Chiara Modica Donà Dalle Rose, la contessa mecenate


Chiara Modica Donà Dalle Rose. Foto Giuseppe Cimarosa
Chiara Modica Donà Dalle Rose. Foto Giuseppe Cimarosa

Avvocata, nobile e donna di cultura, Sicilia&Donna conversa con la Contessa Chiara Modica Donà Dalle Rose, figura di spicco nel panorama intellettuale italiano ed internazionale, curatrice di alcune delle più importanti mostre d’arte in Italia ed all’Estero. È appassionata d’arte e mecenate di artisti internazionali. È inoltre, Presidente della Fondazione Donà Dalle Rose, Presidente della Biennale Internazionale di Arte Sacra, Presidente della Fondazione World International Sicilian Heritage. 

Chiara Modica Donà Dalle Rose, l’intervista

La tappa 2020/21 di BIAS, la Biennale Internazionale di Arte Sacra Contemporanea, è ospitata al palazzo della cultura di Catania fino al 18 ottobre, con la mostra “The time of game and the game of time”. Come nasce l’idea di realizzare una Biennale?

BIAS è stata ideata nel 2009, insieme all’artista Rosamundi, che per scelta non vuole apparire in pubblico, un po’ come Banksy, ma per motivazioni molto differenti. Lo ha deciso per una negazione della sua immagine rispetto all’opera d’arte, per dare più valore a quest’ultima. BIAS è stata lanciata per la prima volta nel 2016 e attualmente, è giunta alla terza edizione con ben cento artisti selezionati. Ho sentito l’esigenza di creare una Biennale, che dal privato passasse al pubblico, come è avvenuto anche nell’ideazione della Biennale di Venezia da parte del conte Volpi. Nella biennale di Venezia gli artisti espongono nei padiglioni legati alla nazione, come frutto di un’esigenza che risale al periodo post-bellico. Invece il principio a cui BIAS si ispira è quello di Kandinsky, laddove l’arte è espressione del mondo intangibile dell’interiorità, “figlia del suo tempo” e “madre dei sentimenti”. In quest’ottica l’artista è individuato in relazione non alla propria nazione di appartenenza bensì alla sua spiritualità ed, infatti si parla, nel caso di BIAS, di padiglioni spirituali in cui le matrici della dialettica utilizzata dagli artisti genera ideali padiglioni abramitici, filosofici, scientifici, buddisti, induisti, zoroastriani, sciamani, archeologici delle religioni perdute, africani, web artisti, uniti dal comune denominatore di voler andare al di là di pregiudizi e barriere geografiche. Il termine “bias”, infatti, significa anche “pregiudizio” e la funzione dell’arte è quella di far superare il pregiudizio. Questa Biennale, si ricorda del passato, ma si ispira al futuro. Nel bando di partecipazione è reso noto che l’artista può partecipare gratuitamente, con uno o più progetti che saranno valutati da una commissione esperta. Le opere scelte verranno poi esposte in tante mostre che aprono contemporaneamente in più città, non solo italiane, ma anche estere, fino ad alcune zone del Medio Oriente. Purtroppo quest’anno, a causa della pandemia Covid, non è stato possibile aprire le mostre all’estero.

Perché è stata scelta proprio Catania come tappa di apertura della prossima biennale?

La Biennale, in origine, è partita da Palermo. La Sicilia è come la pupilla di un grande occhio, perché culturalmente è sempre stata contaminata dalle invasioni di numerosi popoli e la sua posizione geografica le permette uno scambio culturale tra il nord e il sud del mondo. Non conoscevo bene Catania, ma quando l’assessore alla cultura Barbara Mirabella mi ha invitata in città, ho avuto la possibilità di girarla e di comprendere che ci sono luoghi molto belli che avrebbero bisogno anche di essere rivalutati. Della città ho amato i colori, la pietra nera, il calore della gente e l’Università. Per questo motivo per l’apertura di Bias del 2022, ho ritenuto che Catania potesse rappresentare il baricentro tra il Nord Italia e il Sud del Mediterraneo.

Lei è veneziana, ma è molto legata alla Sicilia. Come nasce questo legame?

Fin da piccola, viaggiavo spesso con i miei genitori, che si recavano frequentemente in Sicilia, per motivi familiari. Poi, per studiare mi sono trasferita in Francia, ma ho continuato ugualmente a recarmi nell’isola e l’ho sempre considerata affascinante, ricordando anche che a partire dal XVII secolo e fino alla metà del XIX secolo circa, i giovani dell’aristocrazia europea intraprendevano un viaggio di formazione che doveva perfezionare il loro sapere e comprendeva, tra le tappe italiane, la Sicilia. Spesso, mi spostavo tra Venezia, Parigi e Palermo, fino a quando, per diversi motivi, ho dovuto trasferirmi nel capoluogo siciliano per lungo tempo. La città ha catturato la mia attenzione e attraverso l’attività della Fondazione Donà dalle Rose e l’Associazione WISH (World International Sicilian Heritage), abbiamo contribuito attivamente alla rinascita culturale, soprattutto del centro storico di Palermo, partendo dal restauro del palazzo Imperatore. Poi la creazione della BIAS, nel 2016, ha aperto più di 23 luoghi al pubblico con mostre di arte contemporanea in dialogo aperto con l’architettura e l’arte antica, da quella medievale a quella barocca, facendo da apri pista all’evento fieristico internazionale di arte contemporanea “Manifesta 12”, finanziato dalla città di Palermo nel 2018. La Fondazione ha partecipato, unitamente ad altre realtà associative, nate via via, anche alla nomina di Palermo capitale della cultura. Nel 2014 WISH – sostenuta dalla Fondazione Donà dalle Rose – ha ideato e promosso la Via dei Librai coinvolgendo tutti i commercianti del Cassaro Alto di Palermo, il cuore della città, e realizzando accordi con le associazioni di categoria quali Confcommercio ed altre che hanno poi dato i natali all’ormai storica e super attiva Associazione Cassaro. Insomma, la mia passione per la Sicilia non è solo legata all’aspetto vacanziero, mi piace definirmi una “protettrice” di questa terra.

Quale esperienza professionale l’ha gratificata di più?

Chiara Modica Dona’ dalle Rose

Ci sono molte attività professionali che mi hanno gratificata. Una delle più recenti è la gestione del Grand Hotel Et Des Palmes di Palermo. Come Project Legal Manager, mi sono occupata della ristrutturazione dell’edificio, che riaprirà a Dicembre e restituirà alla città la storia della famiglia Florio. Inoltre, tra le altre attività, ricordo la chiamata di Vittorio Sgarbi a Salemi mentre era sindaco, per aiutarlo ad arginare il problema delle pale eoliche e del fotovoltaico. Nei miei studi legali di Parigi e Venezia mi occupavo di società e di energia e da avvocato di diritto, mi dedicai alla questione. Mi chiese di cercare in pochi mesi, di trovare una rotta per bloccare quella devastazione che la regione all’epoca, con il presidente Lombardo, stava portando avanti con l’idea di promuovere per produrre energia. In realtà, stavano distruggendo il paesaggio. Mi sono occupata di preservazione ambientale anche a Gela, e anche lì si trattava di pale eoliche impiantate nei fondali marini, che distruggevano l’habitat naturale.

Pensa che la donna nel campo culturale abbia il giusto spazio?

Ancora non ha il giusto spazio. Ci vorrebbero più donne che ricoprano cariche politiche e culturali. Non ne faccio un discorso femminista, non mi piace, ma obiettivamente credo che le donne potrebbero apportare delle novità e arricchire questi ambiti. C’è ancora da lavorare, ma ci sono già delle figure molto capaci, che sanno anche delegare alle persone giuste. Nella vostra città l’assessore Barbara Mirabella sarebbe un perfetto sindaco.

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