Il suo sguardo ti fissa deciso ma in realtà viaggia lontano, forse assorta da altri mondi oltre quello che la circonda. L’ isola dov’è nata, Salina con la sua struggente bellezza naturale, l’ albergo della sua famiglia a Malfa, il Signum, pluripremiato boutique hotel incastonato in un antico borgo eoliano che compie 25 anni, la sua famiglia, i Rametta, il padre Michele, la madre Clara instancabile assessore al Turismo, il fratello Luca con cui lavora fianco a fianco in armonia. Niente la spaventa: né la dura gavetta, né i pienoni di alta stagione, né tantomeno i guru stellati da cui ha appreso il senso della disciplina.
Martina Caruso, 23 anni ed una determinazione da vendere nel voler diventare chef, non fatica ad ammettere che la sua sicurezza viene dall’avere la sua famiglia accanto, nel condividere con loro le scelte in cucina, preparare insieme i menù, ascoltare i loro consigli mentre è ai fornelli. E la sera, produrre un piccolo miracolo. Accanto ai piatti di Michele ( il padre, lo chef che ha per anni reinventato la cucina eoliana al Signum ) i mitici paccheri al ragù bianco di pesce, o i ravioli di pasta fresca con ricotta, capperi e pomodorini, lei ha introdotto un ricchissimo menù degustazione dal sapore innovativo: crudi di pesce con la frutta, triglia e gamberoni in salsa d’ arancia, cannolo di baccalà e sorbetto al basilico, oltre a dleicatissimi, piccoli dessert.
Lo faccio per divertirmi e per divertire i nostri clienti- afferma – ma i piatti di mio padre, quelli classici, nel menù di casa Signum non possono mai mancare…
Come è diventata chef? Di solito è un lavoro talmente duro che lo fanno gli uomini…
“Ho iniziato quasi per caso e non penso affatto di essere pronta per definirmi una vera chef. Da piccola ero timida e mi rifugiavo in cucina, mio padre lavorava in mezzo a pentole e fornelli, la cosa mi attirava ed ho cominciato ad imparare subito… Dopo la scuola alberghiera a Cefalu’ ed uno stage al Gambero Rosso, ho iniziato subito a lavorare in cucina con maestri veri: alla Rosetta di Roma, e poi Londra ( dallo chef Jamie Oliver) La fatica non mi spaventa, e so che sarà difficile per me trovare il tempo di dedicarmi ad una famiglia. Si lavora dalla mattina alla sera tardi con qualche ora di pausa, Praticamente no stop, ma io ci metto tutto il mio cuore. E’ vero noi siamo un’ equipe riuscita, mio padre fa la spesa e mio fratello Luca decide con lui i menu’ che cambiamo quasi ogni mese per non annoiare i clienti. Andiamo sempre sui sapori del territorio ma stiamo innovando, rivisitiamo i piatti tipici per divertire chi sta a tavola, ma anche per tenere conto delle nuove tendenze e delle tecniche di cottura. Un mio piatto di cui sono entusiasta? L’ arancino allo scorfano e zafferano in brodo di pesce”.
Bisogno di fuga? A 23 anni come si vive il rapporto con l’ isola?
“In inverno vado via da Salina, come molti giovani l’ isola mi sta stretta e preferisco Roma o Londra dove andare ad imparare. Quest’ inverno sono stata per uno stage a Vico Equense dal grande Gennaro Esposito, è stata un’ esperienza dura ma importante, a contatto con altri dieci ragazzi. Ho imparato a non guardare mai l’ orologio, ad essere metodica e precisa, a stare in equipe, e alla fine mi sono sentita in famiglia. Poi pero’ per San Giuseppe, all’ arrivo della primavera penso alla mia isola, ai miei amici, al mare, ai colori. Così ritorno, e con la mia vespa mi riapproprio dei miei spazi di libertà, corro sulle strade di Salina e capisco che è qui la mia vita”.
Cosa c’è nel suo futuro? Solo cucina ?
“No, vorrei prendere una macchina fotografica e girare un po’ per il mondo, ma per conoscere le culture e la gente, non certo solo cibo e cucina. Secondo me in Italia e nelle varie regioni alla fine abbiamo tutto, almeno per quanto riguarda l’ agroalimentare, ma il mondo va scoperto per poi tornare sulla propria isola”.
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