Navarra editore ha appena pubblicato un libro di cui si sentirà molto parlare: “Camicette Bianche. Oltre l’8 marzo”. Un libro necessario, che ricostruisce un pezzo di memoria collettiva del sud Italia, delle donne, dei migranti nel mondo. La storia delle donne giovanissime, italiane, morte insieme alle colleghe russe, durante il rogo della fabbrica di camice da donna Triangle Waist, a New York, l’8 marzo 1911, è stata ricostruita volto dopo volto, ripercorrendo i percorsi di migrazione delle donne del sud Italia, spesso di piccolissimi paesini di campagna, verso la metropoli mondiale, da Ester Rizzo. Ester viene da Licata, lavora come promotrice finanziara, ma ha una passione politica per le donne da sempre. Socia di Fidapa, è anche fondatrice con altre del Gruppo Toponomastica Femminile . Gira tutto il sud Italia e presto sarà anche a Roma per restituire memoria a quelle donne e chiedere di dedicare a ciascuna di loro una via nel luogo di nascita.
Come nasce l’idea di un libro sulla vicenda delle donne vittime del famoso incendio che dovremmo ricordare l’otto di marzo di ogni anno? Delle microstorie di persone, di donne che prendono corpo, sembianze concrete nelle tue pagine a ribadire l’importanza degli esseri umani nei meccanismi della storia….
L’idea di scrivere questo libro nasce per caso nel momento in cui mi accorgo che tra le vittime dell’incendio figura una mia concittadina, Clotilde Terranova. Partendo dalla sua storia, mi è sembrato giusto cercare di ricostruire la vita delle altre operaie emigrate dalla nostra terra in America in cerca di fortuna e per sottrarsi a delle miserevoli condizioni di vita. Sono microstorie che si inseriscono nei temi più grandi dell’emigrazione e delle lotte sindacali per il miglioramento delle condizioni di lavoro e che, purtroppo, sono state totalmente coperte dall’oblio e dall’indifferenza.
Questo lavoro certosino di recupero della memoria collettiva è stato complicato? Hai trovato sostegno presso le istituzioni locali, i comuni, gli enti dove cercavi i dati?
Sì, è stato un lavoro lungo e complicato. Ho dovuto incrociare centinaia di dati, date e nomi per avere certezza dell’identità di queste donne. La maggior parte delle istituzioni locali e soprattutto dirigenti e funzionari degli uffici dei Servizi Demografici mi hanno collaborato nelle ricerche, dimostrando grande sensibilità. In particolare i comuni di Bisacquino, Casamassima, Cerami, Cerda, Licata, Marineo, Mazara del Vallo, Noto, Polignano a Mare, Sambuca di Sicilia, Sperlinga e Striano.
Qual è l’aspetto più grave della vicenda rispetto ai diritti violati delle persone?
L’aspetto più grave, e per certi versi sconcertante, è che alle donne, ed in particolare alle donne emigrate, erano “riservate” condizioni di lavoro estremamente pericolose e venivano retribuite in misura minore rispetto agli altri lavoratori.
Credi possa servire come monito per le donne delle giovani generazioni?
Certamente, la memoria del sacrificio di queste operaie non deve essere dimenticata. Le giovani generazioni devono conoscere la fatica e le lotte delle lavoratrici di più di un secolo fa, che hanno perso la vita per una “folle corsa al profitto” a tutti i costi.
Credi sia cambiato qualcosa rispetto alle condizioni del lavoro delle donne oggi? E soprattutto delle migranti?
Sì, fortunatamente oggi nuove norme per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro hanno notevolmente migliorato queste condizioni, anche se c’è ancora un lungo cammino da percorrere.
Per quanto riguarda invece le migranti, la storia raccontata in Camicette Bianche è purtroppo drammaticamente attuale. Basti pensare agli incendi divampati nelle fabbriche in Italia o nel sud-est asiatico, in cui molte donne emigrate hanno perso la vita come le operaie della Triangle Shirtwaist Company. Oppure basti pensare alle violenze e al disagio dei cosiddetti viaggi della speranza affrontati dalle donne africane per approdare nel nostro continente.
Ci sono delle siciliane tra le vittime, gli enti locali, i Comuni o la regione hanno prestato orecchio al libro ed alla petizione ad esso collegata?
Per quanto riguarda le vittime siciliane, ad oggi hanno firmato la petizione e si sono impegnati per le intitolazioni il sindaco di Bisacquino Tommaso Francesco Di Giorgio, il sindaco di Sambuca di Sicilia Leonardo Ciaccio, il sindaco di Marineo Pietro Barbaccia e l’assessora alle Pari Opportunità e alla Cultura di Licata Giusy Marotta.
Per la regione Puglia si sono ad oggi impegnati personalmente il presidente del Consiglio Regionale Onofrio Introna ed il sindaco di Casamassima Domenico Birardi.
In quanto donna cosa ti ha restituito questa ricerca?
La consapevolezza che ancora oggi, purtroppo, le donne sono sempre ultime fra gli ultimi.
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