Massimo Venturiello, attore, regista ed autore teatrale, noto per le numerose fiction interpretate come Distretto di polizia, Il Capo dei Capi, Il peccato e la vergogna … fa tappa a Catania con lo spettacolo “Barberia – barba capiddi e mandulinu,” , in scena al Teatro Brancati, Teatro della città.
Sul palco del Brancati ricorda una Sicilia d’altri tempi. Come nasce lo spettacolo?
“Barberia è nata in maniera particolare. Ricordo che Maurizio Piscopo, uno dei musicisti della Compagnia Popolare Favarese che suona con me in scena, durante uno spettacolo di Tosca al Politeama di Palermo, portò un libro che raccontava la storia delle antiche barberie siciliane. Un testo di cui mi sono subito innamorato. Il personaggio del barbiere mi ha sempre affascinato, sin da quando ebbi, ancora bambino, tra le mani il primo calendarietto profumato con le bellezze di un tempo. Mi misi subito all’opera; parlai con Gianni Clementi, autore contemporaneo tra i più rappresentativi, e così nacque Barberia. Insieme abbiamo scritto e riscritto il testo proprio come si fa a teatro. Abbiamo realizzato tutto pensando alla scena, per questo lavoro mi sono preparato immaginando e vivendo, soprattutto, il rapporto con la musica legato alla recitazione. Mi ha immediatamente conquistato il suono dei musicisti della “Compagnia Popolare Favarese”, perché la loro musica va fuori dagli schemi e dagli standard è qualcosa di accattivante che ti arriva dentro e non può fare a meno di piacere. L’idea di non seguire uno stile è una cosa che mi stimola parecchio. Tutta la realizzazione del progetto è un qualcosa di anarchico ed è il risultato di qualcosa di particolare e diverso dai luoghi comuni”.
Lei non è siciliano, ma per motivi di lavoro si è trovato spesso in Sicilia interpretando e vivendo il nostro dialetto.
“Io amo molto la Sicilia e mi sono spesso trovato in contatto con i siciliani. La mia ex moglie è siciliana. Sono un uomo del sud e come tale non posso non essere conquistato dai colori e dalle sensazioni che trasmette questa terra baciata dal sole”.
Qual è, se c’è, l’immagine ricorrente della Sicilia per Massimo Venturiello?
“In Barberia canto una canzone che dice: “Quannu passu pi ‘sta strata d’oru…” penso al tragitto che va da Caltabellotta a Sciacca in cui il grano dorato del paesaggio entra non solo negli occhi, ma anche nell’ anima creando un’ immagine unica e mai più vista”.
Lei è quel che si dice un attore a tutto tondo. La grande notorietà arriva però con le numerose fiction televisive. Il personaggio che l’ha fatta conoscere al grande pubblico è stato il perfido Cesare Carrano in Distretto di Polizia 6. In tv le hanno fatto intrepretare quasi sempre ruoli da cattivo. Non ha paura di rimanere ingabbiato in certi ruoli?
“Realizzare un ruolo significa travestirsi. Non c’è, per me, un personaggio preferito. Nel cinema e in televisione c’è la tendenza ad utilizzare un attore per quello che sembra. L’idea del travestimento ancora da noi in Italia non è arrivata fino in fondo. C’è, quindi, la tendenza ad utilizzare la sicurezza di un successo consolidato. Se un giorno ci dovesse essere la possibilità di vedere quell’ attore in un ruolo non standardizzato la tendenza cambierebbe. Non si rischia nel proporre ruoli diversi, perché vince la legge di mercato”.
Non solo attore ma anche doppiatore. Ha prestato la sua voce a grandi del cinema come, fra i tanti, Bruce Willis o Gary Oldman. Negli anni ottanta è stato anche la mitica voce di Kitt della serie tv Supercar. Possiamo ricordare quest’ esperienza a dir poco innovativa per l’epoca?
(ride)
“In Italia c’è un gruppo di amatori che ha riprodotto la copia esatta della famosa macchina. Mi hanno chiesto di prestare la mia voce per la loro Kitt. Esisteranno in Italia una decina di macchine con la mia voce che saluta i proprietari riproducendo, almeno in parte, la sensazione della fortunata serie tv. Senza dubbio è stato un evento generazionale e non avrei mai immaginato che potesse riscuotere tanto successo. È stata un’ avventura divertente e strana”.
Cos’ è più difficile doppiare o recitare su un palco davanti ad un pubblico o ad una macchina da presa?
“Recitare è mettere in gioco la propria anima, il proprio corpo. Quando il doppiaggio è fatto ad alti livelli si presta non solo la voce all’attore ma anche i propri sentimenti. Io, in realtà, amo i film in lingua originale ma so bene che in Italia non siamo ancora pronti a vivere ed assaporare un film non doppiato. I migliori doppiatori sono italiani e spesso con un buon doppiaggio si riesce addirittura a migliorare il prodotto originale. Sono due sensazioni diverse, perché per far bene il doppiaggio bisogna essere un buon attore mentre per essere un doppiatore non necessita essere bravo attore.
A teatro qualche anno fa realizza l’adattamento teatrale de “La strada” di Federico Fellini in cui interpreta Zampanò e Tosca dà vita a Gelsomina. Come ha affrontato questo ambizioso progetto? Non ha avuto paura del naturale confronto?
“Qualunque cosa si realizzi, qualsiasi tipo di progetto s’intenda portare avanti deve essere fatto senza preconcetti, perché in caso contrario si parte perdenti sin dall’ inizio. La cosa migliore è iniziare da quell’ idea per arrivare in un’ altra direzione. Teatro e cinema sono due mondi diversi e non può e non deve esserci il confronto”.
L’incontro con Tosca è avvenuto sulla scena durante la rappresentazione de “L’ Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht al Politeama di Palermo. Possiamo avere qualche particolare in più?
(ride)
“Io interpretavo il protagonista maschile, Mackie Messer, mentre Tosca era Jenny Diver, la protagonista femminile. Il nostro è un rapporto suggellato anche dalla collaborazione professionale. È difficile, nel nostro ambiente in particolar modo, convivere tra professionisti dello stesso settore ma con Tosca è diverso, perché la matrice iniziale è la musica in quanto lei nasce come cantante”.
La sua vita si svolge tra Teatro, Cinema e Televisione. Voce comune dice: “Il teatro è morto, le fiction a Roma non ci sono più e il Cinema italiano risente troppo della crisi”. Lei che ne pensa?
“Io sono un uomo di Teatro. Nelle fiction o al cinema mi sento un ospite. Ricordo che da ragazzino lessi un articolo di Eduardo che diceva: “Teatro anno zero”. Sicuramente le lobbie politiche creano tante, troppe difficoltà ma è un momento difficile, perché solo ciò che non produce la giusta quantità di denaro viene etichettato come perdente. È certo che non avrà mai la potenza del cinema ma l’arte non si può coniugare con i numeri. Sono un ottimista nato e sono convinto che non sarà sempre così”.
Prossimi impegni lavorativi?
“Adesso sto girando la nuova serie de “L’ Onore e il Rispetto” ed anche qui sarò un cattivo anzi sarò il più cattivo tra i cattivi (ride) e tra non molto riprenderò a teatro “Il borghese gentiluomo”. Inoltre sta per essere realizzato un progetto importante ma, per scaramanzia, non voglio parlarne”.
Scrivi un Commento