“Ogni regista ha le sue predisposizioni, passioni ed affinità. Io amo il teatro del settecento”. Così ha esordito Luca Verdone, regista, autore teatrale e cinematografico, nella cornice del Teatro Sangiorgi, durante un incontro con gli studenti della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, dei licei Spedalieri, Cutelli, Galilei e dell’Istituto di Belle Arti. Il regista romano debutterà il 5 maggio al Bellini con Le nozze di Figaro di Mozart. Tra gli interpreti: Stefania Bonfandelli, Paul Armin Edelmann, Ekaterina Sadovnikova, Nidia Palacios. L’orchestra sarà diretta da Sergio Alapont.
La sua edizione de Le nozze di Figaro si caratterizza per innovazione e tecnica. Quali sono le differenze e le novità rispetto alle precedenti rappresentazioni?
“La mia edizione si identifica nel tentativo di riportare la grande poesia dell’opera di Mozart e di Da Ponte comunicando la malinconia, la levità e l’ironia del rapporto che l’uomo deve instaurare con la vita. Ho cercato di riproporre quella leggerezza che c’è nel sottilissimo rapporto tra l’uomo, la quotidianità e il legame con i suoi simili, quindi non realismo, non un concetto pesante della realtà, ma una riproposizione sottile dell’humus poetico di Mozart creando un confine tra la vita e l’immaginazione”.
In tv andrà in onda a breve un film per la Rai, da lei diretto. Sarà dedicato ad Antonio Franconi e al circo del settecento. Ne sarà protagonista Massimo Ranieri nei panni del famoso circense, inventore di giochi equestri. Quali sono le differenze tra la regia teatrale e quella cinematografica?
“Nel cinema bisogna cogliere l’attimo, l’istante; infatti l’attore deve dare il massimo nel momento specifico, nell’atto in cui si pretende quell’espressione, quella scena. L’attore cinematografico deve dare il massimo in pochi minuti, mentre a teatro deve essere immerso in un’atmosfera, ed è sempre un susseguirsi di emozioni. È, a mio parere, più difficile il teatro ma dà molto di più come soddisfazione e appagamento personale. Il discorso cinematografico è legato molto, moltissimo alla fortuna”.
Questo è un periodo in cui la parola cultura è svuotata di significato; si pensa solo a fare grandi tagli. Come giudica tutto ciò?
“La cultura non è un divertimento inutile di cui si può fare a meno. È il petrolio del nostro paese. L’America o l’Alaska hanno i pozzi petroliferi ed è su questo che hanno basato la loro economia. Il nostro bene da promuovere nel mondo è la cultura. Quando la classe dirigente capirà che è sbagliato andare al potere per arricchirsi, per assicurare il lusso alle proprie famiglie e tutelare, solo, il benessere personale, sicuramente vivremo meglio. Quando si comprenderà che uno dei bisogni fondamentali della nostra società e dell’Italia è la cultura, sono sicuro che le cose cambieranno”.
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