Un doppio affetto, per l’amante e per il marito, può albergare nella stessa persona, fino al punto di farla sentire due persone diverse? Questo aspetto della pirandelliana molteplicità dell’io è la “verità” della commedia La signora Morli, una e due che il drammaturgo agrigentino compose nel 1920 traendo ispirazione dalle sue novelle La morta e la viva (1909) e Stefano Giogli uno e due (1910). Il Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale sceglie proprio questo testo, in cui tutte le verità praticate oltre le regole sociali e le convenzioni umane creano
profondi contrasti, quale seconda delle due messinscena del Progetto Pirandello che, ormai da anni, viene proposto come omaggio al più grande drammaturgo italiano del Novecento e premio Nobel per la Letteratura. La pièce, che debutta al Teatro Brancati giovedì 31gennaio alle ore 21, sarà in scena fino a domenica 17 febbraio (secondo il calendario repliche della Stagione). Diretta dall’attore e regista Riccardo Maria Tarci, la commedia vanta le scene di Susanna Messina, i costumi delle sorelle Rinaldi, le luci di Sergio Noè. Protagonista della messinscena è l’attrice Maria Rita Sgarlato nei panni di Evelina Morli. Ad affiancarla, un cast di bravissimi attori e attrici da sempre legati alle produzioni del Teatro della Città: Filippo Brazzaventre nel ruolo del marito Ferrante Morli, Carlo Ferreri nel ruolo dell’avvocato Lello Carpani, e poi ancora Daniele Bruno (Aldo Morli, figlio di Evelina e Ferrante), Santo Santonocito (avvocato Giorgio Armelli, socio del Carpani), Anna Passanisi (Lucia Armelli), Tiziana Bellassai (Amelia Tuzzi, amica di Evelina) e Gianmarco Arcadipane (Ferdinando, il cameriere). «La signora Morli – spiega il regista Riccardo Maria Tarci – è stata scritta e rappresentata per la prima volta nel 1920. Quasi un secolo fa. È cambiato qualcosa? Sotto certi aspetti sì, ma l’essere umano e alcune sembianze della società sono rimasti uguali. Basti pensare all’ipocrisia della borghesia che, sia all’epoca di Pirandello, sia oggi si maschera dietro a certe convenzioni che una
“certa società” impone. Ancora oggi dietro il loro perbenismo, legato all’aspetto sociale, civico e religioso, molti professionisti sono obbligati a indossare una maschera». E se all’epoca di Pirandello, condurre una doppia vita poteva essere scandaloso, oggi non è poi così clamoroso. «Ho voluto – continua Tarci – attualizzare un testo di cento anni fa, perché in fondo non è proprio cambiato nulla. Anche se, non bisogna sottovalutare il ruolo della donna che, sia allora che oggi, spinta sempre da sentimenti più autentici, è disposta a sacrificare il suo essere donna rispetto all’amore materno».
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