Antonella Petrosino: “Garantire dignità e libertà a tutti gli esseri umani”


“Io credo nella forza delle campagne di sensibilizzazione ed è giusto raccontare anche i particolari più raccapriccianti di una violenza in modo da scuotere le coscienze”. Queste le parole forti di Antonella Petrosino, avvocato civilista specializzato in immigrazione, durante l’incontro promosso dall’associazione umanitaria Amnesty International sulla difesa dei diritti umani. Moderatrice delle due tappe siciliane di Catania e Palermo, nella cornice del Palazzo della Cultura di Catania, spiega in occasione del Forum Human Rights Defender edizione 2013 Donne Attiviste testimonianze di tutela dei diritti” come il coraggio di una denuncia possa salvare non solo la propria vita ma anche quella di tante donne minacciate e violentate.

Lei è un avvocato che sceglie di non sottostare alle leggi di mercato e si occupa dei diritti umani degli immigrati. Cosa significa essere oggi in questo particolare momento storico un avvocato che difende i diritti umani?

“Ho scelto di occuparmi della tutela di quelle persone che subiscono nei loro paesi d’origine la violazione della loro libertà e dei loro fondamentali diritti a cui qualcuno più “forte”, chiamiamolo così, ha negato una vita. Le storie che ho avuto modo di conoscere superano la fantasia umana. Donne uccise non solo perché non vogliono prostituirsi ma anche perché rifiutano di soccombere alla volontà di un padre o di uno zio padrone”.

Ogni giorno nel suo lavoro è costretta ad occuparsi continuamente di violenza di genere. Centinaia di migliaia di donne quotidianamente vengono uccise in ogni parte del mondo. Cosa consiglia a tutte le donne che si rivolgono a lei durante il vostro primo incontro?

“Il primo colloquio è quello più difficile da affrontare e superare. A tutte le donne che si rivolgono a me dico sempre di non omettere nulla della loro storia e di avere nel mio operato la più totale fiducia. Le giovani provenienti ad esempio dall’ Africa Sud Sahariana, per una questione di pudore e cultura, preferiscono parlare con un persona del loro stesso sesso, perché mostrare o solo raccontare la violenza inflitta è vissuta con grande vergogna. La sincerità e la chiarezza è fondamentale in questo primo approccio, per capire la gravità e la profondità della storia. È doveroso denunciare immediatamente le atrocità subite in modo da ottenere una garanzia di protezione e riacquistare quei diritti che per troppo tempo gli sono stati negati. Solo attraverso riferimenti ben precisi come nomi, luoghi e circostanze in cui queste violenze sono state perpetuate abitualmente si può trovare la protezione adeguata”.

Riescono ad essere aiutate e protette nonostante i tempi infiniti della giustizia?

“Si. Non nego che le difficoltà oggettive ci sono ma per ottenere la giusta protezione tutte le donne di qualunque razza e cultura hanno bisogno di superare certi schemi mentali e affrontare particolari visite mediche in cui a volte è necessario fotografare determinate parti del corpo ed esporre con dovizia di particolari le dinamica dello stupro o delle coltellate”.

Occupandosi di donne al margine sa bene che esistono casi limite anche sotto casa. Non bisogna essere solo Congalesi o donne del sud del mondo per essere oggetto di violenza.

“Io mi sono specializzata in questo settore ma nel mio studio o nei centri delle associazioni in cui presto servizio difendo i diritti di molte catanesi in difficoltà. Nel 2013 è stata approvata una norma che consente alle donne maltrattate di allontanare il colpevole non solo dalla comune abitazione ma di escluderlo dalla propria vita. Questa è una conquista molto importante e può essere applicata sia in ambito civile che penale”.

Possiamo tracciare un identikit della donna che le chiede aiuto?

“Certamente. Sfatiamo i luoghi comuni. Non è solo la donna di Montepò, Librino o l’ africana senza permesso di soggiorno a chiedere aiuto ma anche la signora ingioiellata di Corso Italia. L’uomo violento proviene da qualunque ceto sociale e, a volte, gli insospettabili quelli con un reddito alto sono i più feroci”.

Lei è un’ attivista Amnesty International. Cosa dovrebbero fare, secondo lei, Istituzioni come Stato, Famiglia, Chiesa, per bloccare questa violenza ingiustificata?

“Si dovrebbe creare un dialogo tra gli specifici Enti per poter cambiare le leggi e garantire una dignità negata a tutti gli esseri umani. Amnesty International sta ottenendo grandi successi ma è fondamentale la cooperazione di tutti affinchè le logiche mentali di una società malata cambino”.

 

 

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