Giovanni Mazzarino, eclettico musicista, sceglie la città dello Stretto, che gli ha dato i natali, per presentare il suo ultimo lavoro discografico “Retrato”, edito per la Jazzy Record (la sua personale etichetta, ndr). Mazzarino insieme al suo Latin Sextet, detto “Latin Mood”, battezza stasera la sua uscita in un concerto – iniziato alle ore 21, al Palacultura “Antonello da Messina”. E farà tappa domani ad Ortigia (SR), all’Ortigia Jazz Club Festival. Dal primo dicembre, l’album sarà distribuito in tutto il mondo. A gennaio 2014, il gruppo inizierà una tournèe mondiale.
“L’1 dicembre rappresenta una seconda uscita sul mercato per Retrato – specifica Mazzarino – Il disco ha già venduto oltre 15mila copie, allegato alla prestigiosa rivista ‘Musica Jazz’. Un risultato più che soddisfacente perché nel jazz corrisponde a un milione di copie del genere pop.”.
Mazzarino Latin Sextet, lo scorso maggio, torna alla ribalta con questo progetto artistico ossia un tributo alla cultura non solo musicale ma anche delle usanze, dei sapori e profumi del Sud America. Giovanni ha realizzato un viaggio strepitoso insieme ad altri due grandi musicisti, Francesco Cafiso e Dino Rubino. Il pianista peloritano firma otto composizioni originali; Rubino è autore di un’altra e poi ci sono 3 rivisitazioni di brani celebri di quella tradizione popolare: “Oblivion” di Astor Piazzolla, “Beatriz” di Edu Lobo e “Besame Mucho” di Consuelo Velasquez. Si esibiscono insieme nella serata di Messina: oltre al pianoforte di Mazzarino, Dino Rubino, tromba e flicorno, il giovanissimo peruviano, Humberto Amesquita al trombone, Orazio Maugeri al Sax contralto, Rino Cirinnà al Sax tenore, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alle percussioni.
L’ispirazione può essere quindi un viaggio che diventa un ritratto di qualcuno o qualcosa?
“Andando in tour nel 2012, ho scoperto la bellezza dell’America Latina, di quel popolo affascinante che mi ha lasciato tanto, un popolo fatto dai figli degli Incas, prima dell’epoca ispanica. L’ambiente è sempre caldo e pieno di sonorità e ritmi dovunque vai. E’ una gioia imbattersi in gruppi di giovani che, a bordo degli autobus, suonano con entusiasmo ed esperienza. A Cali, una città della Colombia per esempio, ci sono ben 800 locali di musica live: ciò vuol dire che un musicista, in due anni, non si esibirà mai nello stesso posto. La cultura del suono ha un valore che spesso, in Italia, non viene compreso”.
Lei è docente di pianoforte da 25 anni. Come ci si rivolge ad un ragazzo che intende prendere lezioni di musica e magari viverci?
“La musica va studiata nella direzione giusta che la musica prevede. Studi avanzati non albergano in Italia. Tante menti di questa disciplina fuggono perché non hanno la possibilità di farlo per lavoro. Io, dal 1988, sono andato via girando il mondo. Ho vissuto, per esempio, in Svizzera. Sì, è vero che risiedo in Sicilia perché è un’Isola straordinaria ma si impara molto da altre culture, anche per periodi brevi come si può fare in tournée durante i concerti. Ho voluto restare ancorato al mio territorio per mettere a servizio le mie competenze per la comunità”,
Come si pone la Sicilia e l’Italia nei confronti dell’arte? Un musicista affermato riesce davvero a stare bene o cosa deve inventarsi?
“Non dobbiamo mai dimenticare che molti posti di comando nel mondo della musica appartengono ai Siciliani. Questa regione ha contribuito fortemente all’arte in genere e ha un’eredità molto forte da portare avanti. Il “Messina Sea Jazz Festival”, costituito con l’Associazione culturale “Minerva” di cui sono direttore artistico, è creatura di questo concetto. L’evento è nato con altri due amici e amanti della musica, Lello Manfredi e Umberto Vivaldi con cui condividiamo il secondo anno di preparazione. Quando, in Italia, l’organizzazione della cultura è poco seria, noi cerchiamo di rispondere con validi contenuti, invitando artisti che tutto il mondo ci invidia come Paolo Fresu, ospite la prossima estate del concerto inaugurale e di chiusura del Festival. Bisogna investire di più sui circuiti artistici che sono in grado di attirare pubblico e ulteriori investimenti.
Mazzarino, dunque è musicista, compositore, direttore artistico di molti festival jazz, editore, didatta… C’è qualche rimpianto nella sua vita professionale? C’è un artista con cui avrebbe voluto collaborare e non c’è riuscito o non ha potuto conoscere?
“Nessun rimpianto. Ho fatto tutto ciò che desideravo professionalmente. Un artista che mi è mancato conoscere, anche umanamente, è il Maestro John Coltrane”.
Un bravo musicista come lei si fa trascinare anche nel ballo?
“Sono un grande appassionato di tango. Non lo so ballare ma lo so scrivere. Sentire il ritmo non significa poi saperlo coordinare ai passi. Ammiro la danza ma non riesco a vedermi nel ruolo di ballerino”.
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