Trinacria sulla luna- Pitrè senza gravità ha debuttato a Catania


pitrè

Trinacria sulla luna- Pitrè senza gravità dopo il successo della prima messa in scena a Messina,  ha debuttato anche a Catania. Andato in scena al centro Zoo delle Ciminiere, è nato da un progetto di Luca Recupero, regia e testo di Gaspare Balsamo.

Lo spettacolo altro non è che un bellissimo “cuntu” di strada raccontato da quattro bravissimi cantastorie : Gaspare Balsamo, Biagio Guerrera , e le musiche dal vivo di Puccio Castrogiovanni (fisarmonica, mandolino, marranzano e voce) Giancarlo Eliodoro Parisi (chitarra, marranzano, zampogna e voce) e Luca Recupero (percussioni, marranzano e voce) che celebrano attraverso la musica e i canti popolari la storia dell’ etnografo palermitano Giuseppe Pitrè, nel centenario della morte.

L’esibizione è un viaggio dei cinque poliedrici artisti che in dialetto siciliano dagli scioglilingua al “ lamentu”, vecchio canto funebre popolare, hanno messo in scena elementi biografici della vita del Pitrè e vari frammenti sparsi dei cunti raccolti dallo stesso.

Le storie di Pitrè sono paragonate alle storie dei Fratelli Grimm, ed il parallelismo è notevole soprattutto nel racconto di Agatuzza Messina del 1871 tratto dalla Biblioteca dei Canti Popolari è facile rivedere un accenno delle “Scarpe logorate dal ballo”, o della famosissima “Cenerentola”, solo che a differenza dei Grimm, Pitrè scelse di mettere nero su bianco, le storie della sua terra, così come lui stesso le ascoltava e come gli venivano raccontate, in dialetto siciliano.

L’argomento è trattato con apparente leggerezza, infatti “senza peso e gravità” Pitrè viene rappresentato dagli attori in chiave burlesca e giocosa.

L’idea della regia è quella di richiamare “la leggerezza di Pi(e)treè sulla luna senza gravità, la Trinacria, come da tradizione nello spettacolo dell’opera dei pupi, torna sulla luna per cercare di recuperare il senno, sperando che San Giovanni, come un tempo con Astolfo, ci venga incontro e ci aiuti.”

Ma il senso celato dello spettacolo è profondo. Lo spettatore è portato a riflettere, il susseguirsi della storia stimola la conclusione finale, il riso è ironico e un tantino amaro e finite le musiche si svela l’inganno, la tradizione ha una sua importanza e va trattata con dignità anche se viene dalle classi basse del Popolo.

Il  dialetto e il suo uso che col passare degli anni si è tanto biasimato, ci conferisce dignità, il messaggio della regia è molto chiaro, la nostra Sicilianità una valenza l’ha.

 

Articolo Precedente Torrone al sesamo
Articolo Successivo Migranti: record di sbarchi nel 2016, Catania secondo porto italiano

Scrivi un Commento

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *