Di gavetta, per sua stessa ammissione, ne ha fatta tanta. Non ancora diciottenne fece il suo ingresso nel mondo della danza. Nel 1991 il primo musical.
Da allora Manuel Frattini ha collezionato una serie di successi teatrali che hanno varcato i confini italiani. Impresa non certo facile per i musical made in Italy.
Se si scorre il suo curriculum vitae ci si perde a seguir l’elenco di premi vinti. Ne citiamo solo qualcuno: il Premio IMTA (2003) Premio Musical Award come miglior attore protagonista (2004), Arca d’argento assegnato da Arcademia per “La sua straordinaria capacità di interpretare e promuovere il Musical in Italia” (2005). E basterebbe citare uno spettacolo su tutti: Pinocchio, il grande musical dei Pooh che debuttò al Teatro Diners della Luna, nuovo teatro di grandissime dimensioni costruito per l’occasione a Milano, nell’area del Forum di Assago. E andò in onda in prima serata a Natale 2005 su Italia Uno.
Manuel Frattini oggi veste ancora una volta i panni dell’eterno bambino. Dopo due anni di assenza dai palcoscenici dello Stivale torna Peter Pan, il musical, in Sicilia su iniziativa di Agave Spettacoli: il 3 e 4 gennaio sarà a Palermo al teatro al Massimo (ore 18), il 6 e il 7 gennaio l’appuntamento è a Catania al Teatro Metropolitan (ore 21).
Come va?
“Bene, benissimo grazie”.
Parliamo di Peter Pan, spettacolo già portato in Sicilia qualche anno fa.
“Sì, è vero. Il debutto è stato nella stagione 2006/2007, e adesso torno ad interpretare questo personaggio e lo faccio con grande piacere. Le due stagioni che ho citato sono state incredibili. È uno spettacolo che ha dato grandi soddisfazioni. Ha vinto due biglietti d’oro, ha fatto centinaia di repliche e ha conquistato tanti spettatori. Ma a me, più che parlare di numeri, piace sottolineare l’emozione e la qualità dello spettacolo che affascina grandi e bambini. Lo stesso tipo di magia che sta creando anche in questa stagione”.
Nel 2006 il debutto, poi la tournée. Perché si interrompe uno spettacolo che ha successo?
“Io nel frattempo ho fatto altro. La verità è che quando lo spettacolo ha totalizzato così tante repliche in pochi anni lo devi parcheggiare un attimo perché l’interesse si risvegli”.
Rispetto alla versione precedente cosa è cambiato?
“Il cast: tanti ragazzi giovani, bravi e motivati. Mi fa molto piacere ritrovare Pietro Pignatelli nel ruolo di capitan Uncino. Abbiamo lavorato insieme in Pinocchio, interpretava Geppetto. E poi c’è Marta Rossi (tra le altre cose è stata cantante finalista di Amici di Maria De Filippi nell’edizione 2007-2008, ndr) nel ruolo di Wendy”.
Di gavetta come tiene a precisare ne ha fatta tanta. Se si spulcia su youtube si ritrova un giovanissimo Manuel Frattini in tv accanto (faccio un esempio su tutti) ad Heather Parisi. Erano anni in cui la danza in tv c’era e aveva successo. Oggi sembra quasi bandita. Cosa è cambiato?
“Vorrei capirlo anche io. Ma forse dovremmo chiederlo a chi definisce i palinsesti televisivi. Oggi la tv si divide tra fiction e reality. Non molto altro. Fiorello per esempio fa riscoprire il valore di quel tipo di spettacolo, un varietà di grande qualità, con grandi ospiti e grandi autori, ma anche grande audience. Bisognerebbe chiedersi cosa vogliono gli italiani. Se i teatri sono pieni quando ci sono i musical, forse alla gente non dispiacerebbe riveder la danza in televisione”.
Pinocchio è stato uno dei pochi musical ad andare all’estero. Perché i musical italiani non riescono ad oltrepassare le Alpi?
“In questo senso noi siamo appena nati. America ed Inghilterra hanno una grande cultura del teatro musicale. Noi abbiamo avuto Garinei e Giovannini, è vero, ma non abbiamo una tradizione ben radicata. Non posso quindi che ricordare con orgoglio che Pinocchio è andato in America dopo 46 anni dall’ultimo spettacolo “esportato”. Siamo un paese appena nato sotto questo punto di vista. In America ci sono molti college dove studiare questa arte”.
Qual è il precedente “esportato”?
“Rugantino”.
A giudicare dai titoli degli spettacoli che hanno fatto successo all’estero verrebbe da pensare che emigra ciò che è tipicamente italiano.
“In effetti cosa c’è di più tipicamente italiano di Pinocchio? Una storia scritta da un italiano e interpretata da italiani ha entusiasmato il pubblico americano. Penso che quello che dovremmo accettare è che anche in Italia ci sono dei talenti, coreografi, registi, attori, ballerini. Noi saremmo capaci di rappresentare qualità anche fuori dal nostro Paese”.
La sua biografia è una lista interminabile di spettacoli, premi, riconoscimenti. Quali altri traguardi professionali?
“Devo ammetterlo: mi sento un privilegiato. Se una persona riesce a vivere della propria passione può ritenersi fortunata. Ma io ho tanto sogni nel cassetto, come chiunque. Non mi sento completamente realizzato e non so se mi ci sentirò mai. Forse è un bene perché questo stato d’animo mi spinge a fare di più. Ho preso coscienza di aver fatto un bel pezzo di strada anche grazie alla Compagnia della Rancia. Sento una sorta di piacevole responsabilità. Ma non posso mai dare nulla per scontato. Il giudizio è sempre nelle mani del pubblico”.
Per usare un luogo comune, tra donne ci si lamenta spesso degli uomini e sugli uomini si ha quasi sempre la stessa idea: sono affetti da un’inguaribile sindrome di Peter Pan.
“Ah ma io ce l’ho. Faccio parte della categoria e non guarirò mai. Rifiuto tutte le responsabilità, dimentico di pagare le bollette, le multe. Anzi devo dire che esserlo mi aiuta molto, specie se interpreto personaggi come Pinocchio e Peter Pan”.
Nel mondo del teatro, si sa, ci sono molti gesti scaramantici. Cosa fa lei prima di andare in scena?
“Non parlerei di scaramanzia, ma di un gesto affettivo. Dico sempre che ho ereditato la mia passione da mio padre che ho perso quando avevo 14 anni. Lui era un intrattenitore, un animatore, se fosse vissuto in un’epoca diversa avrebbe fatto il mio stesso mestiere. Porto sempre al dito il suo anello, è il mio gesto affettivo, non scaramantico, mi dà la giusta forza, la giusta guida”.
Pronto al debutto in Sicilia. In questi casi cosa preferisce che si dica: auguri o in bocca al lupo?
“Gli auguri possiamo farceli visto che siamo in periodo di feste e di inizio d’anno, ma per lo spettacolo meglio dire in bocca al lupo”.
Allora in bocca al lupo.
“Grazie e che crepi”.
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