Enzo Girolami Castellari, noto regista italiano, una laurea in architettura e una vita da pugile e poi la decisione di dedicarsi al cinema nei panni di attore, aiuto regista, stuntman e sceneggiatore. Dopo il debutto con “Pochi dollari per Django” del 1966, il suo nome è rimasto indissolubilmente legato alla storia del genere, dando successivamente vita a titoli di culto quali “Vado… l’ammazzo e torno”, “La polizia incrimina, la legge assolve”, “Il cittadino si ribella”, “Keoma”, “Il grande racket” e “Quel maledetto treno blindato” con cui si è avvicinato al genere poliziesco affinando il suo stile fatto di rallenty e montaggi veloci. Diverse le pellicole che lo hanno visto nei panni di attore o nelle quali è apparso in camei come “Bastardi senza gloria” diretto dal grande Tarantino nel 2009.
Il nostro Western è noto nel mondo come Spaghetti Western, la ritiene un’offesa?
«Assolutamente no, penso piuttosto che abbia un valore affettivo, mi offende di più l’aggettivo “polizziottesco” al posto di poliziesco».
Cosa pensa del cinema italiano oggi, sarebbe possibile migliorarlo?
«Sì, penso sia possibile, ma dovremmo ricominciare dai produttori, dal governo, c’è una diatriba infinita dietro, ma penso che ce la potremmo fare».
A questo punto non possiamo esimerci dal chiederle cosa pensa de “La grande bellezza”, molti hanno criticato la vittoria di un film che in questo particolare momento storico rappresenta la nostra società come vacua, squallida e vuota, lei che ne pensa?
«Concordo, mi sembra che sia un’irriverenza immotivata, fra l’altro non vedo alcuna difficoltà nel rappresentare Roma così per com’è! Certo vorrei essere Sorrentino in questo momento, ma per il resto … posso dirlo? Che palle!»
Progetti futuri?
«A marzo nelle Marche per girare un film sul pugilato clandestino con Quentin Tarantino e Franco Nero. Si parla del pugilato fra bambini, uno sport negativo un po’ come la lotta fra i galli, per questo il film vuole puntare l’attenzione sul rispetto; mio padre mi diceva sempre “Devi rispettare l’avversario!” Lo avevo scritto per Paul Newman tanti anni fa e lui lo amava proprio per questo».
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