“Stiamo attraversando un grave momento storico: Università, Teatri, Musei, sono stati i primi a subire disastrosi danni; il nostro Ateneo, nonostante la crisi, gode di ottima salute”. Lo afferma con convinzione Antonino Recca, rettore dell’Università di Catania, giunto al secondo mandato.
Lo Statuto universitario catanese è stato al centro di tante polemiche e discussioni. Ultimamente è stato fatto anche un ricorso importante. Come sono stati superati gli ostacoli?
“Direi che l’approvazione dello Statuto è stata caratterizzata da un democratico confronto all’interno degli organi di governo dell’Ateneo, ma anche, con ampia partecipazione, nell’ambito della comunità universitaria. Ciò ha consentito di giungere, pur se il dibattito è stato talvolta acceso, all’approvazione dello Statuto a grandissima maggioranza dei componenti del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, anche con il Ministero la situazione si è normalizzata. L’Ateneo, per il confronto già avvenuto tra me e il ministro Profumo, confronto utile a chiarire alcuni aspetti, ha già modificato alcuni degli articoli dello Statuto in pieno spirito collaborativo con lo stesso Ministero”.
All’interno dell’ateneo ci sono state tante innovazioni, tra le quali ricordiamo il nuovo numero di membri del consiglio d’amministrazione. Un numero inferiore rispetto agli altri anni. Questa scelta è stata fatta per risparmiare, per ottenere un migliore affiatamento o per cosa? Quali sono state le novità più importanti?
“Quella di ridurre notevolmente il numero dei consiglieri di amministrazione non è stata una scelta precipua dell’Università di Catania, ma l’Ateneo si è conformato al numero massimo di componenti previsto dalla legge Gelmini, cioè undici. Si tratta del rettore, componente di diritto, di tre membri esterni ai ruoli dell’Ateneo, di cinque docenti a tempo indeterminato e di due rappresentanti degli studenti. Certamente, questa composizione potrà migliorare l’efficienza di quest’organo di governo, anche perché la normativa e lo Statuto attribuiscono al Consiglio funzioni di indirizzo strategico, di approvazione dei bilanci della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale, e di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività. Compiti, quindi, ben differenti rispetto a quelli assegnati al Senato accademico, al quale compete di formulare proposte e pareri obbligatori in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti, nonché di attivazione, modifica o soppressione di corsi, sedi, dipartimenti e strutture”.
Le lauree ad honorem suscitano sempre grande interesse e grandi discussioni. Si parla di una possibile laurea ad honorem al ministro dell’Interno Cancellieri, ex prefetto di Catania. C’è un grande clamore attorno a tutto ciò. Pensa che accadrà come è successo per Francesco Caltagirone, parente di Casini?
“La possibile laurea honoris causa alla dottoressa Anna Maria Cancellieri, per molti anni prefetto di Catania e ora ministro dell’Interno nel governo Monti, scaturisce da una proposta del dipartimento di Scienze umanistiche, che ha deliberato di concedere tale prestigioso riconoscimento alla dottoressa Cancellieri anche per la lunga attività collaborativa da lei svolta con il nostro Ateneo e, in particolare, con la facoltà di Lettere e filosofia durante gli anni della sua permanenza a Catania quale prefetto. La delibera del dipartimento sarà inviata, come previsto dalla vigente norma di legge, al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per la necessaria autorizzazione. Per quanto concerne il “grande clamore”, ho il dovere di dire che la dottoressa Cancellieri è persona dal grande impegno sociale, etico e culturale, così come ha ampiamente dimostrato durante gli anni della sua presenza a Catania. Se invece il “grande clamore” avesse a riguardare la laurea honoris causa a Francesco Bellavista Caltagirone, ricordo che la proposta è stata allora avanzata dalla facoltà di Scienze politiche per particolari meriti acquisiti nel settore turistico siciliano, in qualità di imprenditore di numerose strutture alberghiere di eccellenza, e che ha seguito l’iter prescritto dalla legge, ottenendo il pieno assenso dell’allora ministro Mariastella Gelmini”.
Gira voce che le sedi decentrate saranno presto chiuse per mancanza di fondi. Quali saranno i prossimi movimenti all’interno dell’attività universitaria catanese? Che fine faranno gli studenti delle sedi decentrate?
“Abbiamo ormai ufficialmente aperto una nuova fase nella politica sul decentramento dell’Università di Catania. Nella seduta del 30 marzo scorso, il nuovo Consiglio di amministrazione dell’Ateneo ha approvato una delibera che traccia il futuro delle sedi di Ragusa e di Siracusa.
Dal 2014, a Siracusa, e dal 2015, a Ragusa, da quando, cioè, scadranno gli accordi con transazione firmati dall’Università di Catania nel 2010 per il mantenimento delle due sedi decentrate, gli oneri delle due nuove strutture didattiche speciali di Architettura e di Lingue e letterature straniere, che hanno preso il posto delle vecchie facoltà, saranno interamente a carico dell’Ateneo.
Nascerà così l’Università “a rete” di Catania, con corsi di studio opportunamente distribuiti tra la sede principale di Catania e le sedi territoriali aretusea e iblea. L’Università “a rete” era oltretutto uno dei dieci punti del programma di ampio respiro che avevo sottoscritto con l’altro gruppo che ha contribuito alla mia prima elezione, nel 2006, dopo il primo turno di votazioni”.
Per il 2012 sono stati stanziati all’università di Catania 172 milioni di euro ovvero 42 milioni in meno rispetto a 6 anni fa. Come affronterà l’ateneo tutto ciò?
“Ormai da anni le università italiane sono colpite da tagli, notevoli e rilevanti, rispetto alla loro fonte principale di finanziamento costituita dal cosiddetto fondo di finanziamento ordinario, il budget ministeriale che lo Stato assegna a ciascun Ateneo. E’ ben chiaro che tali tagli sono l’espressione di un momento di grave difficoltà economica per l’intero Paese, per l’Europa, per l’economia globale nel suo complesso. Ciò ha imposto al nostro Ateneo un’attenta revisione della sua politica di spesa, sempre più improntata a rigore e sobrietà, volta a eliminare il superfluo, a partire dai gravosi oneri derivanti dalle tante sedi decentrate che l’Università di Catania ha progressivamente disattivato a partire dall’anno accademico 2006-2007, praticando la risoluzione anticipata delle convenzioni e il recupero coattivo delle debenze non onorate da parte di tanti enti territoriali. Al fine di mantenere in salute il proprio bilancio, e di far sì che la percentuale di indebitamento dell’Ateneo resti una delle più basse d’Italia, si è reso necessario praticare numerosi tagli rispetto al livello delle spese precedenti alla crisi finanziaria, tagli tuttavia di tipo razionale e non lineare, realizzati mediante un oculato controllo di gestione riguardante ogni spesa di funzionamento, dalle manutenzioni ordinarie alla cancelleria, dalle spese per trasporti a quelle per la vigilanza e per l’energia elettrica.”.
Governo Monti e valore legale della laurea. Da qui a qualche anno verrà abolito il valore legale della laurea. Oggi molti laureati sbarcano il lunario lavorando in call center, sfruttati e sottopagati. Cosa dovrebbe fare un giovane dottore per ottenere un lavoro in base alle sue qualità e soprattutto per ciò per cui ha studiato tutta la vita?
“Premetto che il nostro Ateneo ha il dovere – e in funzione di questo dovere ha operato sin dalla mia elezione a rettore e continuerà a operare allo stesso modo fino alla conclusione del mio mandato, il 31 ottobre 2013, di garantire un alto grado di professionalità e di rappresentatività, tale da proiettare ulteriormente il nostro ateneo, già da tempo nel novero degli atenei virtuosi, nella scalata al vertice della classifica nazionale delle Università, per assicurarne la presenza fra i 20 di primo livello, non solo teaching, ma anche research university. L’affermazione in campo nazionale è particolarmente importante anche per quanto concerne la possibile abolizione del valore legale del titolo di studio, di cui sempre più insistentemente si discute sul piano governativo e su quello politico, a tal punto da renderla possibile e addirittura prossima. Il valore legale del titolo di studio sembra che vada riducendosi autonomamente, e ciò risulta evidente dalla crescente attenzione che viene rivolta alla valutazione nazionale degli atenei nei loro molteplici aspetti e dall’interesse degli studenti, con l’approvazione dei loro genitori, a iscriversi negli atenei maggiormente qualificati. La formazione di eccellenza è certo un valore per ottenere un lavoro in base alle acquisite qualità”.
Oramai ci sono solo corsi a numero programmato. Possono essere un’arma a doppio taglio, perché potrebbero creare una diminuzione nelle iscrizioni. Come si pone la storica università catanese davanti a tutto ciò?
“Una delle strategie da noi perseguite è stata quella legata alla razionalizzazione dell’offerta formativa, con azioni tese a perseguire i “requisiti di qualità” della stessa, in coerenza con le potenzialità di ricerca e con la tradizione scientifica d’Ateneo. Per quanto riguarda l’attività didattica, l’obiettivo della razionalizzazione dell’offerta formativa implica un supporto al miglioramento del percorso formativo attraverso l’eliminazione di profondi squilibri tra domanda di formazione universitaria e utenza sostenibile, alla cui causa è certamente utile l’introduzione convinta del numero programmato in tutti i corsi di studio dell’Ateneo. Una scelta sofferta, non da tutti immediatamente condivisa, e tuttavia foriera, insieme a una più incisiva azione di orientamento, incrementata nel corso degli ultimi anni, di una significativa riduzione, già dopo il primo anno di applicazione, del tasso di abbandono e, per certi versi, della durata complessiva degli studi. Quest’ultima, perseguita anche tramite un potenziato monitoraggio delle attività didattiche, con particolare attenzione all’andamento degli esami di profitto e alle situazioni di speciale difficoltà incontrate dagli studenti, con riferimento ad alcuni insegnamenti impartiti nel nostro Ateneo. Pur con il numero programmato, le iscrizioni al primo anno sono aumentate rispetto a quelle del 2011, a differenza di quanto è avvenuto negli altri atenei della Sicilia, i quali hanno registrato un lieve calo nelle iscrizioni”.
Il suo mandato sta per scadere. Fra non molto sarà eletto il suo successore. La sua attività è stata caratterizzata da un forte continuità lavorativa. Come vede il futuro dell’università italiana e in particolar modo di quella catanese?
“Il mio mandato scadrà il 31 ottobre del 2013. Durante i 18 mesi restanti molte cose, per migliorare ulteriormente la performance dell’Ateneo, possono essere fatte con la collaborazione del direttore generale, dei dirigenti, degli organi di gestione dell’Ateneo, della comunità accademica e del personale tecnico-amministrativo. A giugno del prossimo anno, come previsto dal regolamento elettorale, sarà la volta dell’elezione del nuovo rettore. Prevedo una elezione serena, senza le storiche diatribe tra guelfi e ghibellini; si lavorerà per la costruzione di un progetto largamente condiviso, e per l’elezione di un rettore che, con la collaborazione di tutti, punti decisamente all’ulteriore sviluppo del nostro Ateneo a livello di eccellenza sul piano nazionale e su quello internazionale”.
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