Scandagliare il rapporto tra il Teatro e la Società, viaggiando lungo i confini della Memoria, che ne è l’elemento fondamentale. È in questo solco che si muove da tempo la ricerca sviluppata da Franco Branciaroli attraverso meditate rivisitazioni di capolavori che elaborano, in maniera affatto scontata, l’articolata tematica del “teatro nel teatro”. Ed è in questo contesto drammaturgico e poetico che s’inserisce Il teatrante, emblematica opera di uno dei massimi autori del Secolo Breve, il romanziere, drammaturgo e poeta austriaco Thomas Bernhard. Una pièce graffiante, raramente programmata in Italia, di cui Branciaroli – nella duplice veste di protagonista e metteur en scene – propone un nuovo allestimento in tournée nazionale, che approda dal 14 al 19 gennaio alla sala Verga per la stagione 2013/14 del Teatro Stabile di Catania.
La coproduzione, realizzata da CTB Teatro Stabile di Brescia e dal Teatro de “Gli Incamminati”, si avvale della traduzione di Umberto Gandini e offre una messinscena affidata a firme prestigiose: scene e costumi sono infatti di Margherita Palli, le luci di Gigi Saccomandi. Sul palco, accanto al grande attore e regista milanese, agisce un cast di prima qualità che annovera (in rigoroso ordine alfabetico) Barbara Abbondanza, Tommaso Cardarelli, Melania Giglio, Daniele Griggio, Valentina Mandruzzato e Valentina Violo.
Scritto da Bernhard nel 1985, pochi anni prima della morte, il lavoro racconta di un oscuro teatro di provincia, di uno spettacolo impossibile e di un attore-autore di origine italiana, frustrato e megalomane, stretto tra la propria ambizione – che gli fa scrivere testi deliranti e respingenti – e le necessità della compagnia, composta dalla sua stessa famiglia. Tra invettive e paradossi il vecchio attore vedrà fallire l’ennesimo tentativo di portare in scena “La Ruota della Storia”, già nel titolo la sua creazione più pretenziosa.
Il teatrante è stato rappresentato per la prima volta nel 1985 al Salzburger Festspiel dal regista Claus Peymann, e da lui stesso riallestito con gli stessi attori allo Schauspielhaus di Bochun e al Burgtheater di Vienna, nel 1986. Un testo di tale spessore si pone in piena consonanza, come si è anticipato, con la riflessione intrapresa da Branciaroli, in cui il teatro non è solo lo strumento bensì il soggetto della narrazione scenica, territorio magico e totem culturale da conquistare.
«Come l’uomo è corpo e anima (psychè), così la società – spiega lo stesso Branciaroli – ha bisogno di senso pratico ma anche di sogni: fin dalla sua fondazione mitica il teatro ha il compito di fare da collante tra i due elementi ed è, in questo senso, la più completa delle arti. Ma i tempi “cattivi” sembrano condurre questo millenario sodalizio tra sogno e realtà verso il definitivo divorzio. Pessimista come nessun altro, Bernhard non dà possibilità di riscatto né al teatro né all’uomo. Eppure, proprio nel recitare il proprio fallimento fino all’ultima goccia di sangue, il teatro compie ancora una volta un (forse) inutile ma non meno sorprendente miracolo. Se la visione di Bernhard è tra le più pessimiste della letteratura europea, la vitalità con cui rappresenta la propria negatività contraddice le sue premesse filosofiche: grottesco, comico fino alle lacrime, tutto pervaso da una ruvida tenerezza che è come il fantasma dell’ormai impossibile pietà».
Branciaroli si conferma dunque ospite graditissimo e costante delle stagioni del Teatro Stabile di Catania e del pubblico etneo, che anche lo scorso anno lo ha applaudito – sempre come regista e protagonista – in Servo di scena, affiancato ancora da Tommaso Cardarelli. Ma mentre nella commedia di Harwood, intrisa di tematiche affini, la memoria è il presupposto stesso dell’azione scenica, con Il teatrante questa viene messa direttamente a tema, attraverso il l’incessante, monologante argomentare affidato al ruolo del titolo.
Scrivi un Commento