Sedute al centro della platea del Teatro Brancati di Catania, prima che arrivi il pubblico, discutiamo amabilmente con Giorgia Trasselli protagonista dell’ironico ed allegro testo di Gianni Clementi, “Finchè vita non ci separi ovvero viva gli sposi, diretto da Vanessa Gasbarri, con le scene di Velia Gabriele, in scena fino 27 aprile. Approfondiamo, insieme alla dolce e per certi aspetti timida attrice, nota al grande pubblico per aver dato vita al simpatico personaggio de “la tata” nelle varie edizioni di “Casa Vianello”, alcuni importanti aspetti della sua intensa vita professionale.
“Finchè vita non ci separi” è una commedia che lancia al pubblico dei messaggi ben precisi come la difficile accettazione dei genitori davanti alla scoperta dell’omosessualità del figlio a poche ore dalle nozze. Alba, il suo personaggio, è una donna forte dal piglio ironico e battagliero. Quanto c’è di Giorgia Trasselli in questo ruolo?
“Ogni attore, inevitabilmente, dona qualcosa di sé al personaggio che interpreta. Ad esempio ci possono essere dieci edizioni di Otello di Shakespeare, con altrettanti diversi attori, e nonostante il plot narrativo sia sempre quello è matematico che ogni interprete darà a quel ruolo parte della sua essenza. Il mio personaggio è abbastanza diverso dalla mia personalità. Io non sono così risoluta e decisa come Alba, che gestisce la vita di tutta la famiglia senza alcuna esitazione. A me costa fatica prendere le decisioni. Le scelte non sono mai facili e, a volte, sarebbe bello avere la forza di questa donna capo della famiglia Mezzanotte. Nell’interpretare questo ruolo mi sono divertita parecchio, perché il tutto è trattato con estrema eleganza e simpatia”.
È vero che le sue origini sono in parte siciliane?
“Si. I miei avi erano di Monreale. Ho sempre vissuto a Roma ma adoro la Sicilia e ogni volta che torno sto bene. Mi piace questa terra e il calore della gente. Vivo con gioia quando sono qui. Mio nonno, romano solo da una generazione, mi raccontava da piccola che in provincia di Palermo, nella splendida Monreale, c’è una via dedicata ad un nostro antenato Carmelo Trasselli. La nostra discendenza era composta da giudici, archivisti, colonnelli e garibaldini. Ascoltavo mio nonno affascinata quando, con grande orgoglio, mi raccontava la storia del nostro eroe garibaldino ucciso, nell’agosto 1862, nell’ eccidio di Fantina quando il Regio Esercito arrestò un drappello di volontari, che avevano programmato di raggiungere Garibaldi in marcia su Roma. Da grandi con i miei fratelli mio nonno ci obbligava, ogni volta che venivamo in Sicilia, di fare una foto ricordo sotto la targa dedicata alla memoria del nostro eroe patriota. Anch’io quindi ho sangue siculo nelle vene e sono fiera di questo”.
Attrice di teatro, di fiction e di tanti spot pubblicitari. Il suo volto, il suo nome sono immediatamente associati agli indimenticati e indimenticabili Sandra e Raimondo. Qual è il ricordo o l’emozione vissuta di quel periodo?
“Sono stati anni molto belli, vissuti con rigore e non con rigidità. Si lavorava con allegria e grande rispetto per pubblico. Un’avventura lunga ben diciannove anni. Sandra e Raimondo sono sempre stati quelli che il pubblico ha conosciuto nelle varie situation comedy; i particolari, i vezzi sono stati, ovviamente, esasperati ed esaltati. Raimondo non voleva andare alle feste come accadeva nella scena e Sandra era una volitiva, un vulcano. Pensando a loro ritornano alla mente tante immagini, tanti momenti. L’ultimo ricordo che ho di Raimondo risale a poche ore prima della tragica dipartita, quando sono andata a trovarlo al San Raffaele. Soffro ancora nel vedere il dolore di Sandra al funerale del marito. Voglio ricordarli però seduti nel salotto di casa con Sandra accovacciata e Raimondo attento a leggere il copione. Li ringrazio di avermi dato la possibilità di fare una televisione bella, pulita e, soprattutto, vera fatta con attori di teatro. Gli autori, il cast e Raimondo mi dissero: “vogliamo gli attori di teatro, perché la disciplina di chi fa teatro è irreprensibile e irripetibile”. Io, giustamente, fui e sono ancora felice di questa importante affermazione”.
Da molti anni insegna dizione alla Scuola Acting Traing di Beatrice Bracco a Roma. Tiene corsi di recitazione anche a Milano, Roma e Taranto. Dal 2007 dirige la Scuola Fondamenta di Roma. Cosa dice ai suoi ragazzi il primo giorno di lezione?
“Da quando dirigo questa scuola cerco di circondarmi di persone migliori di me, in modo da creare un prodotto vincente e soprattutto utile per i ragazzi. Beatrice Bracco è stata un’altra perla della mia vita, una donna ed amica speciale, andata via quasi due anni fa, con la quale ci siamo comprese subito sulla metodologia d’insegnamento. Durante il primo incontro chiedo sempre ai ragazzi di spiegare, perché vogliono fare questo lavoro e, soprattutto, spiego loro che ci vuole tanta disciplina, passione e amore per intraprendere questa strada. Gli attori, per me, sono degli artigiani, che devono costruire pian piano il loro mestiere”.
Nel 2007 interpreta insieme a Mariano Aprea uno spettacolo – lettura, “Veronica Franco un corpo in versi”, tratto dalla vita della cortigiana veneziana vissuta nel cinquecento. È un personaggio lontano e diverso da quello a cui siamo abituati a vederla. Come ha affrontato tale ruolo?
“Abbiamo studiato la vita di questa intelligente e colta donna che scrisse versi di straordinaria bellezza, che si studiano anche al liceo. Con Gisella Franca, soprano, abbiamo costruito questo recital in cui io interpretavo, attraverso la lettura delle poesie, l’anima di questo sfaccettato personaggio. Nella vita non si può fare tutto, non è possibile, però sono convinta che a nostra disposizione c’è una rosa di personaggi in cui è giusto cimentarsi e immergersi, così, in tante vite diverse. Veronica fa parte di uno dei petali di questa rosa”.
Prossimi progetti?
“Terrò a Senigallia un corso di fraseggio e dizione per dei cantanti lirici; inoltre, fra non molto, ci saranno i saggi della scuola e tanto altro ancora”.
Scrivi un Commento