“È morto Lucio Dalla”….Dall’annuncio alla realizzazione c’è voluto un po’ per me. Il tempo per fare riaffiorare i ricordi e per ripassarli uno ad uno, quasi a volere trovare la giustificazione a quel colpo allo stomaco, a quelle lacrime sgorgate senza neppure volerlo, a quel silenzio che insieme ai miei colleghi, radiofonici da una vita, abbiamo vissuto come unica risposta alla sua scomparsa. E così oggi che persino “La prova del cuoco” ha chiuso sulle note di Caruso, oggi che i tg hanno approntato i loro “coccodrilli” in fretta e furia, più infarciti di note che di parole, io faccio il mio personalissimo rewind e mi ritrovo al centro di Bologna, con 22 anni di meno e l’agitazione della principiante che incontra il grande personaggio. Lui, Lucio, presentava alla radiofonia che contava il suo gioiello, la Pressing, la sua etichetta discografica. Pochi anni di gloria e il vanto di avere dato spazio alla sua dimensione di talent scout, proprio a partire dal lancio di quel Samuele Bersani che il destino ha voluto dividesse con lui l’ultimo Sanremo.
Giro i locali di quell’appartamento antico tra colleghi, addetti alla promozione, sbirciando disattenta le vecchie copertine di dischi appese alle pareti, gli affreschi su quel soffitto che mi sembrava fosse alto venti metri, emotivamente proiettata a quell’incontro, a quel “registratorino” con le vecchie cassette, che dovevo riportare a Catania con un’intervista degna di chiamarsi tale…. Oggi realizzo che se in tanti anni di mestiere ho maturato la convinzione che il valore artistico vada di pari passo con quello umano un po’ lo devo anche a lui. In quello studio di Bologna, accogliente ed inquietante allo stesso tempo: luce soffusa, un solo faretto puntato su un grandissimo quadro rappresentante la parte cattiva dell’essere umano, una chaise-longue ricoperta da un tessuto prezioso, lui mi accolse con fare apparentemente distratto, ma gli bastò pochissimo per consegnarmi la sua fiducia. Bastò una mia domanda, la prima, per aprirsi senza riserve. Nessun divismo, nessun preconcetto. È il dono dei grandi. Di quelli che non hanno bisogno di forzature per palesare il loro valore. Fu la mia assicurazione per il futuro. Di “cassette” come quella ne riempii tante. Amabili chiacchierate travestite da interviste, su un tappeto di musica e di canzoni che sono tutte ormai innegabilmente consegnate alla memoria, compresa la mia amatissima “Soli io e te”.., ma questa sarebbe tutta un’altra storia.
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