Pino va e viene da luoghi distanti tra loro, eseguendo gli ordini di un mandante misterioso. Nunzio si sente prigioniero delle sue pasticche e della sua tosse perché affetto da una malattia ai polmoni ma non rinuncia a pregare davanti l’immagine del Sacro Cuore di Gesù. “Nunzio”, opera prima di Spiro Scimone, interpretato da Francesco Sframeli e Spiro Scimone, è considerato da molti esperti di teatro la svolta della drammaturgia contemporanea, in quanto si snoda attraverso un dialogo incalzante in dialetto messinese, congegnato con tempi talmente stretti da rendere ossessive le domande e le risposte. La scrittura e la messa in scena del testo risalgono al 1994. Da allora, la pièce è stata pluripremiata e tradotta in tante lingue (dal francese al tedesco dal portoghese al greco), rappresentata sui palchi più importanti e nei festival più apprezzati dell’intera Europa (tra cui il Festival d’Automne à Paris, il Kunsten Festival des Arts di Bruxelles, il Festival de Otoño a Madrid) e degli Stati Uniti. E’ stata riproposta lo scorso 8 novembre, a Messina presso la Sala Laudamo, come apripista della rassegna teatrale “La Prima Volta”, organizzata da Gigi Spedale, produttore ed organizzatore teatrale e cinematografico, Dario Tomasello, docente e consulente di rassegne di drammaturgia contemporanea e Vincenzo Tripodo, regista, presidente dell’Associazione Culturale “Querelle” e direttore artistico di ActorGym. L’opera (un atto unico) è stata lontana dalla città dello Stretto per diversi anni anche se, dichiara Scimone, “abbiamo portato Messina nel mondo”. Questo è il destino di tutte le opere (arrivate a sette) della compagnia Scimone-Sframeli, fiorita proprio in quell’annata speciale, il 1994, che ha segnato la svolta della carriera per i due artisti messinesi alla ricerca di linguaggi caratteristici ed immediati. L’incontro con uno dei più illustri registi internazionali, Carlo Cecchi, è stato fortunato. Il maestro ha sposato la storia di queste due solitudini che si intrecciano e convivono in una cucina sgangherata tra “sclerotizzata alienazione” e resistenza umana. Il teatro di “Nunzio” rispecchia un conflitto, secondo Cecchi, tra un contenuto veristico realistico e l’impossibilità di prenderne coscienza da parte dei protagonisti, ai margini della società. L’interpretazione di Scimone e Sframeli è sempre innovativa, sotto l’aspetto dell’espressione verbale e gestuale. In quelle battute stringate e comiche, si legge la straordinaria intesa; in quei rituali come la preparazione di un caffè o della valigia o le chiacchiere a tavola scolandosi una bottiglia di vino, si legge l’intimità di un’amicizia. In quell’unica stanza, la cucina, Nunzio fantastica sul passato e sul futuro, parla goliardicamente di donne, rifiutando la sua malattia e comprendendo le assurde scelte di vita dell’amico Pino senza tante parole. Malgrado i drammi di entrambi siano sfondo e filo conduttore della trama, “Nunzio” si rivela un’opera dalla comicità agra e, allo stesso tempo, leggera. Una storia disarmante quanto il rapporto confidenziale, nella finzione scenica e non, dei due attori. E’ uno di quegli spettacoli di prosa che non ci stancheremmo mai di rivedere e che, rivedendolo, ci sembrerà sempre più brillante e toccante. Il linguaggio di “Nunzio” è garanzia di novità perché, sebbene scritto negli anni Novanta, inserisce anche clichés cinematografico – televisivi. Non a caso la piéce debuttò nel Festival Internazionale di Taormina che, in quell’occasione, celebrò Eduardo De Filippo, immenso conoscitore e promotore della nuova drammaturgia italiana. A lui e alla sua lezione di teatro Carlo Cecchi e la compagnia dedicarono lo spettacolo.
La critica teatrale si è sempre dimostrata unanime nel riconoscere il singolare talento di Scimone e Sframeli che, come dice Cecchi, “nasce da una necessità interiore di fare teatro”. Nunzio, oltre ad aver vinto il Premio IDI (Istituto Dramma Italiano) “Autori Nuovi” 1994 e la Medaglia d’Oro IDI per la Drammaturgia 1995, non perde un colpo neanche nella trasposizione cinematografica scritta, diretta e interpretata da Scimone e Sframeli. Così, il film “Due amici” ottiene il Leone d’Oro come Miglior Opera Prima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2002.
Nel frattempo e negli anni successivi, i due artisti accumulano trionfi attraverso l’ottima penna di Scimone che firma ancora “Bar” (1997: Scimone e Sframeli vincono il Premio UBU, rispettivamente come “Nuovo Autore” e “Nuovo Attore”), “La festa”, “Il cortile”, “La busta”, “Pali” (2009) e “Giù” (2012). Gli ultimi tre lavori vedono un passaggio di staffetta nella regia: Sframeli resta un bravo attore, ma prende anche le redini delle scene.
L’esigenza di accrescere la cultura del teatro a Messina ha spinto il circuito di “Querelle” a portare o riportare opere, già molto popolari in Italia e all’Estero che possono acquistare una nuova luce. Per questo, ogni spettacolo de “La prima volta” sarà supportato da un laboratorio di critica specializzata che attirerà autorevoli intellettuali, a cura di Vincenza Di Vita. Studenti universitari ed allievi dell’ActorGym saranno coinvolti in questo progetto di crescita.
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