Palco Off. In scena la storia di Romina Cecconi


Anna Meacci

I versi con cui Cesare Righi ha voluto fotografare il tema della diversità transessuale sono pregni di dolorosa poesia e densi di significato.

“La mia sensibilità abbandonata
nell’angolo buio della vostra realtà
in attesa del vostro risveglio
non prova vergogna
perché io sono me stessa”

Su questo tema la rassegna Palco Off, giunta quest’anno alla sua terza edizione, ha aperto la nuova stagione non più alla cartiera di Catania ma al teatro Chaplin. Sul palco Io la Romanina, storia del primo uomo in Italia diventato donna, per la drammaturgia di Luca Scarlini e la regia di Giovanni Guerrieri. Ne è protagonista Anna Meacci. “Racconta la storia di Romina Cecconi – commenta Francesca Vitale, direttore artistico della rassegna- la prima persona che ha avuto il coraggio di affrontare l’Italia assolutamente bigotta degli anni ’70, perché voleva sentirsi donna, lei che era nata uomo, e che, alla fine, la spunta riuscendo addirittura ad ottenere il riconoscimento anagrafico in un’Italia che era impreparata anche da un punto di vista normativo”.Romina Cecconi, il primo uomo diventato donna

copertina del libro Romanina
copertina del libro Romanina

Avete assegnato ad Anna Meacci il ruolo di protagonista nelle vesti di cantastorie?
“Conosco Anna Meacci e il talento che la lega agli spettacoli di impegno sociale, però devo dire che quando l’ho vista recitare in questo spettacolo a Torino per la prima volta, ho notato questo straordinario suo coinvolgimento nel personaggio di Romanina, un ruolo che le calza a pennello, è riuscita benissimo a riassumere il maschile e il femminile nella sua abilità attoriale”.
Certo Handersen non poteva che essere tirato in ballo, era questa la sensazione della Cecconi, quella del “brutto anatroccolo”?
“Diciamo che la Cecconi si ritrovò una società completamente ostile che non solo la volle in galera, ma la confinò in un paesino della Calabria, sperando quasi che potesse essere dilapidata moralmente, invece, lei si fece amare, fu un brutto anatroccolo fiero di esserlo, e proprio così riuscì ad attirare le simpatie delle donne del posto rendendole più fiere del loro ruolo e più donne nei confronti dei loro mariti”.
Due battute sulle scelte del regista?
“Ho apprezzato moltissimo il taglio registico perché pur parlando di una storia così forte, è un taglio leggero e brillante, la regia ha ritmi veloci e non appesantisce per nulla la tematica già impegnativa, ricordiamo inoltre che quelli erano gli anni in cui l’Italia aveva le sue dive del cinema che erano la Bosè, la Loren e la regia sottolinea molto la leggerezza di questo sentirsi donna identificandosi nei miti femminili di allora”.
Come si pone questo primo spettacolo all’interno della rassegna? Quale filo lo lega agli altri?
“Io dico sempre che non c’è un filo, il filo potrebbe essere semmai l’attenzione alla contemporaneità, alle tematiche che gli spettatori sentono come vicine a se stessi e sulle quali possa accendersi il dibattito che, come ogni sera, a Palco Off, si accende alla fine di ogni spettacolo fra attori e pubblico”.
Un nome che va spiegato quello della vostra rassegna, perché Palco Off?
“Perché è una rassegna fuori dagli schemi tradizionali, sono tutti spettacoli scritti dagli stessi attori, non sono spettacoli finanziati dal circuito teatrale tradizionale, sono tutti spettacoli d’essai, di alto livello, quello che io chiamo “off” è quello che si trova nei fringe festival per esempio Edimburgo, Avignone da cui ho tratto due degli spettacoli che sono in rassegna”.

Francesca Vitale
Francesca Vitale

Fra gli spettacoli degni di nota?
«Potrei citare, Slegati, spettacolo sullo sport estremo, storia vera di alpinismo e di amicizia; parleremo anche di Commedia dell’Arte, ci sarà Enrico Bonavera, erede dell’Arlecchino mondiale Ferruccio Soleri, che, ormai ottantenne, ha passato proprio a lui tutta l’eredità; poi ci sarà Tre desideri brillante commedia scritta da un autore inglese che ha vinto il premio per l’originalità al festival di Edimburgo”.
Questa rassegna vedrà un cambio di location, dalla Cartiera al teatro Chaplin. Una scelta obbligata.
“Direi una necessità perché il Brass Jazz Club ha sospeso le sue attività e ha chiuso il club che aveva costituito alla Cartiera, così ho cercato una location, diciamo, più teatrale che ho trovato alla sala Chaplin, un teatro che definisco bohemien, a misura d’uomo e di certo molto accogliente, ero molto affezionata alla vecchia location, ma sono certa che qui inizierà una nuova era”.

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