Crollasse il mondo è la novità assoluta della giovane drammaturga Alessandra Mortelliti (nipote dello scrittore Andrea Camilleri) che, dopo il successo riscosso nella scorsa stagione con “La vertigine del drago”, torna al teatro Musco, per la stagione dello Stabile etneo con un nuovo testo nell’ambito del cartellone “L’isola del teatro”.
Lo spettacolo, frutto della coproduzione tra l’associazione culturale 15 Lune e Artisti Riuniti, è stato affidato all’efficace regia di Massimiliano Farau. Le scene sono curate da Fabiana Di Marco e illuminate dalla light designer Camilla Piccioni. Di Ilaria Albanese i costumi, mentre i tecnicismi sono di Francesco Traverso.
Alessandra Mortelliti firma un testo allucinato al limite dell’onirico, di cui è anche interprete graffiante, nei panni di Luisa, veemente e passionale. Al suo fianco David Coco, che incarna il respingente Reginaldo, individuo ispido e quasi alienato. È in scena fino al 15 febbraio.
La trama di Crollasse il mondo di Alessandra Mortelliti
Luisa e Reginaldo rappresentano due mondi distanti e separati, due meteore che per caso gravitano attorno alla stessa orbita e, inevitabilmente, si scontrano. Lui è claudicante, silenzioso, ha lo sguardo perennemente attonito; lei è logorroica, esuberante, sempre sopra le righe. Si incontrano per caso in occasione di un concorso per sosia di cantanti famosi: due personaggi borderline, ai margini della società, dilacerati fra slanci vitalistici e pulsioni suicide, raccontati con dolcezza e ironia, attraverso una chiave comica – a tratti grottesca- eppure mai priva di compassione.
Per il regista da qui «prende vita un mondo periferico, notturno, un universo urbano desolato, lancinato da luci al neon e da suoni laceranti; un mondo in cui si possono riconoscere infiniti riferimenti filmici, letterari, pittorici: da Edward Hopper al “photorealism” americano, dal “noir” al melò, da Lynch a Shepard, ma senza che mai il piacere della citazione prevalga sulla forza assolutamente primaria, viscerale e diretta del racconto».
Si tratta di una storia di solitudini con un imprevisto riscatto nell’epilogo. Luisa irrompe nella stanza di Reginaldo – in un fatiscente motel dove i due alloggiano per la notte – in cerca di rifugio e protezione. In questa convivenza coatta, il tempo si trasforma in una bolla sospesa in cui l’uomo e la donna instaurano un’amicizia involontaria, nell’attesa che qualcosa accada là fuori. Un passato scomodo viene pian piano alla luce nei dialoghi serrati, tracciando la linea di due vite che, per azione del caso, si saldano in un destino comune.
«È una trasfusione di vita – racconta Farau- che una donna inconsapevolmente salvifica pratica, forse senza accorgersene, ad un uomo consumato dal senso di colpa e dal dolore; con un finale che ci dà sollievo e ci commuove. Perché questo fa il teatro di Alessandra: fa ridere, emoziona ed inquieta. Spesso nel medesimo istante».
«Quando si apre il copione di “Crollasse il mondo”- continua ancora il metteur en scene- c’è un dato oggettivo che non può mancare di colpire l’osservatore: le didascalie superano sensibilmente, in estensione, il testo dialogato. Nella mia esperienza di regista solo con “L’ultimo nastro di Krapp” di Samuel Beckett mi sono trovato di fronte a una situazione simile e, così come allora, devo rispettare, con totale fiducia e scrupolo assoluto, l’esattissima partitura di gesti, silenzi, pause, sguardi, parole che l’autore ha, con tanta chirurgica precisione, messo su pagina. Solo così ci si rende conto che l’evento drammatico non risulta generato esclusivamente o principalmente dall’azione verbale, ma dall’esatto succedersi e combinarsi di parole, gesti, condizioni di luce, rumori, suoni, immagini e che tutto ciò sprigiona prepotentemente “senso”. E che alterare un solo elemento significherebbe raccontare un’altra storia».
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