Il Teatro Stabile di Catania ospita la surreale Opera panica di Jodorowsky


opera panica

Opera panica (Cabaret tragico)è una pièce del cileno Alejandro Jodorowsky, del 2001, il cui titolo stesso svela argutamente come alla radice vi sia il tutto, il dio Pan, l’arte totale. Come realizzare in questo caso l’universo teatrale di uno dei maggiori intellettuali del nostro tempo? Se lo è chiesto il regista Pietro Dattola, che ha scelto di raccontare i quadri surreali che compongono questo capolavoro con una giostra di numeri circensi nello spettacolo, produzione DoveComeQuando, che sarà ospite del Teatro Stabile di Catania alla sala Musco, via Umberto 312, dal 2 al 7 febbraio, nell’ambito del cartellone L’isola del teatro, impaginato nell’ottica di porre in evidenza la sperimentazione di generi e linguaggi teatrali. Sperimentazione assoluta che si trova nel movimento teatrale, fondato nel 1962 dal regista di film di culto come El Topo La montagna sacra con Fernando Arrabal e Roland Topo, Panic, che si basa sul surrealismo magico. Una drammaturgia, quella di Jodorowsky mirata a scandagliare con profonda ironia la complessità del presente, declinando motivi e motivazioni del teatro dell’assurdo, ma prediligendo modi e moduli immediatamente fruibili. Così come sottolinea Dattola: “il lavoro si presenta al lettore come un testo nudo, ridotto all’essenziale: nessun contesto, nessuna didascalia, solo le battute, i personaggi indicati con lettere dell’alfabeto. Eppure, nonostante l’ostentata frammentarietà, Jodorowsky ha creato molto più di un mero insieme di scene. Sebbene i ventisei mini-quadri, pur orbitando tutti nella sfera dell’assurdo, vadano dal comico al poetico, dall’ironico al malinconico, dal logico-matematico al melò-tragico; e sebbene il loro argumentum sia sempre diverso, tutti condividono lo stesso tema: l’impossibilità, per l’uomo, di vivere senza ritrovarsi, alla fine, in qualche modo insoddisfatto, così nell’intimo come nella società, passando per le relazioni amorose”. La variegata sequenza di situazioni affronta tematiche fondanti, soprattutto il rapporto tra l’identità e il potere. Ma lo fa con mano leggera, laddove è la superfice comica del testo a svelare il sottotesto tragico, suggerendo quanto sia superfluo, ridondante, persino inutile, conferire una dimensione seria a problematiche inevitabili e insolubili, poiché connaturate alla natura e alla condizione umana. Che non potrà mai definirsi felice. Osserva ancora Pietro Dattola: “Tanto Jodorowsky è abile nel sondare questa inettitudine alla felicità dell’uomo, sia questi raffinato o rozzo, distaccato o carnale, forte o debole, quanto lo è nell’incantare lo spettatore con situazioni comiche, paradossali o poetiche che, recuperando le origini storiche del testo, noi abbiamo scelto di rendere in un contesto unitario di stampo circense: scene alle quali è impossibile assistere nella vita reale per quanto sono vere”. I costumi a tema sono di Maria Francesca Palli, gli elementi di scena di Alessandro Marrone. Il cast annovera Flavia Germana de Lipsis, Marcello Paesano, Andrea Onori, Letizia Barone Ricciardelli.

 

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