Il racconto di Gesù attraverso le musiche di Fabrizio De Andrè


Gesù
Emanuele Puglia e Carmela Buffa Calleo

Nei giorni che precedono la Pasqua anche il Teatro Garibaldi celebra la resurrezione cristiana con Si chiamava Gesù il fortunato spettacolo di Emanuele Puglia liberamente ispirato a “Gesù figlio dell’uomo” di Gibran Khalil Gibran con brani tratti da “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè che sarà messo in scena a Enna giovedì 29 marzo alle ore 20.30 per la stagione firmata da Mario Incudine e organizzata dal Comune in sinergia con l’Università Kore. Uno spettacolo che vede in scena lo stesso Emanuele Puglia con Carmela Buffa Calleo e che nasce da molteplici stimoli artistici, culturali e professionali. Due le direttive principali attraverso le quali prende forma: la visione poetico-musicale, contemporanea, laica e pur sempre rispettosa della figura del Cristo di Fabrizio De Andrè, e quella altrettanto poetica, spirituale ma non iconografica, di un grande poeta e scrittore vicino al sentimento religioso quale è Gibran Khalil Gibran. Emanuele Puglia (che firma anche la regia) ha così tratto spunto dai testi dei brani del celebre concept-album di De Andrè e dall’idea “testimoniale” della raccolta di poesie/monologhi, meno nota ai più, di Gibran, miscelandone, adattandone, integrandone copiosamente le parole e i contenuti, creando così un “oratorio” di grande suggestione e intensità emotiva. In una sorta di “dietro le quinte” della versione ufficiale tramandataci dai Vangeli (canonici e apocrifi) della vicenda terrena del figlio di Dio, ogni personaggio offre il proprio punto di vista manifestando passioni, emozioni, reazioni accomunabili a quelle di tutti gli uomini d’ogni tempo e d’ogni luogo. La “trama” (se così la si vuol chiamare) si sviluppa attraverso le testimonianze sulla figura del Cristo da parte di personaggi storicamente accertati (Pilato, Caifa, il sommo sacerdote Anna, e altri) o appartenenti alla tradizione religiosa (Giuseppe, Maria, Giuda, Barabba, Simone di Cirene, il “Ladrone”…) ma anche personaggi di pura fantasia (come Nathaele, un giovane coetaneo di Maria infante; Susanna, un’amica di Maria sin dall’adolescenza, o Aisha, la madre di uno dei bambini soppressi nella strage di Erode) che evocano, senza che appaia mai, Gesù. Sono ovviamente le musiche del grande cantautore genovese, arrangiate e rielaborate con rispetto e originalità da Gianluca Cucchiara, a fare da leitmotiv al copione che si sviluppa attraverso il susseguirsi dei racconti dei tanti personaggi che si avvicendano, ed è sottolineato dal sapiente ed elegante gioco dei costumi curato, insieme all’impianto scenico, da Giuseppe Andolfo, e al raffinato disegno luminoso cucito sulla pièce dalla regia. Il risultato è una bella prova d’attore (i due interpreti, sempre in scena, affrontano tutti i personaggi con la recitazione e il canto) nella quale parole e musica fluiscono senza soluzione di continuità per un’ora e mezza di intense emozioni. Dai riscontri

sin qui ottenuti, “Si chiamava Gesù” si può definire uno spettacolo che persiste, nelle menti e nei cuori, ben al di là della sua effettiva durata, ben oltre il luogo fisico del teatro che lo ospita.

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