Carmelo Siracusa: il singolo “Big in Japan” ispirato a Tom Waits


Big in Japan 2 Carmelo Siracusa

“Big in Japan”: è questo il titolo del nuovo singolo di Carmelo Siracusa, disponibile da un paio di settimane in digital download e in streaming. Dopo È come senti, non come pensi – uscito il 4 ottobre –, il bassista della storica band siciliana Sugarfree si è cimentato in un brano che si ispira alla canzone omonima di Tom Waits. Carmelo Siracusa parte dal significato del titolo “Big in Japan”, che nello slang britannico veniva utilizzato per esprimere dissenso nei confronti di artisti che ottenevano il successo nel mercato giapponese ma non nel proprio Paese d’origine, in Gran Bretagna. Ma la reinterpretazione del musicista catanese tenta di raccontare una condizione attuale che accomuna chi va alla ricerca di qualcosa lontano da casa per poi rendersi conto della sua insoddisfazione e di voler tornare. “Da questo basilare senso di vuoto ci avventuriamo nel mondo del tempo e dello spazio in cerca della nostra vera casa, in cerca della pace cosmica, in cerca di sollievo, in cerca della pienezza. – spiega Carmelo Siracusa – Cerchiamo il nostro destino, senza accorgerci che lo stiamo già vivendo”.

Intervista a Carmelo Siracusa

Da dove proviene l’ispirazione per il tuo nuovo singolo Big in Japan?

“Viene dalla mia passione per Tom Waits, un cantautore che è un simbolo della musica e dell’arte del ‘900, oltre a essere anche un grandissimo attore. Ascolto i suoi dischi, la sua musica e mi piace leggere i testi, cercando di coglierne il significato. E quando ho scoperto il significato del titolo del brano Big in Japan l’ho trovato geniale, quindi ho deciso di proporne una trasposizione ai giorni nostri. In realtà ho scelto questo pezzo principalmente per il testo, ma suonerei volentieri tuti i suoi brani.”

Ci spiegheresti meglio il significato del titolo?

“Il titolo è uno slang inglese british che si riferisce ad una situazione in particolare: durante gli anni ‘60-’70 quando gli artisti non riuscivano a diventare famosi in Inghilterra, cercavano il successo all’estero e il mercato giapponese li accoglieva a braccia aperte; così, mentre lì si affermavano, nel loro Paese d’origine restavano sconosciuti. Vivevano, quindi, nella consapevolezza di essere considerati bravissimi in terra straniera, ma di non essere nessuno a casa propria.”

In cosa consiste la tua reinterpretazione?

“La mia reinterpretazione è molto attuale perché noto che in fondo ognuno di noi sceglie di vivere un’esperienza fuori casa ma poi desidera tornarci. È come se si volesse scappare da qualcosa e invece, andando all’estero, si capisce che stiamo scappando da noi stessi. Un’altra analogia che riscontro è che quasi tutti gli artisti diventati noti in Giappone hanno ammesso di essere caduti in depressione e le persone che vanno fuori casa adesso tendono a creare un personaggio che non è reale. Si illudono di essere quel personaggio che in realtà non sono e questo non vale solo per gli artisti, ma è una condizione che accomuna tanta gente. Non è un caso se la canzone si apre proprio con la frase: la domanda ‘Cosa stai cercando nel futuro?’ è identica alla domanda ‘Da cosa stai scappando adesso?.”

Qual è il filo rosso che lega il tuo precedente singolo “È come senti, non come pensi” a quello appena uscito?

Musicalmente si tratta di due brani diversi, anche se faranno parte dello stesso EP.  Il filo conduttore è la voce narrante che descrive una condizione della nostra anima. Mentre nel brano È come senti, non come pensi la voce narrante è alla ricerca di una completezza nel maschile e nel femminile, in Big in Japan viene descritta una situazione realtà attuale e difficile che accomuna in qualche modo tutti. Il mio intento è quello è trattare degli argomenti per accendere una piccola scintilla.”

Stai già lavorando a nuovi progetti?

“Vorrei raccogliere sei brani per il mio EP. Tre li ho già realizzati. Adesso mi fermo un attimo per finire di scrivere un libro.”

Interessante. Sarà un libro incentrato sulla musica?

“Non esattamente. Si tratta più di un libro in cui faccio spazio anche alla musica attraverso la psicologia applicata. Mi sono ispirato a un libro molto bello, L’arte di Carl Gustav Jung. Questo psicoanalista usava il disegno per scoprire i misteri dell’inconscio e del sogno dei suoi pazienti. Sono famosissimi i disegni che chiedeva loro di realizzare – dando alcune disposizioni tecniche – sotto forma di mandala. Il mandala è ciclico, un po’ come la musica. Naturalmente non ho la presunzione di essere ai livelli di Jung, ma col mio libro vorrei mandare un messaggio attraverso la musica. E ora che ci penso…farlo utilizzando anche dei disegni mi piacerebbe molto, magari ne inserirò qualcuno.”

 

 

 

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