“Libero Amleto” è l’ultimo spettacolo, di e con Saro Minardi, andato in scena nei giorni scorsi al teatro Musco di Catania, acclamatissimo dal pubblico, promosso a pieni voti dalla critica.
Carlo Ferreri regista dello spettacolo si racconta a Sicilia&Donna.
Approfittando del suo momentaneo soggiorno a Catania dove è in prova lo spettacolo teatrale “Non si sa come” di Pirandello che lo vedrà in scena nel ruolo del marchese Respi, tra qualche tempo in tournèe siciliana, decidiamo di incontrarci nell’intimità dell’appartamento in centro catanese che divide con la compagna, l’attrice Evelyn Famà. E mentre proprio Evelyn prepara uno squisito caffè che sorseggiamo tutti insieme, Carlo parla di sè con assoluta disponibilità: “da piccolo certo non avrei mai pensato di dedicarmi al teatro, di fare l’attore. Fondamentalmente sono sempre stato profondamente timido, un timido….eccentrico che ad un certo punto esce fuori un gesto, una parola, una battuta comica che strappa una risata a chi sta intorno. Ero così da bambino, quando con le mie improvvise, inaspettate risposte o la gestualità dai tempi comici giusti, spiazzavo i miei familiari e gli amici con una parola venutami fuori così, di punto in bianco”.
“Probabilmente questo mio modo d’essere covava dentro di me in una sorta di rimedio contro la timidezza che in seguito è venuto fuori con la passione e l’attitudine…teatrale. Le mie esperienze di recitazione da ragazzino in realtà, si limitavano alle recite scolastiche, di fine anno dove tuttavia mi assegnavano per lo più ruoli principali…ma niente di questo faceva presagire velleità artistiche o un futuro da attore. Ragusa, specie nei decenni passati, era una piccola realtà provinciale dove non v’erano grosse (se non c’erano proprio) possibilità di intraprendere carriere artistiche. Poi l’avvento di una scuola teatrale seguita da Gianni Salvo del Piccolo Teatro di Catania è stato provvidenziale. Cominciai a frequentare le lezioni, innamorandomi letteralmente del teatro, della sua storia, dei suoi autori. Fui ammesso in seguito da Salvo nel suo teatro a Catania e da lì è partito tutto. Ritengo che sia cruciale per la formazione e il destino di un attore cominciare con un ottimo insegnante, un vero professionista. Questo ti crea una base solida, realmente professionale. E’ chiaro che se cominci da dilettante con chi fa teatro da dilettante (pur in modo serio) ti muoverai sempre in ambito dilettantistico e manchi di quella preparazione che invece un professionista inevitabilmente ha e ti da. Questo te lo porti dietro, per tutta la tua carriera, per tutta la vita.”
-Oltre a Gianni Salvo in seguito tu hai avuto anche l’occasione di lavorare con altri grandi professionisti del teatro italiano…
“Sì, è vero. Ma, vedi, già cominciar in un ambiente professionista, dove si fa teatro da professionista ti offre delle opportunità uniche, quelle di incontrare certi personaggi, di entrare in contatto con nomi prestigiosi e quindi produzioni di rilievo. A me è successo così.”
-E difatti il tuo curriculum vanta collaborazioni con importanti attori italiani oltre che registi…
“Sì, ho avuto la fortuna di lavorare assieme a grandi attori come Gianrico Tedeschi,Beppe Pambieri,Daniela Mazzuccato,Valeria Ciangottini,Tuccio Musumeci,Pippo Pattavina in seno a compagnie importanti ho imparato tantissimo a livello artistico sì, ma anche a livello umano. E’ vero quando si dice che la compagnia è una grande famiglia dove capita di tutto come in ogni famiglia e comunità sociale, compagnie in cui mi sono sentito a casa, altre un po’ meno ma che in ogni caso hanno segnato periodi importantissimi della mia storia artistica e sicuramente umana.”
-C’è fra i tanti registi ed attori che hai frequentato artisticamente qualcuno a cui ti senti più legato o che ti ha maggiormente affascinato, colpito?
“Beh c’è da dire che tutti nel bene e nel male qualcosa ti danno, ti lasciano, però se devo essere sincero…direi che uno è Gianni Salvo con cui ho iniziato e che per quello che dicevo prima ha segnato la via della mia carriera. Poi Antonio Fava che mi ha insegnato e trasmesso addirittura l’amore per la commedia dell’arte, nuovi linguaggi legati al corpo e alle maschere. Antonio Calenda a cui sono molto grato per le importanti tournèe fatte e soprattutto Gianrico Tedeschi che ritengo il più grande attore italiano con il quale ho condiviso da coprotagonista il palcoscenico per due anni. E direi anche Alessandro Di Robilant con cui da recente ho girato il film “Mauro c’ha da fare” in cui ho recitato da protagonista, fatto assai gratificante per un attore”
-Indubbiamente, certo… e proprio “Mauro c’ha da fare” ti da parecchia notorietà quale volto del cinema italiano, film che è stato selezionato in importanti festival internazionali in attesa dell’uscita ufficiale nelle sale.
“Sicuramente il personaggio protagonista ti permette di far parte in toto di un progetto sia esso cinematografico, teatrale ecc, e quindi il riscontro che personalmente ho avuto in questa occasione è stato diverso rispetto alle partecipazioni in altri film di certo importanti (vedi i “1oo passi”, “il giovane Montalbano” ecc) Questo film, la cui uscita nazionale è prevista in autunno, già all’estero ci ha dato grosse soddisfazioni in quanto è stato molto apprezzato ed ha riscosso enorme successo da parte della critica e del pubblico che lo ha visto. L’abbiamo presentato a New York,Tirana ed in Italia a Foggia ,Perugia e alla cineteca nazionale di Milano.
-Oltre a questo film nel tuo lungo percorso artistico, come accennavi, annoveri diverse partecipazioni a film Tv diretti da famosi registi, Marco Tullio Giordana, Gianluca Tavarelli per citarne alcuni, ciò fa anche di te un attore poliedrico in tal senso…
“Diciamo che le esperienze televisive e cinematografiche nella mia storia professionale sono state, sono occasionali, nel senso che per forza di cose girando nelle varie compagnie, lavorando nei teatri un po’ ovunque in Italia entri in contatto pure con le realtà cinematografiche, televisive. É inevitabile per alcuni versi, ma il teatro è quello che sta nei miei interessi, che prediligo, sono nato attore di teatro”
-Non solo, pure regista…
(sorride)”Invero non mi reputo ancora tale, o diciamo che lo sono saltuariamente. Mi dedico alla realizzazione di uno spettacolo, di un progetto solo se questo mi prende davvero, se lo trovo bello, interessante e se soprattutto mi permette di dire delle cose in cui credo. Così è stato per “Libero Amleto” un progetto a cui ho molto creduto e credo, stessa situazione per “Morir di fama”di e con Evelyn Fama’. Non posso dire poi di avere la preparazione accademica che un regista dovrebbe possedere, se vogliamo considerare…in Italia non esistono delle vere e proprie scuole di formazione per registi come in Germania o soprattutto in Russia per esempio. In Italia i grandi registi principalmente sono stati attori ed hanno fatto la loro esperienza sul campo, il che è anche un aspetto positivo e di valore ai fini del risultato.”
-Che idea hai del teatro e del fare teatro oggi in Italia ed in Sicilia?
“Sembrerebbe retorico dirlo, eppure è un dato di fatto. Penso che il teatro come tutti gli altri ambiti sociali, economici…stia subendo la crisi generale in cui viviamo. Crisi che però fa venire fuori chi ha veramente qualcosa da dire a prescindere dai fondi finanziari che si hanno per il progetto a cui si lavora. Si può fare dell’ottimo teatro anche a costi limitati. In questo momento di crisi c’è chi riesce a farlo e questo è un aspetto sicuramente positivo. Ed è ciò che noi proviamo a fare quotidianamente nel nostro lavoro e che arriva al pubblico se poi ci vien detto questo quale complimento per il lavoro portato in scena…E’ un gran risultato, soddisfacente e gratificante per un artista. Inoltre oggi in Italia nel teatro, in chi fa teatro, a differenza di anni fa quando io ho cominciato, non esiste più la differenza fra il dilettantismo ed il professionismo, i due aspetti si mischiano in un meccanismo perverso ed inarrestabile. Dieci anni fa se iniziavi da dilettante restavi in quel contesto e non ti saresti mai ritrovato a fare teatro con professionisti. Oggi c’è persino chi si improvvisa insegnante e apre scuole di teatro solo perchè magari ha studiato in accademia! Ecco questo è un lato negativo che noto nel teatro italiano in genere. In Sicilia…mah, direi che purtroppo non v’è meritocrazia e si avverte la mancanza di fondi. Qui la strada te la devi creare tu, non vi sono più le sovvenzioni di un tempo per esempio, spesso sono i privati a sopperire a tali mancanze con tutto quello che questo comporta di buono e cattivo. Credo che allora bisognerebbe rifarsi sulle idee, puntare su queste in mancanza di fondi e quindi, come dicevo prima far teatro, del buon teatro con i mezzi finanziari scarsi che si hanno a disposizione. Questo ovviamente fa sì che la bravura di un artista, se c’è e quando c’è vien fuori ed è certamente un fatto positivo per il teatro, l’arte in genere. E ancora, creare allestimenti seguendo diversi percorsi non più quelli canonici, non subire condizionamenti della politica e del clientelismo. La politica ha ucciso il teatro perchè impone personaggi, decide chi deve stare in scena e chi no e questo non va bene. Bisogna ritrovare la netta distinzione fra committenza e clientelismo. Questi sono degli aspetti negativi, ma per fortuna vi sono molti aspetti positivi nel mestiere dell’attore e nel fare teatro”
-Ad esempio?
“L’attore è abituato alla precarietà,oggi lavora, poi magari per mesi non lavora…vive in costante stato di precarietà e in questo periodo di crisi generale diciamo che non reagisce come potrebbe fare un impiegato se perde il lavoro. E poi ancora si è abituati e per forza di cose devi allenare mente e corpo, sei sempre alla ricerca di stimoli soprattutto se devi e vuoi portare avanti progetti ed idee nuove. Inoltre c’è costantemente la necessità di aggiornarsi, di ricercare, essere informati su ciò che succede intorno perchè gli stimoli arrivano anche e in particolare da quel che sta intorno”
-Hai viaggiato tanto per lavoro e ti sei ritrovato in realtà teatrali differenti e variegate, quale esperienza ricordi con maggior emozione, piacere?
“Gli anni a Trieste, l’esperienza triestina sicuramente, senza toglier niente al resto, tutto è stato importante, ma a Trieste sono stato veramente bene, è una città stupenda. Lì ho riscontrato civiltà teatrale meritocrazia che qui in Sicilia purtroppo è più raro e difficile da trovare.”
-Quale effettivamente il tuo rapporto con la Sicilia?
“Di amore profondo per la terra, l’umanità, la cultura umana. Vivere, lavorare, fare teatro qui ti forma nel profondo, è una straordinaria palestra di vita in tal senso, proprio perchè come diceva Pirandello è il Caos…è vero, ma anche il miglior posto dove vivere, dove il rapporto fra qualità e prezzo della vita è il migliore. E poi a parte il freddo tremendo che fa a Ragusa in inverno, il clima è generalmente caldo ed io amo il caldo!
A Ragusa proprio da qualche anno gestisci il Teatro di Donnafugata, cosa ci dici di questa esperienza?
“Splendida, con tutte le difficoltà, i problemi, i disagi che una realtà simile comporta. Il teatro di Donnafugata è un piccolo teatro di fine ‘700,una miniatura davvero! un teatro cosiddetto “all’italiana” perchè strutturalmente realizzato secondo i canoni di questo stile architettonico, bellissimo nel suo essere un gioiellino dell’architettura di fine ‘700. Abbiamo portato in scena interessanti progetti provenienti un po’ da tutta l’Italia e non solo teatrali, persino musicali, nomi noti e meno noti e pure giovani promettenti artisti. Peraltro s’è firmato tempo addietro un gemellaggio con il teatro San Carlo di Napoli che ha certamente apportato maggior notorietà al nostro piccolo teatro. E in riscontro con il pubblico è stato veramente positivo, considerando che il bacino di utenza che c’è a Ragusa non è quello di una grossa città quale Catania. Beh direi che sì, siamo soddisfatti e continueremo a lavorare su questa direzione.”
Io vorrei fare l’attrice perchè e un sogno che desidero da tanto tempo. Però il problema non so come fare, se per favore mi potette aiutare. Vi rigrazierò se mi aiuterete grazie a tutti quanti..