Massimo Siragusa: “Io cervello in fuga? Forse, ma torno spesso”


A Catania per una full immersion fotografica dal titolo “Città, architettura, relazioni” organizzata da Officina fotografica, con l’intento di evidenziare i segni del tessuto urbano, in termini umani, architettonici, urbanistici e paesaggistici; Massimo Siragusa, noto nome della fotografia italiana, veste in aula i panni di docente di fronte ad una platea di giovani aspiranti fotografi. Uomo che ha fatto della fotografia “uno stile di vita,  un’attitudine, un modo di pensare, di vedere le cose e raccontarle agli altri», docente all’Istituto Europeo di Designe di Roma, vincitore di quattro World Press Photo, presente con le sue opere in numerose gallerie italiane ed estere, è autore di diversi libri e mente creativa di svariate campagne pubblicitarie. Così si racconta ai microfoni di  Sicilia&Donna.

Massimo Siragusa, catanese di nascita, ora vive a Roma e gira il mondo, possiamo considerarla uno dei tanti cervelli in fuga che ha lasciato la sua città per fare carriera?

«Sì, ho lasciato la mia città per fare carriera, però vengo spesso a Catania, ho mantenuto forti legami e non l’ho lasciata del tutto.»

 Esserci tornato per lavoro, con l’opportunità di formare dei giovani  concittadini, che sapore ha?

«E’ una cosa che mi interessa davvero molto perché trovo che uno  dei problemi della Sicilia è non riuscire a valorizzare le proprie potenzialità. In qualche modo, vedo questo ritorno come una restituzione di ciò che ho appreso fuori e mi sembra assolutamente importante questo aspetto.»

Ogni fotografo mette qualcosa di sé quando scatta, Massimo Siragusa cosa mette?

«Trasferisco di certo la mia visione delle cose cercando di trasmettere il mio modo di intendere e concepire la fotografia.»

 Quando sceglie l’oggetto da fotografare a cosa pensa, a quello che vuole vedere lei o a quello che devono vedere gli altri guardando le sue foto?

«A quello che voglio vedere io, perché quando scelgo l’oggetto da fotografare cerco assolutamente di coglierne l’essenza, la mia essenza».

Sappiamo che è passato diverso tempo e che nel frattempo la sua carriera ha visto altre numerose importanti tappe, ma come dimenticare il blasonato ruolo che ha rivestito in qualità di fotografo di Papa Giovanni Paolo II, ci racconta questa esperienza?

«E’ stata un’esperienza formativa molto forte, iniziata quasi per caso, durata circa 7 anni e che poi ho sentito la necessità di chiudere perché la vita mi ha portato in altre direzioni cui ho avuto accesso proprio grazie a questa esperienza; il contatto con i maggiori giornali internazionali –ad esempio- e una grande visibilità all’estero che lavorando in Italia difficilmente avrei potuto avere.»

Tanti i successi professionali, vuole citarne uno in particolare?

«Tutto il lavoro che è cominciato intorno al 2001 quando ho abbandonato il reportage sul campo visualizzando la realtà attraverso una fotografia più documentaria, è in effetti la mia vera carriera o meglio l’aspetto della carriera che sento più mio.»

Scenari futuri, cosa bolle nella pentola di Massimo Siragusa?

«Ho in progetto tre mostre: una a Parigi a maggio, un viaggio all’interno di cinque capitali europee viste da un punto di vista piuttosto strano; una a Roma ad aprile sui circoli italiani ed una a giugno nel sud della Francia, sul teatro d’Italia; preferisco  non dire più di tanto perché … (sorride) è bello andarsele a vedere.»

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