Giuseppe Pambieri: “Porto in teatro Dante Alighieri”


giuseppe pambieri

In occasione della rappresentazione “La cantica del lupo e l’altre stelle”, un recital sui versi più noti di Dante Alighieri e della sua Divina Commedia, svoltosi in questi giorni a Marzamemi, incontriamo alla fine dello spettacolo, dopo aver salutato un pubblico emozionato e coinvolto, l’attore Giuseppe Pambieri con il quale approfondiamo e conosciamo la nascita di questo progetto teatrale ripercorrendo insieme alcuni momenti salienti della sua carriera.

Ritorna di nuovo in Sicilia con un lavoro particolare ed interessante, che racconta il sommo poeta. Ci parla di quest’esperienza?

“È uno spettacolo che ho accettato di fare volentieri. È stato ripreso nuovamente quest’estate e a grande richiesta ci saranno altre quattro repliche in inverno. Definirei questa messa in scena una passeggiata che ci permette di entrare con piacere nel mondo dantesco. Una bella esperienza che ho condiviso con tutto il cast con molta gioia e che ha attirato molti giovani a teatro”.

Andiamo a ritroso nel tempo ricordando i suoi inizi. Lei è stato allievo di Giorgio Strehler e sin da subito primo attore nel ruolo di Oreste nell’unica messa in scena italiana delle “Mosche” di Sartre. Cosa ricorda di quegli anni?

“Quando mi avvicinai al Piccolo di Milano studiavo ancora. L’insegnamento appreso all’Accademia è stato fondamentale, oltre che formativo, per lo sviluppo della mia carriera. Strehler era un uomo sorprendente, che mi ha dato tanto. Provenendo da un certo tipo di studio e contesto teatrale ho avuto modo di incontrare i grandi personaggi del Teatro come Enrico Maria Salerno, Luca Ronconi, Franco Zeffirelli… . La scuola del Piccolo è stata una palestra eccezionale che mi ha fatto amare e capire cos’è il teatro”.

Prima di scegliere la carriera attoriale era iscritto a giurisprudenza e come spesso accade in questi casi lo spettacolo e l’amore per l’arte presero il sopravvento. Ci racconta come avvenne questa decisione?

“Mi sono iscritto quasi contemporaneamente all’università e all’accademia, perché covava in me una grande voglia di comunicare. Vedevo in televisione i vari sceneggiati e rimanevo affascinato da quel mondo, così decisi di informarmi se ancora ci fosse possibilità di accedere ai corsi del Piccolo di Milano. Con grande rammarico le iscrizioni erano già chiuse, ma come accade per magia o per semplice destino furono riaperti gli accessi e m’iscrissi. Da  quel momento cominciò la mia storia di attore”.

Ma continuava lo stesso a dare esami …

“Si ho studiato e ho dato anche un po’ di esami, ma alla fine ho scelto il teatro. Avrei potuto completare lo stesso gli studi, ma avrei perso anni fondamentali per un giovane attore. Sono convinto che sia necessario iniziare presto, in quanto si ha più tempo e modo di affermarsi e vivere la propria formazione”.

Cosa consiglia a tutti quegli attori o aspiranti tali che hanno superato i trent’anni e che cercano, nonostante la crisi, il famigerato posto in prima fila?

“Iniziare subito e non perdere tempo è fondamentale oltre che utile. È doveroso staccarsi dalla propria città, per cercare di vivere le possibilità che danno Roma o Milano, fucina del Teatro e del Cinema. Rimanere al “paesello” non porterà a nulla d’importante e ci si ritroverà a quell’età in cui il tempo passa e si deve, per forza di cose, scegliere un lavoro e rincorrere con estrema difficoltà anche una parte non di grande spicco. Un attore a ventiquattro – venticinque anni deve essere già formato, perché in caso contrario tutto sarà più difficile anche se non impossibile. È doveroso fare la gavetta in modo giusto ed avere pazienza e volontà, per affermarsi in un mondo in cui oggi c’è molta dispersione ed è più difficile diventare famosi. È un mestiere in cui è giusto sapere che si deve soffrire, sudare e studiare tanto, per ottenere dei risultati soddisfacenti”.

Teatro, Cinema e Televisione sono elementi fondamentali della sua carriera di attore a trecentosessanta gradi. Ha partecipato ad esempio alla rivista “Rete tre” con Gianni Morandi, Ombretta Colli e Arnoldo Foà facendo parte di quella particolare sperimentazione tipica degli anni settanta …

“È vero non mi sono fatto mancare nulla. Ho avuto la fortuna di partecipare alla nascita di quella televisione pulita, bella in cui si ballava, cantava e scherzava costruendo un progetto. Mi sono divertito molto ed è stato un bel periodo. Mi piace passare dal comico al tragico, perché credo che l’attore debba saper affrontare tutti i ruoli”.

Da questo tipo di ragionamento è deducibile che la scelta della fortunata serie “Incantesimo” sia stata una decisione felice …

“Ho fatto parte del cast per quasi nove anni. Incantesimo mi ha dato quella popolarità, che solo la televisione può dare. Si è creato un fan club e ho ricevuto molte manifestazioni d’affetto utili anche per la mia attività teatrale. Sono contento che da quest’esperienza molti ragazzi siano venuti a teatro”.

La sua famiglia è composta da artisti. Come vive, ad esempio, il rapporto lavorativo con sua moglie l’attrice Lia Tanzi? Non si è mai creata competizione?

“Assolutamente no. Ognuno ha i suoi spazi ed è felice del successo dell’altro sostenendoci a vicenda. È bello poter condividere anche il lavoro senza problemi”.

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