Marcello Perracchio: “Io un bravo attore? Ancora ho tanto da imparare”


Simpatia, ironia ed estremo rispetto per la professione dell’attore sono le caratteristiche principali di Marcello Perracchio, volto amato dal grande pubblico per aver dato vita al misogino e lunatico dottor Pasquano in “Il Commissario Montalbano”. Tanti i film di successo come  la Piovra, Gente di Rispetto, Il giudice ragazzino, Pizza Connection e innumerevoli i successi teatrali con il Teatro Stabile a fianco di Turi Ferro, Ida Carrara e Mariella Lo Giudice. Premiato in occasione della XXVII edizione del Premio Martoglio  per la lunga e consolidata carriera seduti nel comodo salotto della sua residenza ragusana conosciamo chi è Marcello Perracchio.

Il suo nome è immediatamente associato alla fortunata serie televisiva, tratta dalla penna di Andrea Camilleri, “Il Commissario Montalbano”. Il ruvido e schivo dottor Pasquano, il personaggio da lei interpretato, è un uomo apparentemente burbero ma dal cuore tenero cosa le ha dato e cosa le ha tolto la realizzazione di questo ruolo?

“Mi ha dato tanto  a livello di notorietà. Non penso che lo scorbutico dottor Pasquano mi abbia tolto qualcosa. Molto probabilmente mi ha in parte negato la possibilità di essere visto con altri occhi. I grandi attori, sottolineo che io non mi ritengo un grande attore, dando vita sempre ad un ruolo alla fine non riescono a staccarsi da quel ruolo nel giudizio della gente, perché saranno identificati per sempre in quel contesto interpretativo ma anche questa è una caratteristica del successo”.

Ricorda il provino per l’assegnazione del ruolo?

“Io sono arrivato per caso nel set di Montalbano. Ho fatto un provino quando tutti i personaggi importanti erano stati assegnati. Il regista Alberto Sironi mi disse: “Ti affido un ruolo che sarà presente in tutte le serie televisive”. In tutti i posti dove vado mi riconoscono per Montalbano e mi chiedono di ripetere la celebre frase: “Non mi rompa i cabasisi”.

C’è stato durante le riprese di Montalbano qualche avvenimento particolare? La sua frase tormentone, “Non mi rompa i cabasisi”, è stata adottata pian piano da tutti gli attori protagonisti possiamo sapere com’ è accaduto?

(ride)

“È una frase che ha avuto effetto, perché prima la dicevo solo io poi nel corso degli anni l’hanno detta un po’ tutti da Montalbano a Mimì Augello. In un set cinematografico ci si vede solamente nella scene in cui si è protagonisti, perché ognuno fa una vita a parte. La troupe di Montalbano è molto affiatata, perché è quasi sempre la stessa e c’è un forte senso d’unione e di gruppo. Con Zingaretti abbiamo sempre cercato di vivacizzare la scena e renderla più accessibile e divertente al grande pubblico. È  un gruppo di lavoro molto organizzato e stiamo bene insieme per il tempo che giriamo; dopo le riprese ognuno vive la sua vita e non ci si sente più fino alla prossima scena. Questo sintetizza un po’ la vita dell’attore, perché in generale la nostra vita è caratterizzata da un’ alta dose di solitudine; è difficile trovare amicizie vere nel nostro ambiente. L’attore è un uomo solo che vive in contraddizione con il suo essere e la sua istintività”.

Attore dalla consolidata carriera e dalla fama indiscussa. Al suo attivo tanti successi teatrali e cinematografici come Il consiglio d’ Egitto, La Governante, Gente di rispetto, La Piovra … Ricorda il suo primo debutto?

“Certo. È stato all’ oratorio salesiano della mia città. Avevo tra i cinque e i sei anni. Era una recita di natale ed interpretavo l’anno nuovo, mentre da professionista ho debuttato nel 1981 con il Teatro Stabile di Catania con Turi Ferro primo attore al Piccolo di Milano, il tempio del teatro italiano”.

Citando Turi Ferro non possiamo non ricordare la sua indimenticabile compagna di vita e di lavoro da poco scomparsa Ida Carrara. Lei ha lavorato con entrambi possiamo avere un suo ricordo?

“Ida Carrara è stata una compagna di lavoro straordinaria e sposa esemplare. Ha dedicato la vita al teatro e a suo marito; è stata sempre in bilico tra il dover fare la madre e l’attrice. Ricordo che è stata un’ amalgama per tutta la compagnia ed è stata un vero esempio da seguire. Adesso ha raggiunto Turi e sta recitando con lui lassù in cielo. Mi piace ricordarli così”.

Sulla scena da oltre cinquant’anni. È in grado di passare felicemente dalla tragedia classica al teatro di tradizione dialettale, fino alle più ardite sperimentazioni della drammaturgia del Novecento. Tra i tanti lavori interpretati c’è un personaggio a cui affettivamente è più legato?

“Io ho partecipato a diversi lavori scritti da Pippo Fava. Sono molto legato, fra tutti, a “L’ultima violenza”. Interpretavo un emigrante asservito e ricattato dalla mafia che nel bisogno, per difendere la sua casa e la sua famiglia, cede all’ ingiustizia mafiosa. La mafia s’impadronisce dello spirito, della volontà di quest’uomo attraverso i suoi bisogni. Il protagonista per non perdere la serenità conquistata si dichiara disposto ad uccidere. Questo personaggio mi ha dato enorme soddisfazione, perché in tutta Italia ho ottenuto applausi a scena aperta. Mi è rimasto impresso nel cuore non solo per le grandi soddisfazioni, ma per l’intensità e il sentimento rappresentato nel dare vita alla storia scritta dall’indimenticato amico Pippo Fava. Nella commedia siciliana ricordo con molta simpatia “Fiat Voluntas Dei” in cui interpretavo il sindaco. Sono tanti i personaggi che amo. Ho avuto sempre la fortuna di accostarmi al teatro con amore e affetto ma, soprattutto, con grande rispetto. Certo ci sono ruoli che sono più congeniali al proprio carattere e altri meno ma è importante vivere quello che si fa con attenzione e diligenza”.

Quest’ estate l’abbiamo vista protagonista al Cortile Platamone con “Fantasticheria … mare di provvidenza”, l’elaborazione dei Malavoglia di Antonella Sturiale. Una revisione teatrale del testo verghiano diretto da Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna de La Compagnia G.o.D.o.T di Ragusa. In quest’occasione hanno recitato le piccole leve della compagnia. Vede un futuro, attraverso questi ragazzi, per il teatro?

“La scuola della Compagnia G.o.D.o.T con la quale io ho lavorato con gioia e onore  è l’ancora di salvezza, di rinascita per il teatro. L’entusiasmo che hanno provato questi ragazzini nel vivere lo spettacolo mi ha fatto ricredere sulla validità e la voglia di continuare a fare teatro. I miei giovani colleghi sono stati disposti a dare tutto per la riuscita della rappresentazione. Per fare “Fantasticheria” hanno rinunciato persino alle vacanze. Quale gesto d’amore più straordinario di questo?! Penso che  né gli sportivi o altri appassionati di qualunque tipo di disciplina possano dimostrare tanto per una passione”.

Quindi esiste ancora la figura dell’ attore?

“In questo momento non credo che ci siano attori di punta. Non c’è nessuno o quasi che possa raggiungere le vette che hanno raggiunto Turi Ferro o Vittorio Gasmann o Salvo Randone … questi sono dei miti e nessuno fino ad oggi potrà eguagliarli. Le nuove generazioni non avranno la possibilità di poter vedere all’ opera questi artisti che riuscivano ad impersonare tutti i tipi di personaggi fino a renderli vivi con tutte le sfaccettature umane, psicologiche e caratteriali. Oggi non studia più nessuno e , secondo me, è necessario studiare per imparare cos’è il teatro”.

Lei ha chiesto al sindaco di Ragusa di dare ai ragazzi la possibilità di poter creare degli spazi adatti alla recitazione come le Chiese sconsacrate. Possiamo sapere a che punto è questo progetto?

“Abbiamo avuto la disponibilità assoluta da parte dell’amministrazione comunale. I tempi della politica sono lunghi ma ho notato che c’è buona volontà. Ora aspettiamo l’approvazione del nuovo bilancio del Comune di Ragusa in modo che si possano realizzare le tante proposte. È già un bel successo, soprattutto, in un clima austero come quello che stiamo vivendo in cui i tagli alla cultura sono all’ordine del giorno”.

Possiamo dire che la politica in questo caso specifico non sta distruggendo il teatro ma lo sta aiutando ….

“Già, ma solo in quest’ occasione. Mi auguro che lo Stabile di Catania risorga da questa brutta situazione in cui è costretto a vivere. Ricordo Mario Giusti che diceva: “Quando la politica non entra a teatro si riescono a fare grandi cose”. Io sono d’accordo con il mio amico Tuccio Musumeci che dice: “Da quando la politica si occupa di cose che non sa fare e non conosce come nel caso del teatro tutto va a rotoli”.

Lei ha vinto tantissimi premi e riconoscimenti. Quando ha capito che è diventato un attore di successo e dalla fama consolidata?

“Ancora non l’ho capito! (ride) C’è sempre da imparare e ancora credo di dover fare lo spettacolo più importante della mia vita. Non so quale sarà ma voglio sempre guardare il futuro con gioia. Sono arrivato tardi al teatro e ho cercato di prendere il massimo dai miei maestri e compagni di lavoro. Ancora non lo se sono diventato bravo”.

Prossimi impegni lavorativi?

“Con la Compagnia G.o.D.o.T faremo un lavoro importante ma per scaramanzia non voglio aggiungere altro”.

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