’amore, l’unico protagonista indiscusso, più di lei, Rossana, che inscena quattro diverse tipologie di donne innamorate e più di lui, Salvo, di nome e di fatto, in via metaforica e simbolica, s’intende.
E siccome si sa “la gente è strana, prima si odia e poi si ama”, con queste premesse sulle note di Mia Martini, inizia quello che più che uno spettacolo teatrale diviene un flusso di coscienza amoroso, amorevole, amabile; intriso di gioia e di dolore, di follia e di cambiamento, di verità e di menzogna, in «una concezione dell’amore che allo stesso tempo può essere costrizione, riflessione, ironia o salvezza, dipende solo da noi.»

Lorena Salerno e Rossana Bonafede in teatro
Lorena Salerno e Rossana Bonafede

Lorena uno spettacolo sui generis, con un’unica protagonista e cinque monologhi, come è nata l’idea?
«E’ nato tutto assolutamente per gioco, durante una discussione fra me e Rossana, un po’ al telefono, un po’ al supermercato, chiacchieravamo e ci è venuto in mente di parlare della salvezza dell’amore. Ora siamo alla decima replica, questa è la prima in teatro, di solito erano spazi non teatrali. Sono storie d’amore, sono spunti di vita messi giocosamente in scena.»
Rossana, L’amore è salvo, ma salvo da chi, da cosa?
«Beh, Salvo è un comune denominatore, è anche un nome proprio, salvo come aggettivo e Salvo come Salvatore. Salvo è il protagonista maschile unico dei quattro amori, tranne nel quinto in cui abbiamo Salvatrice. Beh, Salvo significa anche salvezza, è salvifico, l’amore lo è.»
Sì, ma non mi hai risposto, salvarlo da cosa? (incalzo scherzosamente)
«Dobbiamo salvarlo da noi stesse –interviene Lorena- solo volendo bene a noi possiamo voler bene agli altri. Salvo è un concetto metaforico, che agisce in modi e contesti diversi, ma alla fine è sempre un uomo.»
Rossana, quali sono le quattro tipologie di donna che interpreti?
«Il primo monologo è il più toccante, affronta il tema dell’amore malato, del femminicidio, della donna che entra in un vortice dal quale non riesce a liberarsi. Il secondo vede una donna che in qualche modo sottostà a Salvatore, lei è una borghese apparentemente emancipata, ma realmente condizionata in tutto dal suo uomo. Il terzo amore è vissuto da una giovane nazional popolare, è un amore like che si nutre di social. Infine il quarto, l’amore, forse, più vero, quello fra una donna avanti negli anni e un uomo parecchio più giovane di lei, sì, forse questo è il più vero –interviene ancora una volta Lorena- perché è un amore pulito, tenero, davvero sentito e forse vittima di quel vivere borghese in cui l’età condiziona fortemente. Ho scritto di questo amore dopo aver conosciuto delle coppie di anziani con una grande vitalità ed un segreto: l’amore, sì l’amore nonostante l’età, perché, si sa, il sentimento accorcia le distanze.»

Rossana Bonafede in teatro
Rossana Bonafede (Foto di Enrico Gras)

Nel vostro spettacolo l’amore viene trattato dal punto di vista femminile, e gli uomini? Amano anche loro?
«Gli uomini amano, sì, ma amano solo quando tu ti ami –sottolinea Rossana- è scientificamente provato. Gli uomini amano una donna che è indipendente ma non troppo, forte ma non troppo, dolce al punto giusto.»
Lorena sono quattro le donne e quattro le tipologie di amore, ma quello giusto qual è? Cosa è l’amore? Possiamo darne una definizione unica e pensare che questa sia valevole per tutti?
«Beh non c’è una tipologia giusta, tutte fanno parte della vita, il modo di amare è sempre diverso. Ci sono degli stereotipi comuni, ma il tormentone è sempre quello di salvarlo, l’amore, perché alla fine in questo spettacolo gli uomini sono visti sempre un po’ perdenti.»
In tutti i monologhi?
«Sì, ma in maniera simpatica.» (sorride)
Bene, allora possiamo dire simpaticamente perdenti? (ridiamo tutte)
«Sì, possiamo. Una volta un tizio, dopo aver visto lo spettacolo, mi ha detto di stare malissimo, si sentiva Salvo, il protagonista, vedeva gli altri ridere e si sentiva distrutto.»
Allora è uno spettacolo catartico il vostro?
«Forse, sì, un poco lo è.»
Lorena in una precedente intervista hai dichiarato: “L’emancipazione femminile è una strada ancora in salita che deve partire da noi“, cosa è l’emancipazione e come ci si arriva?
«E’ una domanda da un milione di dollari. C’è ancora tanto da fare. Io che rappresento la fascia medio borghese mi rendo conto di essere ancora vittima di stereotipi e situazioni che mi relegano in dipendenza dalla figura maschile. Penso anche al lavare, pulire, fare la spesa, caricarmi come un mulo, … e paradossalmente l’unico momento di emancipazione è quello in cui scrivo e lavoro con Rossana, voglio dire che l’emancipazione la trovo più nella solidarietà femminile che non nel rapporto con un uomo.»
La sicilianità da un lato e la famiglia d’origine dall’altro quanto possono incidere in amore?
«Incidono moltissimo, lo vediamo negli stereotipi dei monologhi inscenati, non è una questione di tempi, di cronologia, è una questione di ruoli. L’uomo e la donna sono due pianeti diversi e l’unica soluzione per salvare l’amore è non voler cambiare l’altro, ma cercare di creare un percorso insieme.»

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