Gioco d’azzardo, viaggio nel mondo del gambling visto con gli occhi delle giocatrici


azzardo

Cambia il modo di giocare d’azzardo, cambia la percezione che si ha dei giocatori, ma l’attenzione per il settore delle scommesse rimane sempre altissima. In Italia l’industria continua a far registrare numeri in positivo rispetto agli anni precedenti, crescendo di almeno 5 miliardi nel volume di gioco. Merito anche delle nuove tecnologie, oltre che dell’ingresso in campo di diverse tipologie di clienti.

Un recente studio condotto dall’Osservatorio del gioco ha infatti rivelato che è in aumento il numero di donne legate all’azzardo. Si tratterebbe del 29% del numero totale di scommettitori, una percentuale molto alta rispetto a quella registrata negli anni precedenti. Il fenomeno sta quindi interessando una quantità sempre maggiore di giocatrici, forse anche per la sua evoluzione tecnologica. Recarsi in un centro scommesse ha sempre comportato una sorta di biasimo da parte di almeno una fetta della popolazione locale, soprattutto in alcune zone d’Italia. In alcune province la mentalità corrente non accetta la presenza di una donna in un luogo che viene considerato di perdizione, o per lo meno poco consono a una signora. Per questo lo sviluppo dell’online gioca un ruolo fondamentale nel settore, con la sua garanzia dell’anonimato protetto da un account raramente riconducibile in maniera lampante a un’entità fisica.

A livello psicologico, la ludopatia femminile ha motivazioni differenti da quella maschile. Per le donne si tratta del bisogno di alleggerire la propria vita, magari staccare per un attimo da un’esistenza ricca di momenti stressanti: come madri, lavoratrici e in molti casi entrambe le cose. L’accostamento all’azzardo è quindi una modalità per alleviare la routine, per renderla meno monotona e meno faticosa da sopportare. L’uomo invece cerca di rafforzarsi con la propria dipendenza, magari con l’obiettivo di un riscatto sociale tramite un imprevisto guadagno economico. Forse anche per questo il gioco d’azzardo compulsivo nelle donne viene analizzato come un problema più impegnativo da risolvere, anche per la difficoltà a chiedere aiuto. Non è una novità che nella società moderna l’immagine del gentil sesso sia (purtroppo) ancora considerata molto rilevante, con tutti i rischi che questo comporta. Ne consegue che l’intervento delle strutture sanitarie nate per l’assistenza ai ludopati diventa complicato, non potendo sempre distinguere con chiarezza i casi meritevoli di aiuto.

Le stime elaborate dall’Osservatorio possono contribuire a rendere l’idea della portata del fenomeno, almeno su scala nazionale. Dei circa 60 milioni di cittadini italiani (da cui vanno sottratti i minorenni), il 36,4% sono giocatori. La maggior parte di loro può essere definita “giocatore saltuario”, che punta soltanto in maniera sporadica, magari insieme agli amici con la schedina del fine settimana. Due milioni di italiani rientrano nella categoria a basso rischio, 1,4 a rischio moderato. Un milione e mezzo di nostri connazionali può essere definito problematico, con una situazione a rischio malattia. Sono 13.000 le persone con un caso patologico accertato, in cura presso una struttura sanitaria nazionale dopo che gli è stata diagnostica una dipendenza da gioco. Inutile sottolineare come sotto questa cifra si nasconda un mondo in attesa di essere scoperto, come si sta riuscendo a fare poco alla volta. Anche perché soltanto monitorando costantemente il settore si riesce a intervenire con le modalità e le tempistiche giuste per aiutare i giocatori patologici.

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