“Non sapete quello che state facendo”, sussurrò Bernardo Provenzano ai poliziotti che lo ammanet-tavano dentro il suo covo di Corleone l’11 aprile 2006, dopo 43 anni di latitanza. Erano le 11.21 di una mattina che il capo di Cosa Nostra aveva dedicato alla scrittura dei pizzini, l’unico strumento che utilizzava per comunicare con il mondo al di fuori della sua casa bunker. Bernardo Provenzano aveva comandato da sempre così, battendo i tasti delle sue macchine per scrivere. Dovunque si trovasse. Poi affidava quei messaggi, ripiegati sino all’inverosimile e avvolti dallo scotch trasparente, nelle mani di fidati mafiosi. La centrale di comando su cui si era fondato il trono di Bernardo Provenzano stava per intero su un tavolino. Chi è il misterioso “Nostro Signore Gesù Cristo”, sempre beninformato sul corso delle indagini, che Provenzano ringraziava nei suoi pizzini per avergli svelato la telecamera nascosta dai Carabinieri e per avergli offerto un rifugio sicuro dopo un blitz della Polizia? Chi sono gli altri destinatari dei messaggi, indicati con numeri in sequenza da 2 a 164? (da “Il Codice Provenzano”). La stagione del Teatro Garibaldi di Enna firmata da Mario Incudine e organizzata dal Comune in sinergia con l’Università Kore riprende la sua corsa martedì 9 gennaio alle ore 20.30 con “Binnu Blues – Il racconto del Codice Provenzano” uno spettacolo di e con Vincenzo Pirrotta, attore e regista teatrale tra i più apprezzati nel panorama nazionale, tratto dal libro “Il Codice Provenzano” (2008, Laterza) di Salvo Palazzolo, giornalista del quotidiano La Repubblica che da anni si occupa di mafia, e Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma. Vincenzo Pirrotta, accompagnato dalla chitarra di Charlie Di Vita (che firma le musiche originali), ripercorre in scena i 43 anni di latitanza del boss corleonese morto nel luglio del 2016. Gli ordini di morte, la falsa religiosità, la trama dei rapporti con gli insospettabili: nelle parole ritrovate dagli investigatori guidati da Renato Cortese (attuale questore di Palermo) prende forma il ritratto del padrino che custodiva i segreti della mafia siciliana. Tra un episodio e una canzone, lo spettacolo prende le mosse dall’efferato omicidio di Michele Cavataio (1969), i primi passi del boss nella malavita organizzata, che Pirrotta mette in ridicolo utilizzando le sue stesse parole sgrammaticate di un italiano stentato. In alcuni passaggi la recitazione si fa canto e i pizzini diventano un canto blues «Perché – dice Pirrotta- attraverso il blues, un genere musicale che contiene il germe della contestazione, i neri d’America costretti nei campi di cotone manifestavano tutta la loro rabbia. Allo stesso modo esprimo tutta la rabbia dei siciliani onesti, quelli che non si arrendono alla mafia, per ciò che è accaduto nella nostra terra a causa di quell’uomo e dei suoi complici».
Dopo i primi passi e la lunghissima latitanza, lo spettacolo di Pirrotta passa in rassegna anche gli ultimi anni del capomafia, quelli vissuti tra il carcere e i tribunali, fino alla morte. Che però lascia aperti molti interrogativi.
Lo spettacolo “Binnu Blues” sabato 13 gennaio alle ore 20.30 segna anche la ripresa della stagione del Teatro Regina Margherita di Caltanissetta firmata da Moni Ovadia e organizzata dal Co-mune con il sostegno di Crodino e Caltaqua.
BINNU BLUES
Il racconto del codice Provenzano Tratto dal libro “Il Codice Provenzano” di Salvo Palazzolo e Michele Prestipino. Adattamento, regia e con Vincenzo Pirrotta Musiche originali suonate dal vivo da Charlie Di Vita.
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