Angelo Tosto: “Diciamo la verità, a teatro bisogna essere un pò zoccole”


Angelo Tosto foto Brunella Bonaccorsi

“Per diventare bravi attori bisogna sapere fare qualsiasi ruolo”. Visibilmente emozionato Angelo Tosto, nell’ambito della rassegna estiva “Catania … in prima”, nella cornice del cortile Platamone.

Interprete dell’esilarante commedia “Cari e Stinti” con Mimmo Mignemi e  Riccardo Maria Tarci, parla dei suoi primi passi e della realizzazione dei suoi progetti.

“Recitavo per diletto, poi abbandonai il lavoro di pubblicitario e così iniziarono i miei 35 anni  di professionista del Teatro”.

Angelo Tosto: l’intervista

Grande successo al cortile Platamone per l’inossidabile “Cari e Stinti” insieme a Mimmo Mignemi.

Sono trascorsi quindici anni dal primo debutto, pensavate che avreste potuto ottenere questo successo e com’è cambiata nel tempo la rappresentazione?

“Assolutamente no! Quindici anni fa Mimmo ed io festeggiavamo vent’anni di mestiere e quando iniziammo a scrivere “Cari e … Stinti” volevamo dare, soprattutto, a noi stessi una prova della nostra teatralità.

Volevamo capire se i nostri neuroni funzionavano ancora, così liberammo la nostra anima da teatranti utilizzando tutto quello che avevamo imparato.

A teatro, secondo me, bisogna essere un po’ “zoccole”, perché è necessario saper fare di tutto e bene. La componente principale per la realizzazione del nostro progetto fu la nostra esperienza ventennale e la nostra sana goliardia.

Nel corso degli anni lo spettacolo è stato ripulito, migliorato e adattato ai tempi. Io definisco il genere rappresentato come un “Teatro da Camera Cabarettato”.  Quasi ogni anno riprendiamo “Cari e … Stinti” facendo grandi tournee non solo in Italia, ma anche in Europa; ogni volta che partiamo c’è sempre una certa ansia, perché portare in giro uno spettacolo in siciliano può avere dei rischi, ma la nostra lingua natia ha un suono, una musicalità e una comprensione accessibile a tutti. Il “siciliano”fuori piace da morire. È inutile spiegare che “Cari e … Stinti” è un pezzo di noi, non c’è uno spettacolo che ci rappresenti di più; senza Mimmo o me lo spettacolo non avrebbe senso, perché è un prolungamento di noi stessi”.

Angelo Tosto: il suo percorso

Attore, cantante, regista, autore. Si forma alla scuole del Teatro Stabile nel 1978 e lo stesso anno debutta con lo spettacolo “Nel Paese della Zagara” con la regia del Maestro Giuseppe Di Martino.

Angelo Tosto, quali sono stati i sentimenti e le sensazioni che ha provato durante il debutto con una guida come Di Martino?

angelo tosto
Nella foto Mimmo Mignemi e Angelo Tosto

“Mi piace definirmi teatrante, perché, secondo me, solo così si può definire chi vive il teatro a 360°. Io facevo già teatro e quando m’iscrissi alla scuola di recitazione dello Stabile, non pensavo di fare l’attore come professione. Avevo una piccola ditta pubblicitaria e recitavo in una piccola compagnia amatoriale di Valverde. Avevo la sensazione che potevo migliorare la mia recitazione in modo d’aiutare tutto il gruppo nelle future rappresentazioni. Superai il provino, poi il teatro mi prese sempre più fino ad arrivare ad oggi”.

Centoquaranta spettacoli, ventisei regie, decine di film e innumerevoli partecipazioni televisive. In quale ruolo si sente più a suo agio?

“Il mio elemento resta sempre il Teatro, non c’è niente da fare, se potessi scegliere e potessi ritornare indietro metterei su un piccolo Teatro, anche in un garage, con soli cinquanta posti.

Creerei una mia Compagnia. Farei quello che mi è sempre piaciuto fare. Senza dubbio rimarrei comunque nell’ambito del teatro. Tutti quelli che fanno televisione alla fine cercano, sempre, la consacrazione nel teatro, perché solo attraverso esso si dimostra la vera capacità recitativa. Non mi dispiace neanche il Cinema, ma il mio amore è il teatro”.

A Teatro, oggi, non esistono quasi più i caratteri, ma solo primi attori come mai?  

“Quando cominciai c’era la ricerca spasmodica dei caratteri; elementi come Mimmo o me potevano fare tutti i tipi di personaggi. L’attore di oggi dovrebbe essere “promiscuo” . Un grande esponente di questa categoria fu Turi Ferro, il quale passava, con una semplicità assoluta, dal comico al drammatico; noi abbiamo cercato di fare lo stesso ne “La Vilanza”. La categoria degli attori promiscui, purtroppo, è una categoria molto ristretta. Oggi, forse, c’è un afflusso di primi attori, perché, probabilmente, ci sono altre sirene che attirano come la TV o il Cinema, che cercano il bello senza tenere conto della vera espressività recitativa. Ragazzi che provengono dai vari reality s’improvvisano attori, ma sono solo belli e per il loro aspetto possono fare solo i primi attori, ma è solo una condizione estetica, perché manca la base di tutto”.

Angelo Tosto con il passare del tempo non è più il ragazzino che s’innamora del teatro, ma diventa un personaggio pubblico.

Quanto può essere fastidiosa, a volte, la posizione che occupa nella società?

“Ci sono quelli che cercano disperatamente l’articolo, l’intervista e vanno nei locali alla moda per farsi fotografare, ma c’è chi, come me, ha scelto di fare teatro, perché ama il teatro. Io amo la mia privacy e non sono un presenzialista. Se vado alle Prime lo faccio, perché lo sento e perché c’è l’amico che recita. Essere personaggio pubblico mi obbliga ad essere ancora più corretto, perché chi occupa un posto nella società deve essere un esempio. Gli italiani sono stati etichettati come mascalzoni, sfaccendati o fannulloni, perché i vari politici, i vari personaggi pubblici non si sono comportati da esempio. Tutti, dal più piccolo al più grande, non hanno saputo mantenere un comportamento adeguato; se le cose fossero andate diversamente nel mondo avremmo avuto una pubblicità diversa”.

Un consiglio a tutti quei giovani che inseguono i propri sogni sperando di realizzarli.

“Il primo, andarsene dall’Italia qualunque cosa s’intenda realizzare, soprattutto, per questo lavoro. Per fare l’attore ci vogliono  due componenti essenziali: umiltà e presunzione.

Ci sono momenti in cui è doveroso essere umili ed altri in cui è fondamentale essere spocchiosi; il guaio è quando s’invertono le situazioni.

Ci vuole l’umiltà per capire se si hanno le capacità per fare questo lavoro e comprendere fino a dove si può arrivare e ci vuole anche una sana presunzione per rifiutare alcuni ruoli.

Fare l’attore è un lavoro complicato che non ha uno schema particolare, si devo solo imparare. Io ho imparato da tutto e da tutti, persino da una scena di “Guerre Stellari”; l’istinto deve lavorare dentro di noi. Il teatro si fa con l’istinto e con la pancia. Io tutta la vita ho imparato da tutti i grandi del teatro con cui ho lavorato e continuo ad imparare, perché l’attore imparerà fino all’ultimo momento in cui sale in scena”.

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