Elena Di Cioccio: “Ho vissuto nella vergogna. Oggi sono una donna libera”


Elena Di Cioccio. Foto Brunella Bonaccorsi
Elena Di Cioccio. Foto Brunella Bonaccorsi

Schietta, diretta, non fa giri di parole. Elena Di Cioccio, attrice e conduttrice, si racconta al Catania Book Festival in occasione della presentazione del libro Cattivo sangue, edito da Mondadori. Ironizza, si commuove, frena qualche lacrima e va spedita per un’ora circa raccontando i pezzi di un puzzle che ha provato a mettere insieme per fare ordine nella sua vita. Intervistata dalla giornalista Elvira Terranova, Elena Di Cioccio affronta più temi: il peso di una famiglia famosa, la solitudine, la scoperta di essere sieropositiva, i 20 anni trascorsi ad accettare la diagnosi e ad accettarsi, il suicidio della madre, l’assenza del padre.

Il racconto di Elena Di Cioccio

“Questo libro è nato come un diario, una sorta di dialogo interiore -dice Elena Di Cioccio-. Ho scritto diverse versioni e quando ho capito che era arrivato il momento di dire tutto a tutti ho deciso di trasformare il diario in un libro”.

Elena Di Cioccio. Foto Brunella Bonaccorsi
Foto Brunella Bonaccorsi

Perché la decisione di fare coming out alle Iene? “Quell’intervento era legato all’uscita del libro -racconta-. Chiesi a Davide Parenti, autore del programma, un aiuto. Non pensavo però che mi avrebbero intervistata. Era la prima volta che ne parlavo con qualcuno ed è stato fondamentale. Ho provato vergogna per tanti anni e quando provi vergogna sei esposto al pericolo”.

Nel libro Elena Di Cioccio non racconta il momento del contagio per non fare alcun riferimento alla persona coinvolta. “Non volevo mettere in piazza la vita degli altri” ammette. Racconta però il momento della diagnosi. “Avevo fatto esami di routine il cui esito non arrivava -dice-. Mi innervosii e così andai a

Elena Di Cioccio. Foto Brunella Bonaccorsi
Elena Di Cioccio. Foto Brunella Bonaccorsi

protestare per il ritardo. Il medico mi disse: è meglio che si sieda. Da quel momento in poi il buio, non ricordo letteralmente niente di quel che successe gli attimi subito dopo”.

Fare i conti con una diagnosi di sieropositività non è stato facile, lo dice a chiare lettere. E il percorso di accettazione è stato lungo e tortuoso, passato attraverso relazioni tossiche, violenze fisiche e psicologiche, “diversivi” che aiutavano a non pensare. Lo stesso contatto con gli altri rimaneva in superficie.  “Vivevo in un grosso pianeta di solitudine -sottolinea più volte-. Sono sempre guardinga. Non entro mai veramente in relazione con nessuno”.

Toccante il momento in cui parla della madre. “Ha scelto di morire -afferma-. Quando ho saputo ho capito quanto numerosi fossero i tratti in comune con lei. E ho capito anche che avrei potuto fare la stessa cosa”. Ma una voce dentro di sé ha impedito che questo accadesse. Del padre, invece, preferisce non parlare. Passa oltre.

Oggi si considera una donna nuova. “Sto da dio -ammette-. Ho imparato anche a godere dei momenti di solitudine e ho avuto il tempo di metabolizzare la mia vita fino ad oggi, lutti compresi. Nel momento in cui mi sono presa le mie responsabilità -aggiunge- è arrivato questo libro e ho deciso che era arrivato il momento di raccontare. Dovevo liberarmi di questo fardello”.

Il futuro? “E’ ancora tutto da scrivere”.

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