Per Etnafest i maestri della melodia: Bellini e Schubert


“Vincenzo Bellini e Franz Schubert: maestri della melodia” è il titolo del concerto che il Bellini Festival presenta il 18 settembre, alle ore 21, nell’Auditorium delle Ciminiere, con la  Provincia Regionale di Catania, che promuove l’evento nell’ambito della kermesse artistico culturale  Etnafest2012. Protagonisti Salzburger Solisten, con il soprano Karin Wolf-Bauer e il pianista Alejandro Picó-Leonís.

 

 La prima parte è incentrata sulle arie da camera di Bellini, tanto vicine alla liederistica schubertiana e mittleuropea in genere. Si parte dall’arietta composta dall’autore ancora dodicenne, “La farfalletta” (1813, su versi attribuiti al fratello dell’adolescente Marianna Politi che ebbe con Vincenzo un legame affettuoso) fino alla maturità di una creazione come “L’abbandono” (1833-34, su versi di anonimo). La locandina comprende pure le più celebri “Dolente immagine di Fille mia” (1821-24, testo attribuito all’amata Maddalena Fumaroli o più probabilmente al suo insegnante di lettere Don Giulio Genoino) e “Vaga luna che inargenti” (1833, anonimo).

 Seguiranno quattro delle “Sei ariette per Marianna Pollini”, (1827): la scelta è caduta su “Malinconia, ninfa gentile” (liriche di Pindemonte) e la terna “Ma rendi pur contento”, “Per pietà, bell’idol mio”, “Almen se non poss’io”, su testi tratti rispettivamente dai melodrammi metastasiani Ipermestra, Artaserse La clemenza di Tito. L’album venne dedicato da Bellini alla moglie del musicista Francesco Pollini: atto d’omaggio alla copia che lo aveva accolto e accudito come un figlio, fin dal suo arrivo a Milano, dove avrebbe presto raggiunto fama imperitura.

 La seconda parte del concerto è un incontro con le eroine disegnate dalla musica belliniana e dai versi di Felice Romani. Dalla “Sonnambula” (1831) rivivremo la scena di Amina al second’atto, mirabile sequenza di recitativo, aria e cabaletta, che racchiude l’infinito arco melodico di “Ah, non credea mirarti”.

Più drammatiche le emozioni che si riscontrano nei passi “Oh, s’io potessi ….Col sorriso d’innocenza…O Sole, ti vela!”, che segnano la follia di Imogene nel finale del “Pirata” (1827). Sublime melodia è anche “Angiol di pace”, che esprime catarsi e perdono in “Beatrice di Tenda” (1833).

 

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