Che il jazz affondi le sue radici nella cultura afroamericana è noto a tutti. Ma quanti sanno che ad incidere il primo disco della storia del jazz fu un artista di origini siciliane? Stiamo parlando di Nick La Rocca, nato da genitori trapanesi emigrati a New Orleans. La sua complicata e singolare vicenda è rievocata dal regista Michele Cinque nel film documentario dal titolo “Sicily Jass – the world’s first man in jazz”, che è stato presentato nell’ambito della decima edizione del SalinaDocFest e che verrà proiettato il 17 giugno al Taormina Film Festival. Il film non ripercorre semplicemente la tappe musicali di Nick La Rocca ma vuole essere “il viaggio nell’anima di un uomo che ha tentato, sbagliando quasi tutto, di riservarsi un posto tra le stelle della musica.” Tuttavia, un lavoro cinematografico non può di certo essere racchiuso in una frase. È per questo che Sicilia&Donna si è rivolta direttamente al regista per chiedergli alcune curiosità su un film che cerca di conciliare, in maniera abile, realtà e invenzione.
Intervista al regista Michele Cinque
Da dove nasce il desiderio di realizzare un film documentario sul pioniere siciliano del jazz?
“Nasce un po’ per caso, da un incontro. Mi trovavo negli Stati Uniti a girare un film su Louis Armstrong per la Rai e mi sono imbattuto in un anziano storico di New York che mi ha raccontato dell’esistenza di un cromosoma siciliano nella musica jazz. Era un fatto che sconoscevo, pur essendo un appassionato del genere jazz. Questa storia mi ha incuriosito molto, così ho iniziato a documentarmi su Nick La Rocca. Mi sento fortemente legato alla Sicilia e a tutto ciò che la riguarda poiché mia nonna è nissena e ho trascorso gran parte della mia infanzia nell’isola.”
Parliamo della figura di Nick La Rocca. In pochi sanno che fu proprio questo artista siciliano, insieme all’Original Dixieland Jass Band, ad incidere il primo disco della storia del jazz nel 1917. Cosa colpisce della sua storia?
“La sua vicenda è poco conosciuta, forse perché non è passato alla storia come un eroe. Al contrario, lo definirei un anti-eroe a tratti paranoico e tormentato che fu scomodo a molti. Quel che colpisce è la vicenda umana problematica del padre del jazz bianco i cui meriti non vennero facilmente riconosciuti come accade per altri artisti. Spesso si ritrovò, infatti, a scontrarsi col mondo degli afroamericani che cercava di riscattarsi, portando avanti la lotta per la conquista dei diritti civili. Il jazz era considerato un genere musicale appannaggio dei neri americani, da cui i bianchi erano tendenzialmente tagliati fuori. Inoltre, non va dimenticato che nella prima metà del ‘900, i migranti provenienti dall’Italia meridionale non venivano visti di buon occhio poiché spesso prendevano il posto degli afroamericani come braccianti agricoli nelle piantagioni americane. Tra gli anni ‘30 e ’40, Nick La Rocca dovette affrontare controversie con coloro che si apprestavano a scrivere la storia del jazz. E non avendo gli strumenti culturali adatti, non riuscì ad imporsi, divenendo così il primo nemico di se stesso.”
Passiamo al set. Dove è stato girato il film?
“Il 70 % del film è stato girato a New Orleans mentre il resto delle scene in Sicilia, nella Valle del Belice tra Gibellina, Salaparuta e Poggioreale. Quelli siciliani sono dei set davvero incredibili, che dal terremoto del ’68 sono rimasti quasi del tutto immutati.”
Cosa può dirci, invece, delle musiche del film? Sicuramente avranno una ruolo determinante…
“Tra le mie intenzioni c’era quella di realizzare una colonna sonora originale ed è quello che abbiamo fatto nell’antico paese di Poggioreale, grazie al contributo della banda musicale di Salemi e del quintetto guidato dalla tromba di Roy Paci.”
ll documentario è un genere che svolge una duplice funzione sociale. Può essere contemporaneamente sia testimone infallibile di verità che fabbrica dei sogni. Quanto c’è di autentico e storico in questo lavoro? E quali sono, invece, gli elementi di funzione?
“Sicily jass si muove su un doppio registro: uno narrativo e di finzione, ovvero quello ambientato in Sicilia in cui appaiono Roy Paci e Mimmo Cuticchio che interpretano quei siciliani che alla fine ‘800 partivano per cercare fortuna in America; l’altro, invece, è rappresentato dal documentario classico, frutto di una lunga ricerca storica. Attraverso il film, alcuni documenti sconosciuti legati alla vita problematica di Nick hanno la possibilità di rivivere ed essere riscoperti dal pubblico. Durante la fase della documentazione, abbiamo trovato un filmato del 1937 contenente un’esibizione dell’Original Dixieland Jazz Band ed un altro rarissimo risalente al 1921 in cui la band si esibisce al Central Park in presenza degli elefanti dello zoo. Tra i documenti ritrovati, c’è pure una cassetta con le ultime interviste di Nick, risalenti agli anni ’50. Si è deciso di dare al lavoro un tipo di struttura narrativa che, grazie ad una voce narrante, accompagna lo spettatore facendolo entrare in intimità con il personaggio.”
Questo non è il suo primo lavoro incentrato su un personaggio che ha fatto la storia della musica. Precedentemente ha diretto un documentario su Louis Armstrong e un altro sul profeta del reggae Bob Marley. Ha in mente altre pellicole a tema musicale?
“Al momento sono impegnato con un lavoro sull’utopia, ma sicuramente tornerò a raccontare di musica che è una mia grande passione.”
Per ulteriori informazioni sull’opera, è possibile consultare il sito: http://www.sicilyjass.com/it/
Di Rosita Cipolla
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