I percussonici in concerto per presentare il loro ultimo lavoro “Carapace” sabato 28 giugno al Qubba libre in Contrada Qubba a Catania.
La parte superiore di un guscio: un po’ protegge, un po’ si mostra; tante tessere che compongono uno splendido disegno geometrico: è questo il carapace, la parte superiore esterna del guscio delle tartarughe, ed è questo il nuovo disco de Ipercussonici, Carapace: un grande mosaico che compone il mondo sonoro, culturale e umano di questa straordinaria band catanese.
Mille i suoni e gli strumenti che concorrono a disegnare questo quadro: dall’acqua che scorre nella bellissima bottiglia dal collo lungo posata lì da una nonna attenta (Fuje) alle campane sapientemente manufatte da abili fabbri di campagna (Ipercus-Suite), dalle corde pizzicate d’una kora dell’Africa Occidentale alle lamelle pizzicate dei marranzani siciliani: i suoni e i colori di Carapace attraversano con amore la Terra e la sua storia, quella attuale e quella più remota. Il disco nasce su queste solidissime basi culturali e non sorprende poter ascoltare in più tracce di Carapace il suono del didjeridoo – strumento a fiato di origine australiana -, formato da un ramo che canta, o del balafon – xilofono africano che risuona nella pancia di dodici zucche. Ed insieme a questi, tantissimi strumenti della tradizione musicale italiana; perché anche in Italia, per lunghi anni, si è ballato al suono di strumenti naturali, in una realtà tribale che ancora resiste in alcune aree, dove – in occasione di riti sociali o religiosi – si improvvisa per ore su temi musicali: una modalità difficile da rinchiudere o riformulare in una canzone, ma il cui spirito percorre l’intero disco.
Carapace è un ‘road-album’ – come affermano ironicamente Ipercussonici – ovvero un disco registrato in giro per il mondo, un disco senza casa inciso sull’uscio di mille tradizioni diverse, tale da poterle carpire lì dove nascono, ma anche da potersi mescolare alla Storia e alle Storie del mondo. Così, un po’ per gioco un po’ per riverenza, nell’introduzione di Percus-Suite si possono ascoltare tanti amici di madrelingue diverse che deformano, pasticciano con il nome ‘Ipercussonici’, mentre questo pezzo strumentale è una sorta di gioco ritmico o poliritmico tra popoli, formato da tante frasi differenti arrangiate per sole percussioni (Dun dun, sangban, marranzani e didjeridoo).
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