La danza l’ha conquistata fin da piccolissima, ma quello che l’affascinava era soprattutto l’idea di riuscire a narrare storie attraverso il movimento e tessere racconti “utilizzando” i corpi. La coreografa e insegnante di danza Melissa Zuccalà, classe ‘77, a raccontare queste storie c’è riuscita, con pazienza, perseveranza, coraggio e tanta, tanta determinazione. Nata a Catania e residente a Valguarnera, in provincia di Enna, Melissa ha fatto dell’essere un’isolana dell’entroterra un suo punto di forza, traendo linfa vitale dalla sua piccola comunità e rimanendo sempre aperta alle esperienze di formazione internazionali.
Melissa Zuccalà, come è approdata alla danza e alla coreografia?
Ho cominciato a studiare al centro professionale di danza classica con l’insegnante Maria Patti a Catania, con la quale collaboro ancora oggi. L’amore per la danza era talmente prepotente che ancora undicenne riuscii a convincere i miei genitori a lasciarmi vivere in collegio a Catania pur di studiare e allenarmi. Già allora venivo rapita dalla coregrafia, dal bisogno di creare racconti attraverso il ballo. Negli anni ho approfondito gli studi seguendo corsi sulla tecnica e l’interpretazione con docenti come Jaqueline De Min, James Urbain, Raffaele Paganini, Luigi Martelletta e ho cominciato a insegnare danza classica accademica e modern a 26 anni nella mia Sicily Ballet School, restando ancorata alla formazione canonica. Sentivo, però, che mi mancava qualcosa.
A cosa si riferisce? Ci spieghi meglio.
Mi sentivo ingabbiata negli schemi e nel canonicismo della danza classica e moderna. Avevo bisogno di andare oltre, di studiare e capire di più e soprattutto di esprimere tutta me stessa attraverso la danza. Per rafforzare la mia preparazione, ho cominciato a studiare coreografia prima in un centro regionale Enaip e poi laureandomi al DAMS. Il vero giro di boa però per me è stato, nel 2014, conoscere la danza contemporanea e il metodo del maestro Mauro Astolfi. Con lui ho intrapreso un rapporto di collaborazione stabile , ospitando lui e i ballerini della compagnia Spellbound per vari incontri di formazione nel mio centro e partecipando a tutti gli appuntamenti aperti al centro internazionale di danza Daf di Roma. Tutto questo mi ha portato a un notevole cambiamento nel modo di vedere e insegnare la danza e a decidere di frequentare al Daf il corso professionale per insegnanti di danza contemporanea Creative. Da quel momento, il mio impegno nel promuovere l’arte della danza come linguaggio gestuale e personale è diventato totale.
Cos’è per lei la danza?
È, in assoluto, la forma d’amore più totalizzante che conosca e senza cui non potrei vivere. La danza consuma, soddisfa, regala sorrisi e lacrime, gioie e dolori. Per me è davvero uno stile di vita. Per amore della danza sei disposta a qualsiasi sacrificio, ma la cosa bella è proprio che, in realtà, non lo vivi mai come un sacrificio. La danza è un amore che dura da ben 37 anni, con cui ho anche litigato parecchie volte ma che resta assolutamente insostituibile. La coreografia è l’espressione più profonda, la figlia di questo amore. Ogni opera, anche la più breve delle performance che creo, contiene in se tutte le caratteristiche di una figlia: può nascere per caso, o essere programmata, cercata, desiderata. In ogni caso avrà sempre tutta te stessa e, prenderà forma, crescerà, con tutto l’amore che possiedi e con tutta la cura che puoi darle.
Ci parli, allora, di un’altra sua creatura: Sbam, Sicily Ballet Around Moviment.
Ho voluto creare una mia compagnia con l’intento di costituire un gruppo di ricerca e lavoro con le allieve più mature della Sicily Ballet school. Dopo anni di studio e approfondimenti, la mia giovane compagnia – l’età media è di vent’anni – ha ora, come scopo principale, la creazione di opere inedite di danza contemporanea avendo, soprattutto, un interesse verso un linguaggio coreografico originale, frutto anche di una personale rielaborazione delle diverse forme espressive del movimento. Abbiamo già riscosso notevole successo, con le creazioni coreografiche e le performance In Utero, Anime Nuove e La Tela di Penelope e la prima versione di Amara Satira Omnia e ora siamo di fronte alla sfida più grande e importante, quella della messinscena, il 23 agosto a Taormina, di una versione ampliata e rinnovata.
Perché questa decisione di rinnovare un’opera che ha funzionato al suo debutto?
Il cuore e la costruzione dello spettacolo che ha debuttato ad Teatro Garibaldi di Enna rimane lo stesso: si tratta di un mio studio sull’ambiguità a confronto a partire dai personaggi Don Giovanni di Mozart e Baal di Brecht tra i quali ho rintracciato delle similitudini incredibili che ho poi presentato al grande regista di opera Davide Garattini Raimondi. Al Teatro Antico di Taormina, il nostro sarà il solo spettacolo di danza in programmazione e questo oltre a essere un grande orgoglio ci ha caricati di un’enorme responsabilità. Abbiamo quindi deciso di “vestire l’abito da sera” ripartendo dallo spettacolo già messo in scena ma impreziosendolo con importanti artisti ospiti e ampliando la drammaturgia. Non cambia, però, l’elemento centrale ovvero il riuscire a trasmettere alle donne la forza di credere nelle proprie possibilità di tener testa a certi personaggi e di ribellarsi alla violenza”.
Mara Guerra
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